mercoledì 29 aprile 2020

Giuseppe Imperatore: quando il cibo si racconta...





Abbiamo incontrato il food blogger Giuseppe Imperatore, di Torre Annunziata, sempre attivo nel mondo della comunicazione, che da diverso tempo ha dato vita su tutti i canali social, e non solo, nel raccontare le sue esperienze nel difficile mondo del “food”, riscuotendo un grandissimo successo in tutta Italia.

Ciao Peppe, raccontaci di te e della tua professione-



Sono Giuseppe Imperatore, nato nel 1971 a Torre Annunziata, dove risiedo attualmente.

 Abbinando due grandi passioni, il mondo del food e la tecnologia, mi sono divertito a creare un profilo Instagram che ad oggi conta oltre 53 mila follower.

Agli addetti ai lavori sono conosciuto come Peppefoodie, narratore delle eccellenze gastronomiche italiane sempre alla ricerca della qualità da raccontare nelle mie avventure culinarie nei più ricercati locali d’Italia e dei prodotti più “preziosi”, perché da sempre ho voluto coniugare la mia passione per il cibo con un’attività di comunicatore che mi ha regalato grandi soddisfazioni.


Questa tua attività ti porterà spesso in giro per il mondo-

Si, viaggio molto, non perdo quasi nessuno degli appuntamenti fieristici ed espositivi, italiani e europei, del settore gastronomico.


Hai ottenuto tanti riconoscimenti finora, quali i piu’ importanti? -

 Nel 2018 sono stato segnalato da Buzzoole come uno dei Top 5 Food Creator di Instagram, nel 2019 sono stato prima Official Food Blogger di Casa Sanremo e dopo Official Food Reporter del Tuttofood di Milano. Sempre nel 2019 sono stato prescelto come giudice del Campionato Mondiale della Pizza a Napoli e giudice del Campionato Italiano Pizza DOC. Nel 2020 ho fatto parte della giuria della finale nazionale della Burger Battle svoltasi a Rimini.


Un evento importante e un risultato significativo lo hai ottenuto anche a Torre Annunziata, raccontaci del clamoroso exploit dell’ottobre scorso in occasione degli eventi collegati alla celebrazione della Festa della Madonna della Neve.

 Con grande orgoglio sono stato promotore nell’ottobre 2019, dell’evento Guinness World Record svoltasi nella mia Torre Annunziata, dove abbiamo coinvolto più di 40 pizzaioli provenienti da tutta Italia stabilendo il nuovo record di pizze sfornate in 24 ore, pensa, ben 10.823.

Un record incredibile e una soddisfazione doppia per il funzionamento ottimale di tutta l’organizzazione proprio nella mia città natale. 


Spiegaci come funziona la tua attività- 


 La professione “Studiare il web e vivere online” mi ha proiettato in un mondo professionale molto affascinante e competitivo. Il mio Digital Marketing è un insieme aperto di storytelling, partecipazione, marketing, divertimento, etica. Il mio lavoro specifico consiste nell’analizzare un’impresa, nel suo settore, nella sua storia, e sviluppare insieme un piano di comunicazione digitale che preveda i fondamentali, dal sito web più evoluto, fino ai new media di maggior tendenza, per passare attraverso i social network. Tanti media, ma l’obiettivo non cambia: presentare l’azienda al suo pubblico, favorire l’interazione e aiutarla nel raggiungere i suoi obiettivi di bilancio in modo trasparente, convincente ed eticamente corretto. Questa è la comunicazione sul web e la mia missione è aiutare le imprese a comunicare meglio.


Ultima domanda non può che essere sul tuo rapporto con Torre Annunziata-

Avendo entrambi i genitori che lavoravano sono cresciuto un pò da nomade a casa di zii e nonni, quindi una volta stavo dai nonni giù alla Cuparella dove mia nonna “a sparamascl” aveva una bottega e vendeva caramelle, cioccolato, patatine, gelati, poi i nonni a via Dante. Altre volte a casa dello zio “Il Cavaliere” Ferraiuolo rinomato macellaio di Torre Annunziata ed altre volte da zio Armando, colui che mi ha trasmesso la passione per la squadra del cuore: il Savoia, insieme a lui abbiamo girato tutti i campi e gli stadi d’Italia. Due sono le partite che mi resteranno sempre impresse, quella di Sarno, in uno scontro diretto per la salvezza ed il Savoia pareggiò 0-0 assicurandosi la salvezza e la vittoria di Rosarno in Calabria grazie alla quale, dopo tanti anni, il Savoia ebbe la quasi certezza di tornare in serie C2.

Tanti i ricordi di gioventù, dalle interminabili partite di ping pong e biliardino all”A.P. Savoia su Corso Umberto I, il panino con la ricotta del mitico Alfredo, il gelato di Maradona, i bagni al Lido Azzurro, le pescate con gli amici sul porto, le partite di calcio a Piazza Ernesto Cesaro, il mercato del pesce giù “all’Annunziata”, la festa del 22 ottobre che aspettavamo tutti per mangiare lo zucchero filato delle “bancarelle” e per l’arrivo delle giostre.

Ovunque vada, nel mondo, nel mio cuore porto sempre con me un pezzo di Torre Annunziata.


Ringraziando Peppe Imperatore per la simpatia e disponibilità, gli auguriamo un futuro sempre piu’ ricco di successi e soddisfazioni.
In bocca al lupo!    



lunedì 27 aprile 2020

Francesco Maria Cucolo: il Sindaco del cambiamento.


Non sarò certo io a ricordare la figura di Francesco Maria Cuculo, sindaco dal 1995 al 2005 a Torre Annunziata.

Personaggi autorevoli e di prestigio hanno ricordato con molta onestà la persona di elevata cultura, professionista di alto livello morale e civile.

Due ricordi, però, mi fecero a suo tempo avvicinare, seppur da lontano, al personaggio, sindaco di una città allo sbando in cerca di riscatto.

Si era nel 1995, e dopo 30 mesi di commissariamento del comune sciolto dal Ministro degli Interni, a Torre Annunziata vennero indette le nuove elezioni. I torresi, dopo tanto tempo di commissariamento, ebbero l'occasione di ritornare al voto e scegliere il nuovo sindaco.

I due schieramenti issarono sulle rispettive bandiere due simboli importanti: da una parte il centro-sinistra con l'avvocato Francesco Maria Cucolo, dall'altra parte il centro-destra con Vincenzo Sica, commercialista e leader dei forzisti torresi.

Fu una campagna elettorale durissima e la vittoria di Cuculo non fu affatto scontata.

Vissi da lontano, in quei primi anni di esilio, tutta la campagna elettorale.

Alla fine della conta dei voti, si era novembre, Cuculo ottenne 11987 voti raggiungendo il 45%, mentre Sica raggiunse 4820, circa il 18%.

Apparve evidente, al termine di questi risultati, la delusione sul volto e nelle dichiarazioni di Cuculo, in quanto si aspettava una vittoria al primo turno.

I due contendenti andarono al ballottaggio del 3 dicembre e, dopo quest'altra votazione, la vittoria di Cucolo, per quanto non nettissima, venne confermata: 61% contro il 39 % del rivale Sica.

A Cucolo andarono 11804 voti, 100 in meno rispetto alla votazione di novembre, mentre Sica riuscì ad aggregare attorno al suo nome 7465 voti, quasi 2800 in più rispetto alla votazione del mese prima.

Da prassi, istituzionale, la prima dichiarazione alla stampa di Francesco Maria Cucolo, nuovo sindaco di Torre Annunziata:

” È stata un'esperienza fantastica. Ma non possiamo permetterci di dormire sugli allori. Essere stato scelto da 11000 persone mi onora, ma io sarò il sindaco di tutti i cittadini, anche dei 7000 che non mi hanno appoggiato e dei 20.000 che non sono venuti a votare. Il lavoro duro comincia adesso. Rimbocchiamoci le maniche per non deludere questa gente che ha avuto fiducia in me.”

Iniziò così l'era Cucolo sindaco.

L'altra vicenda in cui ebbi modo di interessarmi al sindaco riguarda la partita di calcio tra il Savoia e il Napoli, la partita negata.

Un pasticcio che va avanti dal novembre del 1999 e di cui ancora oggi non si conosce la verità assoluta su come si svolsero i fatti.

Certo è che quella partita, valevole per il campionato di Serie B, non fu fatta disputare a Torre Annunziata per ordine del prefetto Romano di Napoli a seguito di una storia di biglietti destinati a Napoli e venduti in parte alla tifoseria di Torre Annunziata.

Al momento dell'ordine della prefettura e della Lega Calcio di giocare ad Avellino scoppiarono un mare di polemiche.

Le due società si accusarono a vicenda di brogli e la questione raggiunse le aule del tribunale.

In questo clima infuocato, sabato 13 novembre 1999, giocò la sua carta anche il sindaco Cucolo che annunciò le dimissioni da sindaco di Torre Annunziata, nella speranza che il prefetto cambiasse idea sullo svolgimento della sede della partita.

Clamorosa e appassionata la sua presa di posizione:
” Torre Annunziata da tempo sta sperimentando un percorso di recupero sociale come la sana fruizione degli spettacoli sportivi contro gli episodi di violenza e questo sforzo stava dando i primi frutti sperati che ora mi auguro non si interrompa per le mie vicende personali. Il sottoscritto si è sempre impegnato in prima linea in questa direzione, nonostante non si faccia nulla per i tanti giorni di questa città, come pure in termini di sviluppo: imprenditori restii, infrastrutture negate e Dio solo sa che ci occorrono come il pane. Torre Annunziata però sta risalendo la china, ed è necessario che continua a marciare su questa strada. Ma alla luce di questa decisione di negare uno spettacolo sportivo così atteso dalla città, chi lo va a dire ai tifosi e con quale giustificazione! Trovo tutto questo assurdo, ed io resto dalla loro parte!”

Un intervento giusto e deciso, dettato piu' dal cuore che dalla ragione, che invase le prime pagine dei giornali l'epoca.

Un Cuculo deluso ma deciso nella difesa dei diritti di un popolo e dei suoi principi.

Non ci fu nulla da fare, la partita si svolse ugualmente ad Avellino il Savoia perse anche sul campo da gioco, iniziando una parabola discendente che lo avrebbe portato in breve di nuovo in Serie C.

Passarono i giorni e le polemiche non si placarono mentre le dimissioni di Cuculo furono lasciate cadere nell'oblio.

Forse, si capii che la colpa maggiore della brutta vicenda era da attribuirsi a un comportamento poco chiaro del presidente del Savoia Mario Moxedano.

Cuculo riprese il suo ruolo di garante della città alle prese con un epocale cambiamento, come poi avvenne, di mentalità, coraggio e dignità rispetto al tremendo passato.

Alla vigilia del secondo mandato la sua dichiarazione d’intenti fu chiara e netta:

«Ciò che più mi inorgoglisce è che, nonostante le enormi difficoltà, la mia coalizione è rimasta compatta, unica nel panorama assai tormentato della provincia». Il primo scoglio era rappresentato dalla perdita di identità, il secondo dalla sfiducia, mentre il recupero della legalità era più necessario dell'aria. Su questo cammino impervio, la giunta di centrosinistra ha arrancato con fatica, completando opere pubbliche per decine di miliardi bloccate da anni, avviando un programma di riqualificazione per il "Penniniello", zona 219, battendo sul tasto del contratto d'area”.

Furono le premesse per la vittoria nel secondo mandato, portato a termine ad aprile del 2005.

Se questa città è riuscita a risorgere dalle violenze, dalla corruzione, dall’omertà, dagli omicidi, dal terrore che un sistema colluso aveva messo in piedi, clamorosamente, negli anni 80, buona parte del merito lo deve a quest’uomo.

E di questo cambiamento non possiamo che esserne grati e rispettosi a Francesco Maria Cucolo. ​


lunedì 20 aprile 2020

-Riccardo Carapellese-Il mistero di "Carappa", il campione coraggioso dal cuore d'oro!-


Riccardo Carapellese
Questo post è dedicato alla memoria di un campione del calcio che, a differenza di altri a cui abbiamo dedicato un nostro modesto pensiero, non ha lasciato un grande segno del suo sapere calcistico, niente della sua bravura di allenatore, nulla della pazienza e comprensione di chi sa che deve lavorare in un ambiente calcistico notoriamente difficile, ma stimolante, come la piazza di Torre Annunziata.

Niente di tutto questo, anzi.
Però ci ha dato una grande lezione, e scoprirete come, sul modo di comportarsi di un uomo valoroso, costretto dal lavoro a stare lontano dalla propria famiglia, alle prese con un destino terribile che volle accanirsi contro i suoi cari, costringendolo a lottare una lotta coraggiosa ma, purtroppo, rivelatasi inutile.        

Leggendo diversi giornali dell’epoca ricordo che vennero riversati su Riccardo Carapellese, il nostro personaggio di oggi, frasi e parole non certe lusinghieri riferiti al suo breve passaggio al Savoia.

Ma partiamo dall’inizio, per entrare subito nei fatti che accaddero in quegli anni, noti e meno noti.

Dunque, siamo nel 1972 e il Savoia era reduce da una retrocessione in serie D a seguito della vicenda dei fratelli Russo che abbandonarono la società nelle mani del volenteroso professore Vincenzo Pepe.

Lo sfascio fu completo, la società inesistente, il solo mettere in campo una formazione con undici calciatori divenne una vera impresa.

Il primo punto fermo su cui il professor Pepe puntò fu un allenatore dal nome prestigioso: Riccardo Carapellese, soprannominato “Carappa”, indimenticabile ala sinistra degli anni 40-50 in cui militò nel Milan, Torino, Juventus e Genoa, collezionando inoltre in Nazionale 16 presenze e 10 reti.

“Carappa” era molto amico di Valentino Mazzola, e quando lo squadrone granata finì la sua corsa inimitabile a Superga, la società torinista lo scelse come punto fermo per la ricostruzione.

Il curriculum da giocatore era stato invidiabile, ma il calcio era la sua vita e quindi, una volta appeso le scarpe al chiodo, aveva ancora scelto la panchina da allenatore per continuare a rivivere sogni di gloria.

Venne chiamato dal professor Pepe per iniziare a costruire il Savoia dopo il disastro della stagione 1971-72 appena conclusa e, nonostante l’assoluta mancanza di liquidità da parte della società che potesse garantire ed attrezzare una squadra decente, non si tirò indietro.

Aveva lasciato a Milano un progetto ambizioso, quello della creazione della terza società calcistica milanese, la Sanyo, alle spalle di Milan e Inter!
Corriere dello sport 1971



Il lavoro con i giovani era la sua prerogativa e, quindi, non poteva fargli paura la missione di cui era stato investito a Torre Annunziata.

Ma… a fine agosto, improvvisamente, “Carappa” fugge via, sparisce da Torre Annunziata!
La Voce della Provincia 1972




Alcuni giornali parlano di una fuga dovuta al mancato percepimento dello stipendio, altri perché non erano arrivati alcuni giocatori che avrebbe espressamente richiesto, altri ancora avanzarono l’ipotesi del non ambientamento del tecnico in città.

Secondo il nostro parere, niente di tutto ciò.

“Carappa” sapeva benissimo delle difficoltà economiche in cui si dibatteva la società e quindi era certo che avrebbe dovuto attendere tempi migliori prima di riscuotere.

Anche per quanto riguarda l’ipotesi di giocatori che avrebbe richiesto e mai arrivati, siamo scettici, perché il suo credo calcistico era la formazione e la preparazione di giovani da far crescere e valorizzare.

 Sull’ambientamento, poi, non crediamo affatto anche perché proveniva da Genova, dove abitava ancora la sua famiglia, e Torre Annunziata con il suo mare e la sua bellezza gli ricordavano, in piccolo, la città ligure.

E allora?

Perchè scappò via?

Per scoprirlo dobbiamo entrare non in un campo di calcio, quello che amava il “Carappa”, ma in quello della cronaca.

Andiamo a Genova, in casa Carapellese, in via Bolzano 10.

La moglie, signora Costanza, vive lì con il figlio Massimo e la figlia Daniela.

Riccardo Carapellese e la figlia Daniela- www.magliarossonera.it




Daniela Carapellese nasce nel 1953, e quando il padre arriva a Torre, a luglio del 1972, lei ha solo 19 anni.

Daniela, bella ragazza, alta e slanciata, si era inserita nella “Genova bene”.

Ricordiamo quegli anni in cui il mondo della droga iniziava a immettere nel paese ingenti quantitativi di droga in generale, eroina in particolare, che venivano spacciati in tutte le città.

Proprio in quei giorni del 1972 il primo allarme serio, dopo dei primi segnali arrivati già nel 1970: fu ricoverata per uso di sostanze stupefacenti.

La tragedia era arrivata definitivamente in casa Carapellese.

Daniela si drogava.

L’arresto del fidanzato, figlio di un notissimo personaggio genovese, per possesso di droga, accese ancora di piu’ riflettori, anche su di lei.

All’inizio del gennaio del 1973 la Polizia giunse in casa e venne arrestata a seguito di un’inchiesta giudiziaria per possesso e spaccio di eroina importata dall’Olanda, in associazione coi suoi amici della “Genova bene”.

Corriere della Sera- 1973




Subì un processo e venne condannata a tre anni e sei mesi di carcere, pena ridotta in appello.

Nel 1976 ritornò di nuovo in carcere per furto in casa di conoscenti affinché, col ricavato, potesse comprarsi stupefacenti.   

Con gli arresti domiciliari tentò il suicidio ingerendo barbiturici ma venne salvata appena in tempo.

Dieci anni di dramma e sofferenza, tra tentativi di riportarla alla normalità tra le comunità e ricoveri.

Fino all’epilogo del 18 gennaio 1984 quando venne trovata dalla madre, priva di vita, nel proprio letto.

Era morta a soli 31 anni.
Funerali Daniela Carapellese- la famiglia- Domenica del Corriere - 1984





Nell’arco di questi anni “Carappa” sacrificò ogni risparmio che aveva, oltre a una gioielleria che aveva acquistato a Genova.

Aveva speso ogni goccia di amore pe quella figlia giovane e ribelle.

Venne aiutato anche dal grande cuore generoso di Paolo Mantovani, il presidentissimo della Sampdoria.

Una tragedia che sconvolse la famiglia di un grande campione di calcio e che venne pagata a durissimo prezzo.

Negli anni successivi alla morte della figlia, a Riccardo Carapellese fu concessa l’applicazione della “legge Bacchelli”, una sorta di vitalizio di ventiquattro milioni di lire annui destinati a personalità cadute in disgrazia che nel corso della loro storia seppero tenere alto il nome dell’Italia nei diversi settori in cui avevano operato e ottennero successo.

Riccardo Carapellese morì venerdì 20 ottobre 1995 a Rapallo, afflitto di un male incurabile, assistito amorevolmente dalla moglie Costanza.

Aveva 73 anni.

Solo di passaggio a Torre Annunziata, ma non per colpa sua…
La Stampa-1


mercoledì 15 aprile 2020

Antonio Mario Boccia- "IL TRIONFO DEL TESSUTO"





Antonio Mario Boccia- per gentile concessione di Luigi Boccia-



Antonio era nato a San Giuseppe Vesuviano il 7 settembre del 1940.

Era un periodo di grandi illusioni e di imminenti tragedie.

Qualcuno, mostrando i muscoli, aveva fatto credere a buona parte di italiani che potevano diventare una grande potenza mondiale, capace di conquistare terre e popoli senza colpo ferire, o quasi.

Furono anni di enormi sacrifici per la nostra nazione, nelle nostre città meridionali il peso delle difficoltà era accresciuto dalle ataviche condizioni civili e sociali.

La caduta del fascismo e la conseguente vittoria della Repubblica nel referendum furono dei segnali di ottimismo e di speranza per coloro che volevano ritagliarsi con dignità e lavoro un proprio spazio.

E a quindici anni, Antonio Mario Boccia, in attesa del suo momento, iniziava a lavorare in un negozio di Torre Annunziata, la cui insegna, “ASCOFLEX”, spiccava sulla porta d’ingresso, proprio nei pressi del panificio Gioielli.

Di fronte, era ubicato il bar/gelateria Gallo Olimpia.

Il proprietario del bar era il torrese Aniello Iovino, il quale aveva pensato bene di aprire in quella parte di città perché aveva intravisto che la zona aveva grande potenzialità di vendita e un flusso di movimento non indifferente legate alle molteplici attività commerciali, economiche e portuali che caratterizzavano l’area.

A quei tempi, inizio anni ’50, sicuramente la zona piu’ importante di Torre Annunziata.

Due negozi, uno di fronte all’altro.

All’interno dei negozi, due ragazzi che si scambiavano i primi tiepidi sguardi carichi di emozioni.

Maria, figlia di Don Aniello, aveva sedici anni quando conobbe Antonio.

Su di loro, improvvisa e inesorabile, scoccò la scintilla dell’amore.

Nel 1958 Antonio, giovanissimo, sentì che era arrivato il suo momento e compì il grande salto con l’apertura di una attività di stoffa, tessuti e biancheria di alta qualità, dedicata ad una clientela sempre piu’ vasta ed esigente, in linea con il prestigioso nome che volle esibire nell’insegna del negozio:
 “IL TRIONFO DEL TESSUTO”.

Ottimamente inserito nel contesto della città grazie alla sua cortesia, correttezza e bravura nei rapporti con la clientela, Antonio riuscì a ritagliarsi uno spazio importante nel settore.

Successivamente, agli inizi degli anni Settanta, sposò Maria, continuando, nel frattempo, a conquistare importanti commesse, nuova e prestigiosa clientela, sempre nel massimo rispetto anche nei confronti dei negozianti della zona.

Antonio Boccia era un uomo spesso silenzioso, di poche parole, che usava solo al momento giusto e in modo saggio.

Nel corso del tempo divenne assiduo tifoso del Savoia che seguiva fin da giovane età.

Oltre ad essere un gran signore, era umile e capace di aiutare il prossimo anche con un semplice consiglio, sempre dettato dal cuore.

Come dal cuore erano dettate le silenziose beneficenze che era solito offrire alla chiesa per i poveri, mai evidenziate o pubblicizzate.

Era un galantuomo e per questo, per oltre quarant’anni riuscì a farsi stimare da tutti quelli che lo conobbero e apprezzarono la sua umanità e la bontà d’animo. 

La malattia, nel 2009, non riuscì a scalfire il suo animo nobile e caritatevole.

Era lui a dare forza ai suoi cari, alla moglie, al figlio Luigi, alla figlia Gena, a tutti i nipoti che si strinsero attorno alla sua figura fino all’ultimo giorno, quel 31 gennaio 2010.

Il vuoto fisico che lasciò nel negozio in Corso Vittorio Emanuele III, numero 237, fu enorme.

Ma basta entrare dentro per accorgersi che la grandezza dell’uomo fece sì che si respiri nell’aria, tutt’intorno, la sua presenza, la sua personalità, il suo amore.

La presenza di Maria, fuori dal negozio, che fissa le vetrine è un’immagine suggestiva e commovente.

Lei guarda oltre, immaginando che all’improvviso esca da quel corridoio l’uomo che gli è stato accanto per mezzo secolo, colui che partendo da zero è riuscito a regalarle un bellissimo sogno, colui che ha dato tutto per la propria famiglia, colui che col suo amore ha saputo renderla madre felice, moglie esemplare, donna perfetta.

Ancora oggi Maria e Luigi, il loro giovane figlio, si sono dedicati alla gestione dell’attività, nonostante le varie difficoltà e la crisi economica imperante nella città oplontina, proprio per rendere omaggio e ringraziare per i sacrifici, l’affetto e l’amore che contraddistinse la vita di un uomo giusto, Antonio Mario Boccia.



*Grazie all'amico Luigi Boccia e a sua mamma Maria per l'amicizia, il rispetto e la stima che lega da tanti anni le nostre famiglie.
Un abbraccio. 

mercoledì 8 aprile 2020

Salvatore Fiorentino, "Tore ò russ"- L'uomo di ... ferro!







Si chiamava Salvatore Fiorentino, ma per tutti era “Tore ò russ”.

Nato a Napoli il 30 novembre 1929, aveva fin da piccolo seguito le orme del padre in officina in quella lavorazione che sarebbe diventata, oltre che fonte di guadagno e sostentamento per la  famiglia, una vera e propria missione.

Il recupero dei tanti metalli che compongono un motore o un elettrodomestico non piu’ funzionante è una lavorazione molto particolare e richiede grande spirito di sacrificio, forza e pazienza, ma soprattutto, tanta fatica.

Doti che non mancavano a “Tore ò russ”.

Armato dei tre attrezzi che servivano a portare a termine la spartizione degli elementi, usava una tecnica che, ormai, aveva affinato nel corso dei decenni.

I suoi strumenti di lavoro erano il martello, lo scalpello e il cacciavite.

E, solo con quelli, riusciva a suddividere le matasse di rame che recuperava dall’interno di un motore, oppure sezionare le viti e rondelle da un fornetto, recuperare la ghisa da un vecchio bollitore o da una piastra.

Non si era mai fermato da quando, fin da piccolo, la sua famiglia si era trasferita a Torre Annunziata.

Negli anni tra il cinquanta e il sessanta era il punto di riferimento dei nostri padri nella realizzazione di uno strumento legato alla loro gioventu': il “carruocciolo”.

Questo veniva realizzato a mano, assemblando due assi di legno e una tavola centrale che faceva da base.

Alla estremità si legava una corda che lavorava come fosse uno sterzo, per frenare si usavano i piedi.

Per far muovere il tutto servivano i famosi cuscinetti.

“Tore u russ” era colui che risolveva il problema per coloro che volevano comprarli a poco prezzo.

Nel corso degli anni la sua “officina” di via Toselli era divenuta una istituzione per la consegna e la raccolta del materiale, in attesa dello sminuzzamento finale.

Non buttava via nulla, tutto veniva smantellato e diviso per poi poter consegnare a chi si sarebbe occupato di dare nuova vita al materiale recuperato.

Alla fine del 2017, all’età di 88 anni, decise di lasciar stare gli attrezzi e di fermarsi per riposare, come desideravano i suoi figli.
La moglie era morta nel 2012.

Probabilmente fu l’ultimo protagonista di un mestiere ormai tramontato, superato dal consumismo e dalla produzione digitale di ormai tanti oggetti comuni che semplificano e facilitano la nostra vita comune.

Un tipo di mondo che non sarebbe piaciuto a Salvatore Fiorentino, appassionato finanche della particolare esalazione del materiale ferroso, amante dei suoi strumenti di lavoro, innamorato della sua missione.

Salvatore Fiorentino, “Tore ò russ”, morì il 16 aprile 2018, solo quattro mesi dopo aver lasciato quel suo particolare mondo, in cui seppe conquistarsi la fiducia e la stima dei torresi anche per una prerogativa riconosciutagli da tutti coloro che lo hanno conosciuto: l’onestà.   









domenica 5 aprile 2020

Capitano Alfredo Giraud: il pioniere del calcio torrese.


Scheda illustrativa presentata alla Mostra allestita presso la Sala Comunale di Torre Annunziata per ricordare "22 Figli Illustri di Torre Annunziata" in occasione delle manifestazioni per i festeggiamenti per la Madonna della Neve ottobre 2018, a cura di Vincenzo Marasco, Lucia Muoio e Antonio Papa.      

                                    Alfredo Giraud (1868-1929)

                                     Capitano della Marina Militare e pioniere del calcio torrese

                                                        “Il novello Romolo”




Alfredo Giraud nasce a Napoli nell’aprile del 1868; sposa Concetta Meo, che dà alla luce cinque figli, Luigi, Vito, Raffaelino, Michelino (ammiraglio della Marina Militare) e Giovanni, che indossa la maglia del Savoia già nel 1932.

Le scelte di vita portano presto Alfredo a percorrere la strada del mare, e, nel ruolo di semaforista, riveste tutti i gradi militari nella Regia Marina, fino a diventare capo semaforista di prima classe. Il 16 novembre del 1911 viene nominato sottotenente nel Corpo Reale Equipaggi, grado che mantiene fino al passaggio a capitano. Inevitabilmente la vita di militare lo costringe a spostarsi nelle zone dove è richiesta, dai vertici della Marina, la presenza della sua unità di appartenenza.

Nella prima parentesi a Torre Annunziata, durante la quale conosce Concetta e la sposa, la sua vocazione sportiva, anche se amatoriale, lo porta a cimentarsi nell’organizzazione di eventi e gare, che  cura con dedizione ed entusiasmo encomiabili: siamo agli albori della storia gloriosa della squadra calcistica locale, quando le ‘montagnelle’ offrono spazio per dare quattro calci al pallone e i tifosi si assiepano, non sugli spalti, ma sui dirupi a ridosso di Villa Parnaso.

È il 1915, l’Italia si appresta a combattere il Grande Conflitto e Alfredo, per esigenze militari, viene trasferito a Taranto; ma neppure la guerra riesce a smorzare la sua passione per il calcio e tra mille difficoltà e ostacoli insormontabili recupera i finanziamenti per organizzare un’ottima squadra nella città pugliese.

Nello stesso periodo, anche a Torre Annunziata, le vicende belliche non spengono l’interesse per il foot-ball, come lo chiamano gli inglesi, praticato nella zona del porto nei momenti liberi dal carico e scarico delle merci dai bastimenti, anzi si diffonde rapidamente nella città oplontina, per cui si decide seriamente di organizzare e investire su una vera e propria squadra di calcio.

Finita la guerra, agli inizi degli anni ’20 Alfredo ritorna a Torre, e riallaccia il file rouge colla sfera di cuoio, diventando un punto di riferimento fondamentale nella nostra operosa cittadina per lo sport in genere, ma pioniere del calcio cittadino insieme a Carlino e Giovanni Guidone. Il 1921 segna l’ingresso ufficiale nei campionati di Lega della nostra squadra U.S. Savoia, il cui nome non è politico, ma quasi allegorico, «Savoiaaaa», il grido che i nostri soldati, baionette innestate, lanciavano durante le cariche al nemico: un nome di battaglia, una formazione d’assalto. É necessario costruire, organizzare un nuovo campo e le scelte cadono sulla zona Oncino, non molto lontano dalla proprietà Orsini, dove un ammasso di rocce vulcaniche viene trasformato in uno spazioso campo di calcio per ospitare una squadra all’altezza delle aspettative del pubblico torrese. Si racconta che Giraud, recatosi con lo staff dirigenziale sulla zona del campo, col bastone, come un novello Romolo, ne traccia i confini.

Inizia l’epopea del calcio vero a Torre Annunziata. Nominato C.T. del Comitato Vesuviano, e poi vicepresidente del Savoia da Teodoro Voiello, che aveva acquistato la squadra da un altro magnate della pasta, Pasquale Fabbrocino, Giraud si fa promotore di un torneo, cui aderiscono numerose formazioni calcistiche, per contendersi la vittoria finale. I risultati giungono nel 1924, quando il Savoia disputa il campionato più strabiliante della sua storia: infatti, come prima squadra meridionale della storia del calcio, disputa una finale-scudetto contro il mitico Genoa, in cui militano quasi tutti i componenti della squadra azzurra della nazionale italiana.

Ancora un anno di grande calcio, poi il crollo, soprattutto perché Teodoro Voiello, a causa dei problemi produttivi dei suoi pastifici, non riesce a seguire appieno la ‘questione’ Savoia. Inevitabilmente, nonostante i rimedi e i sacrifici imposti da Alfredo Giraud ai suoi uomini, la squadra non è in grado di mantenere il livello di attenzione dei suoi tifosi. Solo all’inizio degli anni ’30 il Savoia riprende a lottare per risalire la classifica del Campionato Centro Meridionale, sotto la guida di altri mecenati e altri appassionati dirigenti. Alfredo Giraud non fa in tempo a godersi questo ritorno al vertice dei giocatori con la casacca bianco scudata, perché si spegne l’11 Gennaio del 1929.
L’eredità umana, sportiva e, in particolare, calcistica viene trasmessa ai suoi giovani figlioli, tutti giocatori di calcio, distinti da un numero romano, che continuano ad arricchire, con le loro gesta, i loro goal e le loro vittorie, la favola più bella che la città di Torre abbia vissuto e continua a vivere, grazie alla famiglia Giraud: la storia del Savoia. Nel mese di giugno del 1981, la giunta Vitiello decide di intitolare lo stadio comunale, costruito nel dopoguerra e ristrutturato negli anni ’60, al capitano Alfredo Giraud, vicepresidente del Savoia, vicecampione d’Italia e papà di tre calciatori degli anni ’30: Raffaelino, Michelino e Giovannino.

sabato 4 aprile 2020

Vincenzo Bisogno, pittore, decoratore e professore di Disegno.


Scheda illustrativa presentata alla Mostra allestita presso la Sala Comunale di Torre Annunziata per ricordare "22 Figli Illustri di Torre Annunziata" in occasione delle manifestazioni per i festeggiamenti per la Madonna della Neve ottobre 2018, a cura di Vincenzo Marasco, Lucia Muoio e Antonio Papa.


Vincenzo Bisogno (1866-1933)

Pittore, decoratore e professore di Disegno

Nasce a Torre Annunziata, nella casa avita in via Orefice, il 4 aprile 1866, da Beniamino (possidente), di anni 28 e da Maria Luigia Carotenuto, di anni 26, figlia di Domenico. Viene dichiarato il 7 aprile, presso l’Anagrafe, posta nel palazzo Monteleone, in via del Popolo.

Dal 1884 al 1890 frequenta l’Accademia di Napoli, sotto la guida dei maestri Domenico Morelli e Filippo Palizzi, e subisce l'influsso degli ideali romantici della pittura napoletana di fine secolo.

Nel 1891 è presente all’Esposizione Nazionale di Palermo con un grande quadro dedicato alla nostra città: il Panorama di Torre Annunziata.

Il 10 ottobre del 1896, alle ore 6 p.m. sposa Teresa Germano, giovane torrese di 16 anni, figlia di Carlo e di Anna Battista; l’anno successivo, nel1897, emigra a San Paolo del Brasile, quando, a cavallo tra i secoli XIX e XX,
l’emigrazione italiana nelle Americhe raggiunge indici altissimi.  Nel nuovo paese svolge la sua maggiore attività di artista e di insegnante, partecipando a mostre collettive, nelle quali viene apprezzato per i suoi ritratti e i suoi paesaggi: tra i dipinti più rappresentativi ricordiamo l’Encarnador e A Boiada.

Rientrato in Italia, riprende a dipingere prediligendo soprattutto temi religiosi. Nel 1903 riceve la commissione per gli affreschi da eseguire nella volta della parrocchia dell’Immacolata Concezione. La chiesa, costruita dai fratelli Strina nel 1618 per ingrandire un’antica cappella consacrata alla Pietà, era stata distrutta dall’eruzione del Vesuvio e riedificata nel 1635; nel tempo l’edificio subisce poi diverse trasformazioni, e l’ultima nel 1842.

Nella volta della navata centrale della nuova chiesa Bisogno, entro cornici in stucco, esegue tre grandi affreschi, tutti firmati e datati (1904). In quello centrale rappresenta l’Immacolata che intercede presso Dio affinché liberi la città dal flagello del colera: in una scena apocalittica, migliaia di abitanti colpiti dal morbo si accalcano dinanzi al sagrato della chiesa dell’Immacolata, implorando l’intervento della Madonna. Nei due riquadri minori il pittore affresca la Nascita della Vergine e la Presentazione di Maria al tempio con sant’Anna e san Gioacchino. Sempre di Vincenzo Bisogno sono le sei Virtù, la Maddalena e un Devoto dipinti nelle lunette cuspidate che sovrastano i finestroni, da cui filtra una luce multicolore.

Nell’ultimo periodo della sua vita, le sue qualità di abile decoratore lo spingono a riprodurre opere che si ispirano alla classicità degli affreschi pompeiani. Diviene così uno specialista disegnatore di amorini, riprodotti in quadretti policromi, adottando soprattutto la tecnica solita del guazzo, meglio conosciuto nella sua forma francese di gouache, che è una varietà di tempera, nella quale alla colla animale è sostituita la gomma.
Muore a Torre Annunziata nel 1933.


Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...