venerdì 27 marzo 2020

L'indiscreto: la lega della moralità.










                    1° Aprile 1914-

ARTICOLO TRATTO DA "51 RACCONTI STORICO GIORNALISTICI DI TORRE ANNUNZIATA",  1° VOLUME, DI VINCENZO MARASCO E ANTONIO PAPA. 

(senza data. Analizzati alcuni riferimenti storici che abbiamo riscontrato nel leggere i contenuti della rivista siamo arrivati a stabilire l’anno di edizione di questo numero)
La lega della moralità
Da L’Indiscreto.
L’indiscreto è uno dei periodici più rari mai stampati a Torre Annunziata e che oggi si conservano presso il fondo giornalistico della Biblioteca comunale “Ernesto Cesaro”. Non senza poche difficoltà siamo riusciti a stabilire l’anno di pubblicazione di questo numero della rivista, in quanto non vi è riportato alcun riferimento sulla testatina di facciata, che a seguito di un’attenta analisi dei lavori ivi pubblicati abbiamo stabilito che il numero in questione venne stampato il 1° aprile del 1914.
L’indizio principale che ci ha aiutato a risolvere l’enigma legato alla sua data di edizione è stato un articolo in esso pubblicato in cui si parla di un incidente accorso all’ex Presidente degli Stati Uniti d’America, Theodore Roosevelt, predecessore del Presidente Thomas Woodrow Wilson, nel mentre andava in canoa nella regione brasiliana del Mato Grosso, preso di mira in un trafiletto sarcastico.
Risaliti alla data dell’accaduto che avvenne il 26 febbraio 1914 conseguentemente si è attribuito, per forza di logica, l’anno 1914 alla pubblicazione della nostra rivista risolvendo così il mistero.
Successivamente, ad attirare la nostra attenzione è stata una postilla a piè della denominazione del periodico con il quale si raccomandava la lettura dei contenuti “per sole persone intelligenti”. Sembra un monito rivolto al pubblico con la presupposizione di fare una selezione tra i lettori del giornale. In effetti dovrebbe essere proprio così vista la finissima satira riflessa con alcuni dei suoi articoli.
E oltre ai tanti scritti, talvolta esilaranti, ci siamo imbattuti in questa proposta con la quale si chiedeva l’istituzione di un comitato per il rispetto della moralità da imporsi in alcuni locali della città lì dove le rappresentazioni e gli spettacolini divenivano fin troppo scarni e mondani.
La bella epoque sconvolse anche la vita sociale torrese e questa bella testimonianza, seppur curiosa, ce lo testimonia.


Da L’Indiscreto del 1° aprile:
“Il maestro Francesco Pinto si è fatto promotore di una lega per la moralità del Cafè-Concerto che fino adesso ha trovato cinque o sei aderenti. In numero è esiguo ma che ci volete fare? Tutte le nobili iniziative lasciano freddi i torresi (Il Cav. Arena informi).
Il maestro Pinto giustamente si scandalizzò nel vedere in un teatro locale di cui egli è
habitué la danzatrice Delys Galliery spogliarsi fino a rimanere in corset davanti al pubblico estatico, senza tener conto dei ragazzi e delle signorine che assistevano allo spettacolo.
Dove siamo arrivati? Che sui massimi teatri di prosa si rappresentino le più audaci e scollacciate commedie francesi con camere da letto e con grandi attrici in camicia da notte, passi pure. Ma che si voglia far quasi lo stesso e per giunta attraverso un velo, al Cafè-Concerto in un ritrovo di educande assicuriamo al condottiere di questa nuova crociata il nostro appoggio dove meglio egli crede.”

mercoledì 25 marzo 2020

26 marzo 2004, Matilde Sorrentino:"Mamma Coraggio".



26 marzo 2004.
Venne uccisa nello stabile in via Melito a Torre Annunziata.
Matilde Sorrentino, 49 anni.
Fu lei a denunciare nel 1997 i  pedofili che violentarono i bambini della scuola elementare del rione Poverelli.
 Matilde, assieme ad altre due madri, decise di testimoniare al processo che terminò con la condanna dei pedofili.

Una decisione che pagò con la vita.
Quel giorno bussarono alla porte e le esplosero alcuni colpi di pistola, ammazzandola.
L'assassino venne arrestato e attualmente sta scontando in carcere la sua condanna.
Da allora Matilde Sorrentino è ricordata come “Mamma coraggio”.
A Matilde, nel corso degli anni, vennero intitolati il Centro Polivalente del rione Penniniello e la Comunità Alloggio presso l´Istituto Salesiano e, nel 2017, un'aula per l'ascolto protetto dei minori nel tribunale di Torre Annunziata.




martedì 24 marzo 2020

Salvatore Farro: il padre di Oplonti.


Scheda illustrativa presentata alla Mostra allestita presso la Sala Comunale di Torre Annunziata per ricordare "22 Figli Illustri di Torre Annunziata" in occasione delle manifestazioni per i festeggiamenti per la Madonna della Neve ottobre 2018, a cura di Vincenzo Marasco, Lucia Muoio e Antonio Papa.

Salvatore mons. Farro, sacerdote, professore in lettere classiche (Torre Annunziata, 24 marzo 1880 - 3 luglio 1968)










Nasce a Torre Annunziata il 24 marzo 1880.

Si forma nella scuola catechistica di Don Pasqualino Dati, manifestando fin da tenera età la sua vocazione sacerdotale. Entra in Seminario a Napoli nel 1891. Il 21 settembre del 1907 viene ordinato sacerdote.

Continua i suoi studi classici presso l’Università degli Studi di Napoli laureandosi in lettere classiche e conseguendo poi il diploma di archivista presso il Grande Archivio di Napoli. Ma è la sua grande passione per l’archeologia a prevalere tanto che viene spinto ad intraprendere gli studi di archeologia frequentando la scuola del celebre archeologo napoletano prof. mons. Gennaro Aspreno Galante.

Nonostante il suo amore dichiarato per gli studi classici non trascurò mai la sua vocazione sacerdotale e poco dopo la sua ordinazione viene nominato rettore dell’antica chiesa della SS. Trinità di Torre Annunziata, all’epoca non ancora parrocchia ma succursale della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Trecase. E’ l’opera incessante di mons. Salvatore Farro a riprendere e portare avanti la causa per l’erezione della nuova parrocchia, avanzata già il 28 ottobre 1881 dal Consiglio comunale retto dal sindaco Ciro Ilardi il quale propone al Cardinale dell’Arcidiocesi napoletana l’istituzione della nuova parrocchia per l’aumento del numero degli abitanti di quella parte del territorio torrese. 

Dopo più di 40 anni, nella riunione del 30 ottobre 1924, il Consiglio comunale, questa volta preseduto anche dal mons. Salvatore Farro, delibera nuovamente al Cardinale dell’Arcidiocesi napoletana, al tempo Alessio Ascalesi, la richiesta di erezione della parrocchia della SS. Trinità scrivendo: “Farsi voto perché la rettoria della SS. Trinità sia elevata a Parrocchia.”

Il 20 marzo del 1926 arriva la Bolla d’Istituzione della nuova parrocchia con il titolo di Sant’Alfonso nella Cappella della SS. Trinità, che esaudisce il voto del Consiglio comunale e premia l’impegno profuso del parroco Salvatore Farro.

A seguito della nuova istituzione della parrocchia, don Salvatore Farro viene nominato economo curato. Il Commissario prefettizio Vincenzo Parazzi, che all’epoca reggeva il Comune di Torre Annunziata, in data 17 febbraio 1928, chiedeva all’Arcivescovo di Napoli che il parroco della nuova parrocchia fosse nominato don Salvatore Farro che dal 1907 reggeva le sorti della chiesa della SS. Trinità avendo avuto sempre un ruolo preponderante affinché la causa di istituzione della nuova parrocchia avesse buon fine.

Il 28 febbraio, appena dieci giorni dopo la missiva, con Decreto arcivescovile, il prof. don Salvatore Farro diviene effettivamente parroco della SS. Trinità.

Il professore, oltre alla cura costante della sua attività pastorale, dagli anni ’50, visti i continui rinvenimenti archeologici che affioravano durante gli scavi conseguenti alle opere legate alla bolla speculativa che coinvolgeva l’intero comparto edilizio locale, lo vediamo coinvolto a tenere viva la questione archeologica locale, impegnandosi su ogni fronte possibile affinché si attuassero presto le opere necessarie per riportare alla luce le antiche vestigia di Oplontis. In questo suo altro nobile intento si vide contornato da uno sparuto gruppo di torresi sensibili al caso, tra cui il rag. Franz Formisano, il prof. Salvatore Russo e il prof. Carlo Malandrino, con i quali andava a fondare il comitato Amici di Oplonti, istituito ad hoc nel 1962. Il gruppo, sempre unito e senza perdere mai di vista la meta, portava avanti la estenuante battaglia con l’appello comune, indirizzato dal prof. Farro all’esimio prof. Amedeo Maiuri durante l’epistolario che si instaurò tra i due, di «qui ci vuole il piccone». Finalmente, nel 1964, arrivano le concessioni per avviare lo scavo sistematico presso le Mascatelle, operazioni poi finanziate nel 1965 dalla Cassa del Mezzogiorno con 50 milioni di lire.

Il 3 luglio 1968, a distanza di quattro anni dall’inizio di quel sogno di riscatto dell’archeologia oplontina che aveva motivato per oltre un decennio il suo eccelso operato di grande uomo di cultura classica, il prof. Farro si spegne nella sua casa paterna di Via Vesuvio.

A testimoniare della sua opera successivamente scrivono il prof. Giuseppe Maggi, già funzionario responsabile del sito archeologico di Oplontis e lo stesso prof. Amedeo Maiuri che, in una sua raccolta di articoli pubblicati nel libro Dall’Egeo al Tirreno (Maiuri 1962), così scrive:



«Così nel sonante nome di Oplonti, pieno di magico mistero della sua origine e del suo oscuro significato, s’è bandita una crociata, s’è formato un comitato, s’è mobilitata la stampa cittadina e napoletana; paladini dell’archeologia torrese, un reverendo archeologo, Mons. Salvatore Farro, apostolo fervente e pugnace, capace di lanciare appelli e rampogne all’archeologia ufficiale, e di tenere conferenze che hanno l’aria di pubblici comizi.»[1]   





18 novembre 1967, il sindaco Lettieri consegna al prof. mons. Salvatore Farro la medaglia d’oro della Pro-Loco quale scopritore di Oplontis. Foto gentilmente concessa dal dott. Pietro Farro.


[1]A. Maiuri, «Oplonti - Torre Annunziata: Archeologia e pastifici», in Dall’Egeo al Tirreno, Napoli, L’arte tipografica, 1962, pag. 134.

domenica 22 marzo 2020

Don Attilio Torrone: la storia del Sacro Cuore di Gesu'.








1979, Don Attilio Torrone- per gentile concessione di Ciro Vesce-


                                    Don Attilio Torrone-

La storia della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù ha inizio a partire dai primi mesi dell’anno 1957. 

Il 9 febbraio 1957, nella sala parrocchiale dello Spirito Santo, si tenne una riunione di sacerdoti locali al fine di discutere il problema di reperire una guida adatta per la erigenda parrocchia.
La scelta dei presbiteri cadde sul sacerdote Attilio Torrone, viceparroco presso la Parrocchia dello Spirito Santo, il quale spiccava per fervore, entusiasmo e spirito d’iniziativa, oltre che per le sue doti canore e musicali che gli avevano valso il titolo e l’incarico di cantore quarantista della Cattedrale di Napoli.

Infatti il giorno seguente, 10 febbraio, il clero locale, nuovamente riunitosi sotto la presidenza di mons. Antonio Pagano, della Curia di Napoli, nostro concittadino, divenuto in seguito Vescovo di Ischia, ufficializzò la decisione, di gradimento del signor Cardinale, di affidare a don Attilio Torrone la guida della nuova comunità, per la quale si coniò, nella stessa riunione, anche la titolazione al Sacro Cuore di Gesù.

Il primo parroco fu dunque il sacerdote don Attilio Torrone, nato a Torre Annunziata il 22 marzo 1918, ordinato Sacerdote il 23 dicembre 1944, il quale accettò con entusiasmo il nuovo incarico e si diede subito alla ricerca dei locali per la nuova parrocchia.

Don Attilio Torrone resse la parrocchia per trentatré anni.

Il 10 luglio 1990 si dimise dall’incarico per ragioni di salute.

Morì nel marzo del 1993.



*Notizie tratte dalla pagina Fb "Parrocchia Sacro Cuore di Gesù Torre Annunziata"

sabato 21 marzo 2020

"Ciccillo 'o capuano", il Jolly sempre a caccia...





In realtà si chiamava Francesco Atripaldi.
Non vi era ragazzo o adulto che non lo conoscesse in quanto la sua figura svelta, quasi scattante, lo faceva  rassomigliare a un "Jolly" venuto fuori, per un magico gioco, da un mazzo di carte da poker.
E poiché era venuto a Torre molti anni prima, da Capua, era soprannominato Ciccillo ' o capuano.
Fu per un lungo tempo un personaggio tipico della nostra città.
Non vi era adulto o ragazzo che non lo conosceva, in quanto la sua figura mingherlina, svelta, quasi scattante, lo faceva rassomigliare a un Jolly, venuto fuori, per un magico gioco, da un mazzo di carte da poker.
Era cortese con tutti, in modo particolare con i suoi diretti superiori.
E quando incontrava questi ultimi, soleva, come atto di deferente rispetto, riunire piedi e gambe ed inchinarsi, togliendosi contemporaneamente il berretto con la visiera, fregiato da un aureo stemma municipale, e portandolo con la mano destra lungo la banda dei calzoni.
E nel far ciò, metteva a nudo la sua piccola testa, del tutto calva, che specialmente nelle giornate di sole, brillava in maniera insolita.
Era, tuttavia, un dipendente del Comune rispettoso dei suoi doveri ed instancabile nel suo incarico.
Si alzava di buon'ora e subito si presentava al Comando dei Vigili Urbani per iniziare la sua opera di cattura dei domestici fedeli amici dell'uomo.
Appena era pronto il graduato addetto al servizio, Ciccillo 'o capuano iniziava il suo giro di ... segugio, armato di una frusta robusta e attorcigliata.
Che, però, si svolgeva non sempre normalmente, in quanto il solerte Ciccillo, per una naturale attrazione del suo mestiere, si portava dietro sempre una schiera di ragazzi, i quali, al momento opportuno, facevano di tutto, coi gesti e con le voci, in sordina o mimetizzati, a causa della presenza del tutore della legge, per richiamare l'attenzione del cane e per farlo sfuggire all'incombente minaccia  della ferrea morsa del cappio.
E quando ci riuscivano, era una scena spassosa a vedersi, in quanto 'o capuano, infuriatosi per il tradimento dei ragazzi e pieno di bile per la preda sfuggita alla cattura, la inseguiva di qua e di là con una tenace insistenza e sempre pronto a volerla ghermire, mentre dal gruppo dei presenti si levava un coro di risate e di sberleffi al suo indirizzo, che lo irritavano maggiormente.
Però, quando ci riusciva, Ciccillo lanciava con destrezza il suo cappio al collo del povero cane che non aveva scampo.
E succedeva quasi sempre.
Era diventato un'istituzione a Torre Annunziata con quel suo lavoro.
Armato di un lungo laccio snodato,
girava la città in cerca di randagi di ogni genere
che raccoglieva, depositandoli poi
nel canile municipale, in attesa di essere "riscattati"
dai padroni, o eliminati nelle camere a gas.
Agli inizi era accompagnato nel suo percorso cittadino da un carrettino di legno trainato da un asinello.
In quel carrettino prendevano posto i cani che venivano catturati da Ciccillo nel suo giro quotidiano.
Una volta riempito il carrettino di legno, rientrava al canile per lasciarli nelle gabbie, e via, alla ricerca di altri randagi da catturare.
Anche il figlio seguì le orme del padre.
Ma con i tempi moderni, il carrettino di legno e l'asinello lasciarono il posto a un furgoncino al cui seguito, inoltre, era impiegata una pattuglia dei vigili urbani per eventuali interventi di emergenza dovuti ad una eventuale ribellione dell'animale. 

*Il racconto è tratto da un articolo di Vincenzo Mistretta pubblicato dalla Voce della Provincia.
Foto tratta dalla rete- Dipendente comunale Anni Cinquanta.

martedì 10 marzo 2020

Torresi Memorie: Bartolomeo, "lo Storico"! *




Vi era un tempo un personaggio che conoscevano tutti e lo chiamavano semplicemente "Bartolomeo".

Compariva sempre nei pressi della vecchia e gloriosa scuola "Parini", e dava l'impressione che la sua figura venisse da lontano, molto lontano, e avesse ripercorso a ritroso il tempo della storia.

E di storia egli s'interessava.

Il suo incedere grave e solenne, quasi maestoso, gli conferiva l'autorità del saggio.

Nel suo volto, i cui lineamenti erano ben conformati, brillava una luce di austera che lo faceva paragonare a un senatore romano.

Anche la sua bianca e lucente chioma contribuiva a dargli l'esteriore aspetto d'un personaggio della Roma di Cesare.

Ma purtroppo gli mancava la toga.

Al posto di questa aveva una giacca di colore differente da quella dei calzoni e portano, entrambi, i segni della piu' che modesta condizione del proprietario.

Soleva, Bartolomeo, fermarsi quasi ogni mattina, poco distante dall'ingresso della scuola, qualche mezz'ora prima dell'entrata delle classi.

E subito un capannello di alunni gli si faceva intorno, salutandolo con effettuoso rispetto.

Seguiva, poi, una pausa di silenzio e quasi all'improvviso una voce: "Bartolomeo! Muzio Scevola."

E Bartolomeo, con un linguaggio chiaro, preciso, ricco di particolari e di interessanti dialoghi narrava ai presenti la nota vicenda storica, esaltando il coraggio del giovane soldato aristocratico romano.

Ed un altro dei presenti, subito dopo: "Bartolomeo! Giulio Cesare."

E il povero vecchio iniziava il racconto sul nuovo personaggio.

"Bartolomeo! La battaglia di Zama."

Poi, Scipione, le guerre puniche.

E il vagante narratore, senza mai dare segno di stanchezza, con lo sguardo fisso nel vuoto a causa dei suoi occhi quasi spenti iniziava la narrazione.  

Di ogni figura storica egli evidenziava gli aspetti morali piu' significativi.

La sua descrizione era lineare, lapidaria, non consentendo alcunché alla improvvisazione o al pressapochismo.

Chi era stato in precedenza Bartolomeo?

Un uomo di cultura, un autodidatta, uno studioso di storia romana?

Al termine della rievocazione storica, Bartolomeo rimaneva silenzioso, assorto nelle sue interiori riflessioni, come se fosse già staccato dalla realtà storica del momento per rientrare nel passato da cui era momentaneamente uscito.

Le sue condizioni erano palesemente povere, ma non tendeva la mano.

Rispettava fino in fondo la dignità della sua momentanea personificazione.

Era, invece, l'atto di amore dei pochi presenti, i quali, in uno slancio di vera gratitudine, gli si accostavano con deferenza, mettendogli quasi furtivamente in mano una piccola monete bronzea perchè egli fosse ripagata, oltre che della narrazione fatta, soprattutto dall'esempio di dignitosa compostezza che, vecchio e cieco, dava quotidianamente.

Poco prima del trillo della campanella che invitava gli alunni ad entrare nelle proprie aule, Bartolomeo ritornava, con la sua figura fiera, dietro lo spigolo del palazzo da cui era arrivato, per sparire, proprio come se fosse rientrato nella pagina di un libro di storia.

*Tratto da un articolo di Vincenzo Mistretta. 

giovedì 5 marzo 2020

MAURO MORRONE: L'ECCELLENZA AL PARLAMENTO!

Mauro Vincenzo Giorgio Morrone nasce a Torre Annunziata il 6 marzo 1812. 

Primo Presidente della Corte di appello di Napoli;

Primo Presidente della Corte di appello di Trani (Bari); Procuratore Generale della Corte di appello di Messina; 

Deputato per due legislature in cui presentò 4 disegni di legge e intervenne in 46 discussioni.


Fu uno degli artefici , col Ministro Nicotera e il sindaco  Gambardella, dell'aggregazione (1877) delle frazioni Oncino e Grazie al territorio di Torre Annunziata e firmatario del progetto di aggregazione (1879) di Boscoreale a Boscotrecase, assieme a Giovanni Della Rocca e Napodano.

Ecco la prima parte del suo intervento alla Camera dei Deputati il 25 gennaio 1879:

"Dopo l'aggregazione delle frazioni Grazie ed Oncino ai comune di Torre Annunziata, il mandamento di tal nome si è di molto ingrandito ed invece quello non lontano di Bosco Trecase si è impicciolito. Così che evvi una sproporzione dannosa che dovrebbe sparire aggregandosi il comune di Boscoreale al mandamento di Bosco Trecase, distaccandosi da Torre Annunziata cui attualmente è unito. Gli interessi di quei di Boscoreale ne sarebbero in tal modo avvantaggiati così pel disbrigo sollecito degli affari, come pel maggiore avvicinamento dell'amministrazione della giustizia agli abitanti. Il Consiglio comunale di Boscoreale fece tal voto e così opinò altresì il Consiglio Provinciale di Napoli .
In vista di tali antecedenti, i sottoscritti sottomettono all'approvazione della Camera lo schema seguente :
 Art. 1. Il comune di Boscoreale in provincia di Napoli distaccandosi dal mandamento di Torre Annunziata è aggregato a quello di Bosco Trecase... "
 


Morì a Napoli il 9 febbraio 1888.

Sulla lapide la seguente epigrafe:

«Al Comm. Mauro Morrone
giureconsulto insigne
che nel foro e nel Parlamento Italiano
con gli scritti e con la parola
illustrò Torre Annunziata.»







Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...