sabato 13 luglio 2019

Antonietta Cherillo, la "Pelè" di Torre Annunziata.


“A Antonietta Cherillo, artefice e protagonista assieme alle sue colleghe di una rivoluzione culturale contro gli stereotipi maschilisti, secondo cui le donne che giocavano a pallone erano immorali, dovevano praticare altri sport.

Poi, arrivò il ’68, e Antonietta…”



Qualche mese fa, l’amico Lello Raffaele Balzano, pubblicò questo post sul Gruppo Facebook “Racconti e Ricordi di Torre Annunziata”.

 Anni fa c'era una ragazzina che giocava a calcio dietro la Chiesa del Carmine, dove adesso c'è la statua di Peppino Ottone, all'epoca era un piccolo campetto, in fondo tutti gli spazi erano buoni per giocare a calcio. Dicevo c'era questa ragazzina che giocava benissimo e divenne una calciatrice importante, non sono sicuro, ma penso si chiamasse Maria Lamberti, giocò nella Lazio e nella nazionale femminile. Non so ma molto tempo fa seppi che era morta per un tumore al seno. Spero di aver detto una sciocchezza, che non sia morta, qualcuno ha notizie, in fondo è stata una celebrità. Era davvero fortissima, l'ho vista giocare spesso ai salesiani dove qualche volta è venuta e anche su quel marciapiede dietro la Chiesa del Carmine dove abbiamo giocato spesso insieme avrà adesso i suoi 60 anni se è ancora viva.

Seguirono numerosi commenti che confermavano e arricchivano i particolari di questa storia, fino alla rivelazione di Max Fiorenza che indicava in Antonietta Cherillo il giusto nome della ragazza torrese.

Da allora, incuriosito dal clamore e dall'interesse che suscitò quella discussione, ho cercato di trovare notizie e particolari che ci aiutassero a capire chi fosse questa ragazza e, alla fine, posso raccontarvi il seguito.

Purtroppo non è una storia che ebbe un lieto fine ma voglio ricordarla lo stesso e dedicarla a Antonietta Cherillo in quanto precursore del difficile mondo del calcio femminile, lei che ebbe la forza e il coraggio di sfidare i preconcetti maschilisti già all’inizio degli anni Sessanta.

Antonietta era nata a Torre Annunziata nel 1955, si trasferì  con la famiglia a Milano alla fine degli anni Sessanta, senza però perdere quelle che erano le sue prerogative umane: simpatia, umorismo e humor tipicamente napoletano che la facevano apprezzare dalle amiche, caratteristiche che la aiutavano ad integrarsi immediatamente nel gruppo.

Era giovanissima ma talmente forte con il pallone che restavano tutti ad ammirarla nella sua corsa, nei suoi fulminanti dribbling, divenendo da subito una delle stelle del calcio femminile nazionale.

Gommagomma, Milan con cui vinse uno scudetto e una Coppa Italia, Piacenza, Lazio con cui vinse la Coppa Italia segnando in finale contro la sua ex squadra del Milan, e diverse partite in nazionale il suo bellissimo curriculum, arricchito da numerosi gol e assist per le compagne.

Italo Quintini, uno dei primi dirigenti di calcio femminile degli anni Settanta, in una intervista di anni fa, la ricorda pubblicamente così:

“Centravanti e ala destra molto dotata, con però la mania dei dribbling, ne scartava una, due e poi si fermava per scartarla ancora. Un po' lavativa in campo, ma quando era in giornata risolveva la partita da sola!”

Elide Martini, sua compagna nella Lazio per due anni, ricorda quel brutto giorno del 1977, quando tutto ebbe inizio:

“Ricordo la prima volta che si sentì male, fu durante un allenamento, era martedì in agosto. Antonietta si appoggiò improvvisamente ad uno dei pali della porta toccandosi lo stomaco. Nessuna le credette: si pensò ad uno dei suoi soliti scherzi, ma questa volta non lo era. Da quel giorno cominciò la tragedia. La portammo immediatamente al Policlinico, dove inizialmente credettero si trattasse di una epatite virale.

Non era epatite, ma un male molto piu’ grave.

Il primo a diagnosticarlo fu il Dott. Ernesto Alicicco, medico della squadra, che nel racconto ammette la propria profonda delusione per non aver potuto fare niente per salvarla

“Fui profondamente addolorato nel constatare l’incurabilità di Antonietta.

Da un punto di vista medico posso dire che lei fisicamente e tecnicamente era inferiore a pochi. Una ragazza molto fiduciosa ed estroversa, con la quale era un piacere stare in compagnia, sempre entusiasta e piena di vita. Purtroppo ci sono casi in cui la medicina può poco o nulla…”

Segnò il suo ultimo gol al Catania, a soli 23 anni, una rete favolosa con uno stacco di testa imperioso.

Poi, il dramma, il ricovero al “Fatebenefratelli”.

Mesi di angosce, paure, timori, ma in ospedale era lei a tirare su di morale le amiche che non le fecero mai mancare il loro supporto, la loro presenza.

Il regalo piu’ bello fu quando le ragazze della Lazio gli portarono il pallone coperto di firme della vittoria contro il Valdobbiadene, che quell’anno vinse il campionato italiano, perdendo soltanto contro la Lazio.

Fu una partita disperata ma le ragazze romane lottarono e vinsero per uno a zero proprio per regalare una gioia immensa ad Antonietta.

Si spense il 6 dicembre del 1978.

A distanza di tanti anni restò vivo il suo ricordo nelle squadre in cui aveva militato, tanto che ad ogni vittoria della squadra laziale, immancabilmente, partiva la dedica alla piu’ forte di tutte loro.
Lei era Antonietta Cherillo, da Torre Annunziata.



*Grazie a Maria Teresa Casella per lo splendido articolo.


mercoledì 3 luglio 2019

Michele Merluzzo, una folle giornata da "core ngrato"!


Michele Merluzzo nacque a Torre Annunziata il 25 gennaio del 1923.


 


Figlio di Andrea e Lucia Matrone faceva parte della grande famiglia Merluzzo, soprannominata “purtuallar” (lavoratori di arance).

Complice il grande clamore che suscitò nei torresi l’incredibile cavalcata dei bianchi savoiardi nel mitico 1924, conclusasi nella doppia finale nazionale contro il Genoa per l’assegnazione dello scudetto, il calcio prese sempre piu’ piede in città.

Il grande vantaggio per la propaganda calcistica locale fu che l’entusiasmo dei tifosi non si soffermò solo sulle gesta del Savoia ma si seppe districarsi tra le nuove società.

Infatti, tra gli alti e bassi della società piu’ gloriosa, furono diverse realtà che si affacciarono alla ribalta dei campionati minori, seguite da un buon numero di appassionati.

Detto tra noi, durante quel periodo, proprio il Savoia ebbe diverse vicissitudini, guai sportivi e amministrativi, e i nostri nonni furono giocoforza “distratti” da nuove forze emergenti rinforzate da giovani promesse calcistiche.

Tra una di queste piccole squadre iniziarono i primi passi di Michele Merluzzo.

Figlio di Andrea, uno degli uomini piu’ attivi nella lotta a favore dei diritti dei lavoratori e del sindacato della categoria dei portuali e, spesso, nelle lotte a fianco delle figure di primo piano come Gino Alfani, Michele Merluzzo era anche per questo un ragazzo molto conosciuto e benvoluto tra il popolo torrese.

L’A.C. Colombari era la formazione in cui fece i suoi primi passi.

Fisicamente dotato, buona tecnica, intelligenza tattica erano i suoi punti di forza.

Era impiegato prevalentemente nel ruolo difensivo anche se, per esigente di squadra, veniva inserito talvolta come ala sulla fascia destra e, in altre occasioni, come centrocampista.

Aveva vent’anni, nel 1945, e si mise in luce già dà allora anche se il carattere sanguigno, tipico dei “purtuallari”, gli giocò un brutto scherzo.

Durante una partita nel 1947, una decisione dell’arbitro affrettata, una espulsione, forse, ritenuta esagerata, scatenò l’epilogo increscioso.

Michele prese a schiaffi il direttore di gara e per questo motivo venne sospeso dalle attività sportive fino al 19 aprile 1950!

                                                                 IL LITTORIALE 1948



Terminata la squalifica, dopo qualche apparizione alla “Pagano e Cirillo” ebbe l’occasione di indossare la casacca dell’Unione Sportiva Torrese che aveva appena rivoluzionato i ranghi dirigenziali e atletici.

A Pasquale Monaco, sindaco comunista da tre anni a Torre, venne affidata l’onere della gestione societaria.

Mancava tutto, dalle magliette ai calzettoni.

Di disponibile c’era solo il Formisano.

Rico Colombari, nuovo allenatore al ritorno a Torre Annunziata, dopo che era stato tra i giocatori piu’ acclamati del decennio precedente, lo volle con sé, facendolo esordire in prima squadra in quella che fu uno dei peggiori campionati della storia della prima squadra di Torre Annunziata, in quella serie C del 1950.

La crisi economica venne vissuta molto pesantemente anche dall’ambiente sportivo, furono ripescati giocatori che ormai avevano già dato tutto, come Antonio Del Giudice, chiamato a dare una mano a 36 anni, ma che non lesinarono la loro presenza onorando la maglia bianca.

Lo stesso Colombari allenava per una paga ridicola, con l’idea fissa di lanciare e far crescere giovani torresi alla loro prima esperienza importante.

Ultimi in campionato, Michele Merluzzo riuscì a ritagliarsi uno spazio importante, collezionando 26 partite e 2 reti.

Entrambe le reti furono segnate contro la Casertana, in tutte e due le partite fummo sconfitti.

Nel 1951, ridisegnato il quadro dirigenziale con la presidenza affidata ad Antonio Carotenuto e la guida tecnica a Ruggero Zanolla, Michele Merluzzo colleziona 16 partite mettendo a segno 3 reti, migliorando lo score dell’anno precedente con la metà delle presenze!

Contro l’Angri, schierato ad ala destra, il primo gol che valse la vittoria in trasferta il 25 novembre 1951 e, subito la settimana successiva, il 2 dicembre contro il Cral Cirio segnò il gol pareggio del tre a tre nei minuti finali che evitò una disastrosa sconfitta casalinga.

Ancora un paio di settimane successive, il 23 dicembre, il terzo gol nella vittoria casalinga contro l’Acerrana terminata tre a uno.

Terminato il campionato con una importante salvezza la Torrese affrontò l’annata 1951-52 con piu’ convinzione e anche il piazzamento finale, sesto posto, venne incontro alle aspettative di tutti.

Michele Merluzzo, in questa terza stagione a Torre Annunziata, collezionò ben 28 presenze senza segnare reti, complice la posizione in campo arretrata sulla linea dei difensori.

L’ultima partita la giocò a Pontecagnano contro la squadra di casa e terminò sullo zero a zero.

Il 1953 fu l’anno della svolta.

Il suo cartellino venne ceduto alla Paganese che aveva bisogno di un difensore duttile e atletico che, all’occorrenza potesse giostrare in altre zone del campo.

L’ottima compagine di Pagani fece la sua bella figura nella stagione 1953-54, terminando al terzo posto in classifica, dietro l’Ercolanese arrivata seconda e… la Torrese vincitrice del campionato!

L’episodio di cui si parlerà per molto tempo avvenne alla ventitreesima giornata in programma a Torre Annunziata il 28 marzo 1954.

La Torrese in testa al campionato proviene da una brutta sconfitta subita la settimana prima ad Ercolano, gli avversari diretti, e la partita contro la Paganese arriva in un momento molto delicato.

La Paganese, tra gli undici titolari, inserisce i tre ragazzi di Torre Annunziata, il portiere Cirillo e i difensori Salvatore Manfro e Michele Merluzzo.

Dopo lunga battaglia in campo tra le due compagini, il primo tempo terminò sullo zero a zero.

Nel secondo tempo succede l’incredibile!

Al 70° la Paganese passa in vantaggio con un gol di … Michele Merluzzo!

A seguito di un calcio d’angolo battuto dagli ospiti, la difesa torrese allontanò il pallone fino al vertice dell’area destra, proprio lì dove si era posizionato Michele Merluzzo.

Non era andato in quella posizione per segnare ma per marcare da vicino il proprio uomo, quell’Antonio Giglio che si era spinto in area difensiva.

Oppure no.

Forse era lì proprio perché se lo aspettava.

Sicuramente perché lo volle il destino.

La palla arrivò dolce e invitante, come quei palloni che provi e riprovi da bambino nei campi di calcetto, tra le risate generali quando poi mandi il pallone tra le classiche “tribune”.

Tiro a volo, palla nel sette, volo inutile e disperato di Alberto Nasto che avrebbe voluto morire piuttosto che prendere quel gol.

E forse avrebbe voluto morire anche Michele Merluzzo per aver segnato alla sua ex squadra.

Oppure no.

Chissà.

I tifosi dietro le transenne rimasero a bocca aperta, senza fiatare.

La squadra di Torre Annunziata vide che rischiavano di frantumarsi i sogni di promozione.

Dopo qualche minuto di sconcerto i tifosi di casa si riprendono dalla mazzata e iniziano ad inveire contro gli avversari, in special modo contro i tre torresi, colpevoli del tradimento.

Fino al novantesimo, quando successe l’altro fatto incredibile di quella partita, disegnata dal fato e dal destino a quattro mani, e che nessuno si sarebbe aspettato succedesse.

Nell’ultima azione d’attacco della Torrese, su un cross dal fondo c’è una mischia in area, e uno zampino di un calciatore tocca il pallone facendolo rotolare nella rete paganese.

Era stato Salvatore Manfro a regalare, con una autorete, il pareggio agli uomini di Torre Annunziata!

Ecco la sua confessione:

“Io, Merluzzo e Cirillo, giocavamo contro la squadra della nostra città. Dopo il gol di Michele i tifosi di Torre Annunziata ci presero di mira. Mi sentii un verme. Con il passare dei minuti cresceva il rimorso per la sconfitta che stavamo infliggendo alla Torrese in corsa per la promozione.

In una mischia a fine gara deviai di proposito il pallone nella mia rete. Cirillo mi guardò negli occhi, capì che non si trattava di un autogol fortuito… sputò a terra e mi chiamò traditore!”

Grazie a quel pareggio la Torrese riuscì a vincere il campionato davanti all’Ercolanese, di un solo punto.

Michele Merluzzo disputò quattro ottimi campionati tra la Paganese e il Sorrento, cui arrivò per espressa richiesta di quel Secondo Rossi che era stato l’idolo di Torre Annunziata qualche anno prima e che dopo gli ultimi anni da calciatore a Sorrento iniziò la carriera di allenatore l’anno successivo proprio lì in costiera.

SECONDO ROSSI E MICHELE MERLUZZO – SORRENTO- 20 MAGGIO 1956


Giocò costantemente in quei quattro anni di esilio, contribuendo con diverse marcature anche in fase realizzativa, frutto della sua grande intelligenza tattica.



Nel 1957 per Michele Merluzzo arrivò la chiamata della squadra della sua città che stavolta ritrovò sotto il nome di Unione Sportiva Savoia, presieduta da Arcangelo Arpaja.

Assieme a lui, rientrarono a Torre Annunziata, Salvatore Cirillo e Salvatore Manfro, i protagonisti di quella partita di quattro anni prima… e fermiamoci qui con le leggende!

Una strana annata quella del 1957-58.

Si partì alla grande, grazie alla verve realizzativa di un ottimo goleador come Nicola Papa, e la vetta della classifica pareva sorriderci.

Poi, un’inopinata sconfitta interna contro la Palmese (si giocava al Bellucci di Pompei), fece vacillare sogni e progetti di gloria.

Lo spogliatoio si spaccò, arrivarono altre sconfitte.

Terminammo il campionato al quarto posto dietro la Palmese nonostante la vittoria a Palma Campania contro i locali che assediarono negli spogliatoi i nostri uomini.

In quella stagione, e in particolare in quella partita vittoriosa contro la Palmese, permettetemi di puntualizzare la presenza in squadra di due miei zii, Michele Merluzzo e Nicola Papa, mentre il presidente Arpaja era presente, nel mio albero genealogico, in un ramo di miei cugini.

La stagione seguente fu l’ultima per Michele il quale disputerà 15 partite prima dell’addio, culminato con un onorevole piazzamento in campionato.

Una volta terminata la carriera calcistica ed appese le classiche scarpe al chiodo dopo una vita vissuta tra i campi regionali onorando le casacche di Torre Annunziata, Paganese e Sorrento, Michele Merluzzo ottenne un posto di lavoro nella azienda della Circumvesuviana.

Inseparabile compagno di scorribande nel territorio oplontino, dal palazzone alla centrale, il suo fidato motorino con cui amava trascorrere interi pomeriggi, incontrandosi con i vecchi amici e salutando i numerosi familiari al passaggio di ogni zona conosciuta, ricordando le mille battaglie che aveva combattuto sui campi della nostra Campania.     



Michele Merluzzo morì il 29 luglio del 2007.

martedì 2 luglio 2019

1966, 6 luglio- Celentano, i quadri e il ragazzo della via Gluck!


Una mostra di pittura.

Questo pensarono di organizzare un gruppo di giovani volenterosi torresi per omaggiare la famosa canzone di Adriano Celentano, “Il ragazzo della via Gluck”.

Furono circa quaranta i pittori di tutta Italia che si diedero appuntamento al Lido Azzurro di Torre Annunziata per una occasione davvero encomiabile.

Iniziativa di cui, ai nostri giorni, si sono perse le tracce.

Se non fosse per il ricordo di qualche vecchia pagina di giornale d’epoca, i nostri giovani stenterebbero a credere che, in quei decenni, Torre Annunziata sia stata capace di dare vita a un movimento artistico e culturale tra i piu’ influenti, capace di orientare e stimolare la vita sociale della città, e non solo.

Ritornando alla mostra, da notare nell’articolo dell’Unità del 6 luglio 1966, altre due cose: Il premio, consistente in ben quattro milioni di lire, e i nomi della giuria, composta da protagonisti assoluti della società italiana.

Don Luigi Bellomo, il cuore del tifo torrese.

*Un tributo a Luigi Bellomo:  il cuore del tifo torrese* Torre Annunziata perse uno dei suoi pilastri sportivi e cittadini con la scomparsa ...