8 gennaio 1980.
Tre poliziotti sono in perlustrazione a Milano.
Antonio, Rocco e Michele sono a bordo di un auto civetta,
una Fiat Ritmo.
Girano in borghese, il loro compito è quello di tutti i
giorni, controllare e prevenire.
Lavorano al commissariato di Porta Ticinese.
Alle 8 sono già in strada, pochi minuti per giungere in Via
Schievano, per poi immettersi in Viale Cassala, zona calda di Milano.
Non ci arriveranno mai.
Tutto succede in due minuti.
Una Fiat 128 bianca, apparsa all'improvviso, sperona l'auto
dei poliziotti, tagliandole la strada.
Dai lati dell'arteria escono altri
uomini, rimasti nascosti fino ad allora.
Il fuoco di piombo verso i poliziotti, rimasti bloccati
nell'auto, è terribile, incessante.
Gli agenti non hanno possibilità di reazione e muoiono sul
colpo riversi sui sedili.
Antonio Cestari, 50 anni, appuntato.
Rocco Santoro, 32 anni, vicebrigadiere.
Michele Tatulli, 25 anni, agente.
Tre morti!
Lapide strage Via Schievano |
Gli assassini, dopo il massacro, scappano.
L’attentato è rivendicato dalle Brigate Rosse – Colonna
Waler Alasia -, motivandolo come "benvenuto" al Generale Dalla Chiesa appena giunto
a Milano.
Al processo, secondo l’accusa, alla guida dell’auto c’è
Nicolò De Maria mentre Barbara Balzarani, Mario Moretti e Nicola Gianicola
sparano con i mitra sui poliziotti.
L'Italia intera piange quei tre morti, onorati dallo Stato
con la medaglia d'oro.
Tina Fiorito, 22 anni, ha un motivo diretto per piangere
quella strage.
E' la fidanzata di Michele Tatulli.
Da "Il Corriere della Sera" |
Tina è nata a Torre Annunziata, ma da alcuni anni si è trasferita a Milano.
Arriva a Parabiago tutte le mattine, con il pulmino,
per portare a casa trecentomila lire al mese.
Sono alcuni mesi che ha trovato questa occupazione.
Costruiscono e assemblano flipper, in previsione di una grossa
commessa per il mercato nazionale.
La commessa sfuma, tutti i flipper rimangono invenduti.
I titolari non trovano altra soluzione che mandare a casa quasi tutto il personale.
Senza libri, senza contributi, senza paga, senza nulla.
Anche Tina è invitata a lasciare il lavoro.
Per lei è pronta un'altra spiegazione, da non credere.
E' arrivata in ritardo in fabbrica perché aveva partecipato
al funerale di Michele e con questo pretesto viene liquidata.
La storia di Tina, riportata dai media, risalta agli occhi
dell'opinione pubblica.
Seguono interrogazioni parlamentari da tutti gli
schieramenti politici, dal PCI al MSI, oltre al PSI.
La vicenda, incredibile, riesce ad unire anche nell'aula
parlamentare, le diverse anime del nostro paese.
I proprietari della fabbrica "FERNA" di Parabiago,
si pentono, e non poco, per la piega che prendono gli eventi.
Non si contano i controlli e gli accertamenti sulla proprietà.
Viene a galla l'altra Italia, quella dei furbetti del lavoro
nero, dei tanti "Signor Brambilla" che con le loro fabbrichette
usano il personale a loro comodo e piacimento.
Grazie a Tina e al suo dolore, iniziarono a saltare fuori gli scheletri dall'armadio del terziario italiano.
Anche questa era l'Italia degli anni ottanta.
COME E POSSIBILE CHE UNA DELLE TANTE TRAGEDIE, ITALIANE,VENCONO, NASCOSTE, SOTTO, LA SABBIA,
RispondiEliminaMA IL MARE NON DIMENDICA,
E TELE,RESTUTUISCIE,
CON GRAN DOLORE,
QUESTA, STORIA, NON PUÒ, ESSERE, DIMENDICATA
RispondiEliminaQUESTA, STORIA, NON PUÒ, ESSERE, DIMENDICATA
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