sabato 30 maggio 2020

GIUSEPPE MARINI- Il Capitano torrese delle Crociate Atlantiche!










Giuseppe Gaetano Antonio Marini nacque a Torre Annunziata in via 22 febbraio il 31 maggio 1897 da Domenico e Antonetta Rossi.[1]

Suo padre Domenico, assunto all’ILVA verso il 1875, era un operaio meccanico. Nel corso degli anni divenne ingegnere responsabile del laminatoio e dei forni di produzione e, per garantirne la presenza costante giorno e notte, gli venne concesso un appartamento dove poter vivere con la famiglia all’interno del parco dello stabilimento.[2]

Giuseppe Marini frequentò l’Accademia Navale di Livorno dove conseguì il diploma di Capitano di lungo corso, acquisendo il titolo di Ufficiale di Completamento nella Regia Marina.

Appassionato del volo, durante la 1° Guerra Mondiale fu osservatore di aeroplano, partecipando attivamente a numerose imprese in Albania, guadagnandosi la medaglia d’argento al valor militare:

«Osservatore di idrovolanti, ha eseguito numerose ricognizioni e bombardamenti su munite basi nemiche e su opere lontane dalla costa, rimanendo esposto ad intenso fuoco antiaereo. Ha dimostrato sempre risolutezza, ardimento e sprezzo del pericolo. (Basso Adriatico giugno-ottobre 1917) D.L. 13 giugno 1918»  

Nel 1918 ottenne il brevetto di pilota.

Alla fine della Guerra rientrò nella Marina Mercantile, traversando piu’ volte l’Atlantico e il Pacifico, durante il quale salì alla ribalta per il salvataggio degli uomini di un piroscafo naufragato in pieno Atlantico.

Nel 1924 ritornò in Aeronautica al comando di una Squadriglia di idrovolanti e partecipò a numerose imprese di pace e a tutte le esercitazioni aeronavali fino al 1930.

Intanto, tra gli anni trascorsi nell’ambito militare, non trascurò la sua vita sentimentale, sposando il 26 novembre 1925 la giovane Ida Scognamiglio a Torre Annunziata.[3]

Partecipò, nel 1928, alla crociera del mediterraneo occidentale organizzata da Francesco De Pinedo, dove 62 idrovolanti, nel primo volo di massa, volarono da Orbetello-Cartagena- Marsiglia e ritorno per un totale di 2400 km.


L’anno successivo vinse la Coppa De Pinedo e, a seguire, effettuò la crociera del mediterraneo orientale sotto gli ordini di Italo Balbo, sorvolata per la prima volte da 35 idrovolanti Savoia-Marchetti S.55 con rotta Orbetello-Atene-Istambul-Odessa, per un totale di 4667 km.

Nel naturale evolversi del successo delle due imprese, il regime volle organizzare un evento di massa ancora piu’ eclatante: la prima crociera aerea transatlantica Italia Brasile, da Orbetello a Rio de Janeiro programmata tra il dicembre del 1930 e il gennaio del 1931.

Giuseppe Marini era al comando della squadriglia rossa, denominata “I-MARI”, identificato con la sigla delle prime quattro lettere del cognome del Capitano, uno dei quattordici idrovolanti Savoia-Marchetti S.55A che partirono da Orbetello, alle ore 6,45 del 17 dicembre 1930; undici di essi giunsero a Rio de Janeiro il 15 gennaio 1931.

L’equipaggio era composto dal Capitano Marini, dal Capitano Alessandro Miglia, dal Sergente Davide Giulini, dal Maresciallo Salvatore Beraldi.

Dopo il successo e gli onori per questa missione, conseguì il grado di Colonnello e venne nominato Comandante dell’Aviazione del Dipartimento Militare Marittimo di “Jonio e Basso Adriatico” dell’Arsenale militare marittimo di Taranto.

Il 22 febbraio 1941 gli venne conferita una Medaglia d'argento al valor militare e venne promosso Generale di Brigata Aerea e Capo di Stato Maggiore del 4° ZAT.  

Nel 1942 viene conferito della Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia su proposta del Duce.[4]

Il 10 agosto 1956, su proposta del Ministro della Difesa, da Ammiraglio di Divisione viene promosso Comandante in capo della Squadra Navale.[5]  

Il 1° febbraio 1958 assunse l’incarico di Comandante del Dipartimento militare marittimo del Basso Adriatico e dello Jonio.

Nel corso della sua carriera ha ricevuto importati e onorevoli riconoscimenti tra cui la Croce di Guerra, la Medaglia d'oro di lunga navigazione aerea, Commendatore dell’Ordine al   Merito della Repubblica, l’Ordine al Merito della Repubblica Austriaca, l’Ordine al Merito di Germania, l’Ordine al Merito di Spagna, l’Ordine al Merito di Irlanda.

Giuseppe Marini morì a Brescia il 2 ottobre 1974.[6]

Le sue spoglie vennero custodite nel cimitero monumentale degli Aviatori Atlantici di Orbetello, luogo adibito al riposo di Italo Balbo e degli eroici aviatori italiani protagonisti delle trasvolate italiche degli Anni Trenta.






Si narra di una fantastica impresa, negli anni Quaranta, in cui il Capitano Marini avrebbe salvato a vita un gruppo di ebrei liberandoli da un campo di concentramento.
Di questa probabile avventura non siamo riusciti a ritrovare informazioni che potessero ricordarne l'azione epica ma solo la narrazione di un nostro amico.
Continueremo a cercare, certi che prima o poi riusciremo a dare nuovo lustro alla già leggendaria carriera del Capitano Giuseppe Marini, uno dei Figli piu' eroici di Torre Annunziata.    

[1] Registro Atti di nascita 1897, Torre Annunziata.
[2] Domenico Marini.
[3] Registri Atti di nascita 1897, Torre Annunziata.
[4] La Stampa, 12 aprile 1942.
[5] La Nuova Stampa, 13 luglio 1956
[6] Domenico Marini.

domenica 10 maggio 2020

MANTRE- La boutique nel salotto della città.




Agli inizi degli anni Settanta, la bella via dei Mille continuava a subire, inconsapevolmente, la scellerata politica urbanistica, iniziata una decina di anni prima, accumulando tonnellate di cemento che trasformarono quella splendida e ampia strada in un tratto di palazzoni accatastati uno a fianco all'altro.
I negozi, che facevano da collante con tutto l'agglomerato, erano stati inaugurati proprio per dare possibilità di fornire merce di qualità al cedio medio alto che aveva scelto quella strada per le proprie esigenze.
Proprio per queste motivazioni Gaetano Mansino e Vera Tretola investirono nell'attività che avevano sognato: una boutique in centro, in Via dei Mille numero 61, nella loro città.
Era il 1975.
Il nome del locale fu presto ideato.
"MANTRE", dalle prime tre lettere dei loro cognomi.
Due adesivi, molto particolari e innovativi, erano il biglietto di presentazione del negozio. 
Una clientela selezionata ebbe modo di servirsi di abiti e accessori alla moda.
Grandi marche arrivarono nelle case delle donne torresi grazie a MANTRE.
Krista, Top pelle, Santandrea, Fiorucci, F.lli Tallia, Landi, Mariella Buriani, Marella, Star Point, Giò Anna, e poi gli accessori di Missoni, Orciani, Coveri...
Insomma, quanto bastava per far felice le donne!
Tra qualche anno Gaetano e Vera festeggieranno il mezzo secolo di attività.
Nel frattempo un importante cambiamento è stato apportato con il cambio del nome della boutique, non piu' MANTRE, ma trasformato in VOGUE.
Ma la voglia di andare avanti e festeggiare l'avvenimento è rimasta la stessa, nonostante i momenti difficili che stiamo attraversando.
E allora, in bocca al lupo! 






domenica 3 maggio 2020

MICHELE PINTO- Il Commendatore del popolo!


                                   
Il Comm. Michele Pinto e signora.


                                  Medaglie e patacche.


È facile vedere se una medaglia è d’oro oppur di princisbecco, ma se quella medaglia è definita “d’oro” nel senso che attesta un merito la cosa un po’ si complica. Forse ogni medaglia nasce patacca e diventa veramente d’oro, come nelle “favole alchemiche”, solo se viene appuntata sul petto giusto, un petto che nutra sentimenti di onestà, di generosità e di onore. E penso alle tante patacche di cui si fregiano tanti “onorevoli”, degni rappresentanti di una politica sempre più puttana.

Per fortuna non è sempre così: nei giorni scorsi il nostro Presidente Mattarella ha conferito venticinque attestati d’onore di “ALFIERI DELLA REPUBBLICA” a giovani di età compresa fra i nove ed i diciannove anni.

Le varie motivazioni vanno dal volontariato alle opere di ingegno, dalla passione per il territorio a luminosi gesti d’amore per il prossimo.

La più piccola, una bambina bolognese di nove anni, ha sacrificato i suoi lunghi capelli per la confezione di parrucche destinate ai ragazzi resi calvi dalle chemioterapie. Che Dio ti benedica piccola, e ti conservi buona come adesso. E che venga sempre reso onore al merito. Questi esempi sono importanti perché contribuiscono ad alimentare la cultura del bene e contrastare l’egoismo e l’indolenza. Anche se l’animo nobile di queste belle persone spesso li spinge ad una modestia eccessiva, una sorta di pudore, che li porta quasi a nascondere questi riconoscimenti.

Come nel caso di Michele Pinto, nostro concittadino, al quale nel 2018  

è stata conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”, per la sua attività imprenditoriale a capo di una azienda che da decenni ha portato, e continua a portare, preziosi posti di lavoro in un territorio difficile come il nostro. A maggior merito del neo Commendatore, va pure detto che la sua azienda è nata con lui, non l’ha ereditata da nessuno. L’unica dote, non da poco, che il padre gli ha lasciato è stata la naturale propensione per il lavoro. Vincenzo Pinto, infatti, nella sua vita di lavori ne ha fatti tanti e non certo leggeri: ha zappato e coltivato la terra quando per concime si usava e si commerciava anche sterco umano, ha macinato chilometri tirando carretti per vendere frutta e ortaggi, ha scavato fondazioni con pala e piccone durante gli anni della ricostruzione, è emigrato in Germania dove era già stato ospite di un campo di concentramento e, buon ultimo, è stato spazzino alle dipendenze del Comune  di Torre Annunziata.

Ha svolto il suo servizio per anni a piazza Ernesto Cesàro, quella che i torresi chiamano Santa Teresa. In questa piazza, poi, all’angolo con via Cipresso, Vincenzo Pinto aprì un negozio di fruttivendolo, diventando una presenza fissa della cartolina della piazza assieme ai cocchieri delle carrozzelle, ai monaci francescani, al monumento ai Caduti e al Bar Stella. Il negozio di frutta e verdura è ancora oggi gestito dal figlio Peppino, uno dei suoi numerosi figli. E quando dico numerosi non esagero, perché Vincenzo Pinto di figli ne ha avuti la bellezza di quattordici, di cui Michele, il Commendatore, è il primogenito. Questa, per Michele, è stata la sua fortuna perché, oltre ad essere il figlio più grande, é stato per anni l’unico maschio, essendo nate dopo di lui ben tre sorelle. Per questi motivi, e conservando la sua famiglia uno stampo piuttosto antico, per una sorta di diritto di “maggiorascato”, gli è toccato in sorte il ruolo di “guaglione ‘e papà”. Grande onore, ma anche sacrifici. Sacrifici che magari a Michele Pinto non sono mai apparsi tali come, ad esempio, le levatacce per andare ai mercati generali per rifornirsi di frutta e aiutare il padre a tirare il carretto, o spingendolo sulle salite (vutta’ arete). Ma il padre lo ha abituato a credere che tutto questo è naturale e il Commendatore, ancora oggi, si alza senza sforzo alle quattro del mattino.  Giusto per imitare il padre, potere dell’emulazione, anche lui di mestieri ne ha fatti tanti. Ha scavato metri e metri di solchi nelle pareti che dovevano ospitare fili elettrici sottotraccia, ha consegnato bombole di gas in sella ad una bicicletta, ha imparato a riparare piccoli elettrodomestici, è stato aiuto proiezionista al cinema Politeama. Insomma cento mestieri, come Razzullo nella Cantata dei Pastori. Ah e poi, dimenticavo, proprio come Razzullo, d’estate si è improvvisato anche barcaiolo. Tanta voglia di lavorare ha trovato terreno fertile nel periodo giusto: i Favolosi Anni Sessanta. C’erano sempre più televisori ed antenne da installare, cucine con forni elettrici, impianti vecchi da adeguare alle nuove esigenze. E il Commenda ha saputo tenere il passo coi tempi. Intanto ha seguito un corso di radiotecnico per corrispondenza con l’allora mitica Scuola Radio Elettra, che gli è tornato utile per lavorare proficuamente nel settore delle riparazioni di un numero sempre crescente di televisori, giradischi, registratori, radioline a transistor e via crescendo. Ormai giovanottello, fece un notevole salto di qualità: fu assunto come commesso da Vincenzo Tufano, conosciuto anche come “Vicienz sapone”, nel negozio di fresca apertura, per vendere ricambi per radiotecnici, cui poco dopo vennero ad aggiungersi anche i dischi. Per la gente era diventato “‘o giovene ‘e Tufano” e anche lui faceva parte dei personaggi della cartolina di piazza Santa Teresa, vivendo la sua giovane età in quel negozio ubicato sul marciapiedi opposto a quello del padre. Fu in quel periodo che ebbe la fortuna di conoscere la ragazza che è poi diventata sua moglie e alla quale, a mio modesto avviso, il Commendatore deve molto di quello che è riuscito a realizzare. Eh sì, la vita è l’Arte dell’incontro. Particolare curioso, la ragazza abitava proprio sopra al negozio: come dire “casa e puteca”.

La collaborazione con Tufano fu duratura e solida, tanto da consentirgli anche di metter su famiglia. E forse sarebbe stata quella la sistemazione definitiva, se non fosse stato per la solita “Buona Stella” che gli procurò altri incontri fortunati. Da quegli incontri è nata l’attività imprenditoriale, quella definitiva che dura ormai da quasi cinquant’anni. Gli inizi furono microscopici disponendo, lui e altri due amici soci, di risorse scarsissime. Poi uno o due collaboratori, arruolati nella propria famiglia. Le prime consegne, l’emozione dei primi guadagni, seguite presto da qualche insuccesso. Qualche incremento, primi sviluppi con nuove assunzioni, vento in poppa, ed ecco le prime onde di traverso rappresentate da disaccordi coi soci. Divisioni, navigazioni in solitario, nuovi soci e la travagliata costruzione della nuova fabbrica.  Tutto vivendo sempre ed esclusivamente per l’azienda e nell’azienda, dando lavoro a decine di persone, anche più di sessanta in fabbrica più gli artigiani esterni, affezionandosi a loro e soffrendo quando gli eventi costringevano a riduzioni di personale. Ha spesso lavorato materialmente al fianco dei suoi operai, condividendo sovente con loro occasioni di convivialità e di festa; ma anche momenti di crisi come, ad esempio, il terremoto del 1980. Nel post terremoto, per l’appunto, e più precisamente nel triennio 1981-1984, ci fu anche la parentesi sociopolitica che lo vide segretario della sezione torrese del Partito Repubblicano. Fu in questo periodo che conobbe il compianto Giancarlo Siani, di cui conserva un bel ricordo, ed un folto gruppo di amici imprenditori, fra i quali Franco Spera e Stefano Acciaio, con i quali fondò Assoimprese. Questa associazione riuscì ad aggregare una ventina di aziende che avevano il comune progetto di utilizzare le aree dismesse del territorio. Purtroppo il progetto non fu condiviso dalla politica di allora, ancora una volta incapace e dedita al malaffare. Deluso e amareggiato, decise di abbandonare la politica e, novello Cincinnato, se ne tornò a coltivare il suo campicello.

Da allora, fra scommesse vinte ed altre perse, fra scelte indovinate e inevitabili sciocchezze, attraversando crisi insidiose, la creatura di Michele Pinto è ancora orgogliosamente in piedi e si avvia verso il mezzo secolo di vita. Certo oggi non è più solo al timone della nave. Già da tempo tre dei suoi quattro figli lo affiancano nella conduzione dell’attività.

Questa, riassunta in poco più di un migliaio di parole, la vita lavorativa di Michele Pinto, al quale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito l’Onorificenza di Commendatore dell’Ordine “AL MERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA”.

Giungano al neo Commendatore le nostre congratulazioni e la nostra gratitudine per la sua testimonianza di laboriosità del popolo torrese e, ancora, per aver contribuito a creare preziosi posti di lavoro in un territorio difficile come è il nostro.

*Grazie di cuore a Pasquale Cirillo*



venerdì 1 maggio 2020

*ESCLUSIVA* Salvatore "Totò" Bertuccelli: il "bomber" del Savoia racconta...





Salvatore “Totò” Bertuccelli nasce a Messina il 25 settembre 1966.

Cresciuto nell’Igea Virtus, passa al Ragusa nell’89 e dopo un’ottima stagione arriva al Savoia dove esplode dopo un inizio non facile.

Con 14 gol in campionato diventa l’idolo della tifoseria torrese, con il Savoia che chiude tra alti e bassi a centro classifica.

A fine stagione, il presidente Farinelli realizza l’affare dell’anno con la vendita all’Avellino, che disputa la serie B, i due idoli di casa, Antonio Marasco e Totò Bertuccelli.

Lasciamo la parola a “Tòto” che ci racconta i suoi ricordi di quell’annata.



Partiamo dall’inizio, l’arrivo al Savoia di Torre Annunziata-


“Stiamo parlando del campionato 1990-91 appena dopo i mondiali di calcio in Italia.

Quello è stato il mio primo anno tra i professionisti, io venivo dal Ragusa dove avevo fatto benissimo (18 reti) e dove avevo avuto come allenatore Pietro Lo Monaco che, come penso tu sai, è di Torre Annunziata.

Per farla breve, Lo Monaco, andando a torre a trovare i genitori, si trovò a parlare col grande presidente di cui ho un ricordo bellissimo Luigi Farinelli e con il mister Mario Schettino che, nell’allestire il Savoia, erano alla ricerca di una seconda punta rapida. Dopo poco mi ritrovai a Torre Annunziata.” 


L’impatto con Torre Annunziata-


“Era la prima volta per me che mi allontanavo dalle Sicilia per cui l’impatto non fu dei migliori. Ma fui accolto benissimo da tutti, sia dai dirigenti, dai tifosi e soprattutto dai compagni di squadra. Fu anche colpa mia avendo per natura un carattere un po’ schivo e riservato, soprattutto quando non conosco bene le persone, poi cambio totalmente, mi apro e chi mi conosce bene sa che persona sono… direi il classico siciliano.”


Un inizio da dimenticare-


“Come ti ho detto non sono riuscito inizialmente ad inserirmi benissimo nell’ambiente.

Pensa che, tra l'altro, non riuscivo a capire il vostro dialetto e considerando che i miei compagni erano tutti campani puoi immaginare!

Non riuscivo ad esprimermi al massimo neanche in campo, quindi inizialmente non giocavo e per me che ero venuto con tanta speranza e tanta voglia di fare bene è stata veramente dura.

Aggiungi a tutto questo che mi mancava la mia terra, non riuscivo ad andare a casa tutte le settimane come facevo quando giocavo in Sicilia, quindi tanta nostalgia di casa.

Ad un certo punto, dopo 5 o 6 partite, insieme al Ds. Battiloro, avevo quasi concordato di tornare in Sicilia dove c’erano diverse squadre che già mi volevano.

In tutto questo però devo dire che sia i compagni che i tifosi, avendo capito il mio stato d'animo, cercavano di starmi vicino e di aiutarmi.

A questo proposito voglio dire che i tifosi savoiardi sono unici!

Voglio ringraziarli tutti uno per uno, mai vista una tifoseria così un tutt'uno con la squadra sia nei momenti belli che in quelli difficili!” 


La svolta-


“Insomma, per concludere, dopo la chiacchierata col direttore sportivo di un mio possibile trasferimento, proprio in quella settimana arrivava da noi l’Enna neopromossa siciliana. Come al solito dovevo stare in panchina, se non che, la sera del sabato, Tonino Dell’Annunziata (grande amico che saluto con affetto) è febbricitante. Mister schettino aspettò fino all’ ultimo momento alle fine decise di mandarmi in campo. Ricordo che prima di andare in campo mi chiusi in bagno per non farmi vedere, a parlare con me stesso (onde evitare che qualcuno mi prendesse per pazzo) e mi dissi...

"Questa e l’occasione giusta per dimostrare cosa vali, ora o mia più! "

La partita fini 5 a 0 ed io feci una tripletta giocando una grande partita.

Da allora non mi fermai più...14 reti in campionato!” 


Ricordi-


“Di quella stagione restano in tutti noi ricordi indelebili, primo fra tutti l’incredibile vittoria per tre a due, del 20 gennaio 1991 a Castel di Sangro, quando a 7 minuti dal termine perdevamo per due a zero: prima Marasco, poi Comiato pareggia, e alla fine  una mia giocata all’89esimo fa impazzire i pochi tifosi rimasti ancora allo stadio dopo che il grosso della tifoseria torrese , certa della sconfitta, ha già mestamente intrapreso il lungo viaggio di ritorno.

Inutile dirvi dello stupore e dell’incredulità quando questi ultimi apprendono del risultato finale e la festa che ci aspettava a Torre Annunziata!

E il 26 maggio, quando il Savoia incontra in casa l’Astrea e la battiamo per due a uno. Dopo il primo gol di Antonio Marasco, io segno la seconda rete della vittoria finale.

Al 70esimo lascio il campo e saluto Torre Annunziata.

L’anno successivo sono in serie B con l'Avellino assieme ad Antonio Marasco...”


Il saluto ai tifosi savoiardi-


“Torre annunziata rimarrà sempre nel mio cuore.

L’inizio della mia carriera da professionista.

Devo tutto a quella squadra, a quella società, a quei tifosi che se potessi oggi li abbraccerei uno ad uno.

Grazie di tutto.”


Dopo Avellino, Salvatore Bertuccelli ha giocato in altre piazze importanti contribuendo ogni anno con le sue reti e le sue giocate, frutto di tecnica, velocità e rapidità fuori dal comune.

Dopo l’ultima annata a Catanzaro nel 2003 è ritornato a Taranto, dopo un anno di viceallenatore ha chiuso definitivamente con il calcio.

Da anni si è stabilito a Taranto, senza nessuna nostalgia del passato calcistico e di idolo delle tifoserie, ma con gli occhi e il cuore colmi d'amore per aiutare a disegnare il futuro alle sue bellissime donne.

Grazie di tutto “Totò”!

Grazie al calciatore Salvatore “Totò” Bertuccelli, per la bellezza delle sue giocate, per l'emozioni che regalavano le sue azioni, per la passione e il cuore con cui ha saputo dimostrare il suo valore alle tifoserie che hanno gioito dei suoi incredibili guizzi e bellissime reti, tra le quali quella di Torre Annunziata, seppur solo per un anno!    

E grazie, da parte mia, all’amico “Totò” che con grande disponibilità e partecipazione ha reso piacevole la realizzazione di questo articolo.

Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...