domenica 27 ottobre 2019

Conato- L'arte e la competenza torrese al servizio dei colossi.


L’Elettromeccanica Conato, società per azioni, nacque nel 1947 e, dopo alcuni passaggi di residenza, stabilì la propria sede, tra uffici, sede legale e stabilimento al civico numero 27 di via Terragneta a Torre Annunziata.

Venne fondata da Antonio e Francesco Conato e fin d’allora ha costruito trasformatori e motori elettrici per i piu’ importanti gruppi italiani come l’Enel, a cui erano indirizzati trasformatori da 50 a 40000 KVA, le Ferrovie dello Stato, a cui forniva bobine per poli di trazione, l’Italsider, l’Ansaldo, società di gruppi petroliferi, municipalizzate e aziende di impiantistica.

La produzione andava incrementandosi anno dopo anno, grazie al miglioramento dei mezzi di fabbricazione, l’ammodernamento degli impianti e dei macchinari.

Nel corso dei decenni, la Conato raggiunse un alto livello di specializzazione grazie anche alla preparazione e alla professionalità del suo personale, ritagliandosi uno spazio importante nel difficile mondo delle imprese elettromeccaniche.

Subì, inevitabilmente, un lungo processo di crisi assieme alle storiche aziende che davano linfa e lavoro ai cittadini torresi, Dalmine, Italtubi, Lepetit, Finsider, Deriver ecc…

Agli inizi degli anni Settanta gli scioperi in città erano all’ordine del giorno e spesso veniva messo in risalto da parte dei manifestanti la cattiva gestione da parte del Governo della politica delle partecipazioni statali. Almeno diecimila persone vennero espulse dal ciclo lavorativo delle industrie torresi, dal 1965 al 1968.

Senza contare gli operai licenziati dai mulini e pastifici!

Anche la Conato, nel suo piccolo, ebbe diverse difficoltà, nonostante negli anni Settanta risultasse beneficiaria di finanziamenti ISVEIMER nonché appaltatrice di lavori per conto di enti pubblici.

Nel marzo del 1975, a causa della crisi del settore, chiuse il reparto riparazioni trasformatori sospendendo dall’attività 35 dipendenti su un totale di 79 operai che aveva in forza.

A seguito di tale azione immediata fu la richiesta di una interrogazione in Parlamento da parte dei Senatori Abenante, Papa e Fermariello.

Seguì un dibattito parlamentare, molto delicato, in cui in Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, Mario Toros, intimò senza mezzi termini all’azienda di assolvere al dovere del ripristino del personale sospeso.
  

Il Comm. Antonio Conato morì nel 1985, Francesco nel 1975.


Antonio Conato- Foto da "La Voce della Provincia" 1995

lunedì 14 ottobre 2019

VASTIANO FILOSA, "Il Comandante".


Negli anni Settanta, dalle colonne de "La Voce della Provincia" una rubrica si occupava delle figure di un tempo.
Un ricordo di personaggi poco noti alle cronache ma che sono rimasti nella memoria collettiva dei cittadini torresi per la loro
passione, il lavoro, l'abnegazione e il rispetto verso la propria gente e la propria terra.
Ritengo opportuno e doveroso riproporre questi frammenti di storia che ci riportano indietro nel tempo, alla riscoperta dei valori che hanno reso migliore il nostro paese.
Tracciava il ricordo di queste figure il grande Vincenzo Mistretta, cronista attento e puntiglioso, ai cui ricordi spesso mi sono affidato per recuperare storie ormai perdute.
Oggi è la volta di Sebastiano Filosa, responsabile delle guardie notturne negli anni Sessanta a Torre Annunziata.
Buona lettura.




"Appena le prime luci incominciavano a spegnersi e i negozi chiudevano i loro battenti, nel mentre che gruppetti di uomini si fermavano a discutere assiduamente con gli angeli delle strade cittadine, avanzava con passo lento e ritmico con un atteggiamento che, a prima vista, poteva sembrare indifferente, il comandante del piccolo nucleo dei vigili notturni.

Alto di statura, corpo massiccio, sguardo acuto e penetrante, capelli e baffetti da tempo incanutiti, Sebastiano Filosa era la tipica figura del custode vigile e solerte, dal tramonto all’alba, delle principali strade della nostra città.

Anche in quei tempi i ladri esercitavano la lucrosa attività notturna, ma la loro vita era resa maggiormente dura, oltre che dalle benemerite forze dell’ordine, anche dalla vigile sorveglianza del comandante Filosa che, imponente e nerboruto, scrutava, nottetempo, a destra e a manca, portando al guinzaglio due grossi mastini napoletani, i quali incutevano il terrore soltanto a guardarli, tanto era torvo il loro sguardo e minaccioso il loro atteggiamento.

Da casa sua, sita nel rione del “Bosco del monaco”, comunemente detto “ò vuoscòmonac”, fino a piazza Croce, luogo abituale del raduno dei vigili notturni.

Vastiano impiegava un bel po' di tempo, dato che piaceva fermarsi, lungo la strada, a dialogare con le sue conoscenze.

E quando era finalmente giunto in quella piazza, la sua prima fermata la faceva nell’allora drogheria di quel brav’uomo che era don Salvatore Venturino, dove solitamente riceveva qualche bicchierino di liquore o di altra bevanda, che doveva servirgli, specialmente nelle fredde e lunghe notti invernali, a rendergli piu’ caldo il corpo, prima di accingersi al suo giro di ronda.

Da quell’emporio usciva dopo pochi minuti per fermarsi un poco piu’ in là, sul medesimo marciapiede, vicino all’attigua rivendita dei Sali e tabacchi del compianto don Peppino Venturino, il cui negozio esiste tuttora merito della laboriosa attività di suo figlio, l’omonimo Peppino, e di un genero, Ciro Giampaglia.

Proprio tra le porte di questi due negozi, Sebastiano Filosa, da tutti chiamato “il comandante”, per il suo incarico di responsabile del piccolo gruppo di vigili notturni, sorvegliava l’andirivieni di chiunque passasse in zona, pronto a carpire movimenti sospetti o male intenzionali.

Ritto come una robusta e nodosa quercia antica, Vastiano, col fucile a tracolla, sospettoso anche del piu’ lieve fruscio, lanciava ininterrottamente il suo sguardo acuto in tutte le direzioni.

Poi iniziava, sia nelle strade che nelle stradette e nei vicoli della nostra città, il suo giro notturno, caratterizzato dal suo incedere abituale, passi cadenzati e pesanti, causati dai suoi grossi stivali dalle suole alte e spesse. Gli faceva compagnia il rumore delle catene dei suoi due massicci mastini.

Chiunque lo incontrava di notte lo salutava con affetto e simpatia perché Sebastiano Filosa rappresentava quella parte dello Stato che trasmette tranquillità.

Trascorsi alcuni anni, lo si vide camminare piu’ lentamente e soffermarsi piu’ a lungo per le strade.

E il passo fermo e deciso d’un tempo cedette ad un’andatura lievemente meno sicura.

Ma ligio al suo dovere e per quella forza interiore che promana solamente da chi è consapevole di essere utile agli altri, Vastiano “il comandante” lottava contro il tempo.

E quando s’accorse e seppe capire di poter concedere un eccessivo margine di sicurezza ai “mariuoli”, egli lasciò il servizio di vigilanza notturna, dopo tanti anni di valido ed onorato lavoro.

Il suo allontanamento dalla scena cittadina fu accolto con rammarico perché ci si era abituati a vedere la salda figura del buon “Maigret” notturno, di un bravo cittadino, torrese di adozione.

Anche ora lo ricordiamo con simpatia, perché fu un uomo incurante del pericolo, al servizio della cittadinanza, vigile ascolto del sonno riparatore e dei beni e delle persone, nel tempo in cui visse."

Piazza Cesare Battisti. 


sabato 5 ottobre 2019

GUIDO VIVARELLI, "Il Professore". Il rimpianto del Savoia.



La vittoria del campionato di serie D nella stagione 1975/76 era stata vissuta da tutto l’ambiente torrese come una cavalcata trionfale.

Torre Annunziata si apprestava a ritornare nel calcio che conta dopo deprimenti annate in Promozione e per questo il presidente Gioacchino Coppola non badò a spese per allestire una squadra all’altezza delle aspettative dei tifosi savoiardi.

Nell’ossatura della squadra rimasta imbattuta l’anno prima vennero inseriti elementi di spessore, tra cui Guido Vivarelli, nato a Domodossola il 16 settembre 1942.

Appena vent’enne, Vivarelli ebbe la sua grande occasione a Torino dopo aver giocato con la formazione cadetta e il Torneo di Viareggio, ma a fine stagione venne scartato per un problema alla vista.

Nonostante la delusione, continuò la sua onesta carriera tra la serie B e la C.

-Nella foto Guido Vivarelli con la maglia del Monza, 1967, Wikipedia. -





Ritorniamo nel campionato 1975/6 a Torre Annunziata e seguiamo un attimo anche le vicende societarie perché si intrecciano in modo straordinario con il racconto sul nostro protagonista.

Il presidente Coppola, noto “mangiallenatore”, affidò la panchina allo “sceriffo” Nicola D’Alessio” che dopo solo 4 giornate venne esonerato!

Squadra affidata al giovane Scognamiglio fino alla settima giornata quando viene ingaggiato il forte allenatore Vitali che resiste alle pressioni torresi appena una ventina di partite.

Tra alti e bassi, si arriva alla ventisettesima giornata quando si dimette e al suo posto da allenatore viene chiamato … Guido Vivarelli, colui che in campo, con la sua classe, riesce a tenere in piedi la squadra garantendole un’onorevole salvezza, anzi, piazzandosi all’ottavo posto nella classifica finale.

Guido aveva conseguito il patentino di allenatore già nel 1967 e questa scelta rende già l’idea della lungimiranza e intelligenza dell’uomo.  




Vivarelli riveste il ruolo di giocatore allenatore per due settimane, fino a quando al capezzale dei bianchi ritorna… Nicola D’Alessio!

La squadra, probabilmente, avrà sicuramente risentito di tutti questi avvicendamenti e solo la presenza del telaio base dell’anno precedente, ravvivata dagli innesti di Capone, Frank, Peviani, De Fenza e, appunto, il Guido Vivarelli, proveniente da due annate in serie C col Cosenza, permetterà ai ragazzi bianchi di salvare la categoria.

Le sue prestazioni sono molto positive e al termine della stagione registra trentuno presenze e due reti che, arricchite da prestazioni e giocate superbe, gli valgono l’appellativo di “professore” della squadra del Savoia.    
                                 -Guido Vivarelli con la maglia del Savoia, 1976, La Voce della Provincia. -

In un articolo del 30 gennaio 1976 sulla “La Voce della Provincia” l’esperto Massimo Corcione esprime il suo pensiero su Vivarelli calciatore: 


“E’ senza dubbio degno della piu’ grande ed unanime ammirazione questo giocatore che, a trentatré anni suonati, riesce ad incantare pubblico e colleghi con le sue irresistibili serpentine effettuate con quel passo elegante cosi raro a trovarsi oggi nell’infuocato torneo di quarta serie. Domenica per due volte il pubblico si è fermato ad applaudire a scena aperta al termine di due sue autentiche prodezze, purtroppo, però, poco fortunate.”
Terminato il campionato, il colpo di scena.
Coppola lascia il timone della società a Franco Immobile il cui primo passo è l’assunzione del nuovo tecnico.
La scelta cade su Primo Ravaglia, colui che aveva fatto i miracoli con la Grumese.
A questo punto si intrecciano diverse opinioni.
Il nuovo mister non va assolutamente d’accordo con le idee calcistiche di Guido e dopo la prima giornata di campionato in cui i bianchi perdono uno a zero a Putignano, la sua sostituzione al 64esimo sancisce il divorzio tra Vivarelli e il Savoia, che da allora non gioca piu’ una partita di pallone.
I tifosi rimasero increduli per un bel po' di tempo perché non ci fu chiarezza nelle decisioni prese.
Rimasero le domande, allora come oggi.
Cosa spinse Guido Vivarelli a chiudere con il calcio dopo solo la prima partita del campionato?
Erano talmente inconciliabili i rapporti tra lui e Primo Ravaglia tali da fargli assumere una decisione così clamorosa?
Oppure era stata una decisione della società spingere Ravaglia ad agire in quel modo per permettere l’inserimento di un giovane centrocampista appena acquistato (Giurini)?
Nelle note sbiadite del tempo ripeschiamo un intervento, straordinario, sempre del grande Massimo Corcione, assieme a Vincenzo Pinto memorie storiche dei racconti savoiardi da oltre mezzo secolo.
L’articolo, assolutamente clamoroso, è datato luglio 1977 e, sempre dalle colonne della Voce, Corcione si esprimeva così:

” Ricordate Guido Vivarelli? Il funambolico “professore” che lo scorso anno fece deliziare il fine palato del pubblico torrese con le sue ficcanti serpentine nelle difese avversarie. Colui al quale, forse, il Savoia è debitore della salvezza conseguita nel suo primo anno di permanenza in D, avendo fruttato le sue prodezze almeno una decina di punti. Ebbene proprio di lui parleremo. Dopo aver messo a fuoco il ricordo di questo campione la cui traccia rimarrà ancora a lungo nelle menti degli sportivi torresi, veniamo alla notizia che lo riguarda.
E ‘dei giorni scorsi l’ufficializzazione della sua assunzione come direttore sportivo del Seregno, una delle piu’ quotate, per serietà, squadre partecipanti al campionato nordista di serie C.
E qui hanno inizio le nostre recriminazioni. Recriminazioni che non riguardano il mancato inserimento del “professore” nella rosa savoiarda del campionato conclusosi a maggio, quando piuttosto mirano a constatare l’errore commesso nel disfarci anzitempo del Vivarelli uomo di calcio, che al Savoia ancora tanto poteva dare anche non in veste di calciatore.
Che Vivarelli fosse venuto a Torre Annunziata solo sul finire della carriera poteva costituire anche un fatto positivo, in quanto, dopo averne ammirato gli ultimi vividi sprazzi di classe cristallina, si poteva lanciarlo nel mondo dell’organizzazione calcistica, un settore che al sud ed a Torre in particolare, è sempre stato deficiente. Le premesse c’erano tutte. Importanti conoscenze nell’ambiente calcistico professionistico, Magni del Monza, Radice nel Torino, tanto per fare degli esempi, erano e sono dei grandi amici di Guido. Competenza in materia davvero notevole, giustificata peraltro dal suo qualificatissimo curriculum di calciatore. Monza in B, Torino in A, Savona in B e C, nonché Cosenza sempre in C. Poi, dote importantissima oggi, integrità morale al di sopra di ogni sospetto. Se a tutto ciò aggiungiamo la gran voglia di emergere che lo contraddistingue abbiamo il quadro completo di tutti i presupposti che giustificavano la convenienza che il Savoia chiaramente avrebbe trovato puntando su Guido Vivarelli, direttore sportivo a tempo pieno.
Così invece non è stato. Difficile però stabilire il perché non sia avvenuto ciò che la logica comandava. Facile sarebbe rispondere che la illogicità sembra essere caratteristica dominante di tutto quanto avvenga al Sud, specialmente poi di tutto il “business” calcistico.
Ma una simile risposta lascerebbe presupporre una posizione di totale sfiducia nelle possibilità del Meridione, posizione che noi non sentiamo assolutamente di condividere. Molto piu’ veritiera la tesi che l’estromissione di Vivarelli dalle sorti del Savoia sia stata frutto di una delle congiure di palazzo che paiono non avere patria. Protagonisti furono oscuri personaggi che, voci senza volto, sono soliti gironzolare intorno ai potenti, mettendo pulci nell’orecchio giusto per turbare una tranquillità che non si addice ai loro spiriti demoniaci. Da questa oscurità che avvolge i volti di questi loschi figuri emerge però nitido il nome di Primo Ravaglia. Quando all’inizio dell’ultimo campionato le cose iniziavano ad andare storto, il tecnico ravennate sentì scottare la panchina su cui sedeva ed alla quale si sentiva (per motivi strettamente materiali) tanto fortemente attaccato. Nel tentativo di salvare la propria pelle non esitò ad iniziare un processo di epurazione che, primo fra tutti, colpì proprio Guido Vivarelli, nel quale Ravaglia vedeva soprattutto un concorrente per il posto al timone. Il presidente Franco Immobile, dobbiamo sottolineare, in perfetta buona fede, assentì alle richieste del tecnico, che, va ricordato, a novembre seppe raccomandare solo le cessioni ma non gli acquisti.
È così, piuttosto mestamente, si concluse la breve, sia pure, ma avara di soddisfazioni, storia tra Vivarelli e il Savoia, storia iniziata una sera della calda estate nel 1975 a Cava dei Tirreni, allorquando il “professore”, al suo debutto in maglia bianca, fece la sua presentazione al pubblico torrese con la sua prima superba interpretazione del ruolo di campione. Ora tutto questo è ricordo che si appresta a diventare rimpianto.
Il presente per il Savoia si chiama, purtroppo, ancora organizzazione latitante, mentre per Guido Vivarelli l’ingaggio del Seregno rappresenta il primo passo per la scalata all’olimpo del calcio nazionale. E che questo avverrà ne siamo certi.”    
Chissà se la verità sull’addio di Guido Vivarelli al Savoia non sia proprio scritta in questo articolo.
L’atto di accusa di Massimo Corcione verso Primo Ravaglia è preciso, diretto, senza fronzoli.
Solo i ricordi di altri protagonisti di quegli anni, in campo e fuori, potrebbero aiutarci a capire meglio.
Resta la conclusione di un rapporto con un uomo che, nonostante fosse quasi al termine della carriera calcistica, scelse Torre Annunziata come teatro delle sua ultime recite per dimostrare la sua innata bravura e la classe sopraffina.
Guido Vivarelli diventò il Direttore Sportivo del Seregno e, successivamente del Rende in C1, fino al rientro a Seregno negli anni successivi.
Ancora oggi, il nome di Guidi Vivarelli, tra i ricordi di quelli che lo ammirarono nella sua unica, splendida stagione agonistica, viene sempre affiancato con l’etichetta che gli si folle affibbiare allora: “O’ Professore”.  




Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...