mercoledì 25 dicembre 2019

Quel giorno a Torre, con Patsy Kensit...


Mi avvisarono solo due giorni prima della bella sorpresa.

Ventimila lire era il costo del biglietto, quello semplice per assistere al concerto di Patsy Kensit, in programma a Napoli il 28 novembre del 1988.

Lo pagarono trentamila lire.

Peppe, Agostino, Antonio e Silvio decisero di regalarmi il biglietto particolare, con accesso dietro le quinte, in modo da poterla vedere da piu’ vicino possibile. 

D’altra parte, per me che avevo un buon inglese, mi deliziava la musica delle band inglesi ma, soprattutto, la sua voce.

Ormai da mesi li martellavo con il refrain di una canzone di Patsy che mi aveva stregato per la sua bellezza, il suo look vivace, la voce caldissima.

Lei era del ’68, io del ’64, la sentivo un po' come un fratello maggiore.

Contavo i giorni che mancavano all’evento, a uno a uno, ormai era il mio chiodo fisso, l’appuntamento a cui non avrei rinunciato per nessuna ragione al mondo.

Quella fatidica mattina non andai neanche a lavorare, avevo paura di rientrare troppo stanco e di non potermi godere lo straordinario spettacolo che mi aspettava.

Presi la 127 color verde di mio padre verso le 16 e da lì mi portai verso Napoli dove parcheggiai nelle immediate vicinanze della Mostra d’Oltremare.

Erano le 17 ed ero già lì, quando poi l’ingresso era previsto per le 20.

Ero nervoso ed eccitato allo stesso tempo, forse con la stessa intensità.

Finalmente l’ingresso mi spalancò la porta verso colei che era diventata la mia beniamina, anzi, la mia ossessione.

Mi piazzai nella zona riservata ai possessori dei biglietti speciali, come previsto, così avrei potuto incrociarla all’arrivo e all’uscita dal palco.

E alle 22 e dieci la magica visione.

Mi passò davanti come un lampo, improvviso e tremendo.

Lei bellissima, forse anche di piu’ di come l’avevo sempre vista in televisione.

Completino in pelle nero, pantaloncino corto, un paio di stivaletti neri con tacco alto che la slanciavano alla grande.

E poi quel sorriso, unico, magnetico e spettacolare.

Uno spettacolo nello spettacolo solo a vederla.

Patsy attirò su di sé gli occhi di tutti coloro che erano venuti li per vedere dal vivo la nuova diva della musica anglosassone.

La mezzanotte, dopo il bis di I NOT SCARED, cambiò il corso naturale delle cose.

Dopo aver salutato i fan in delirio totale per la sua performance, fece una giravolta per scendere i quattro gradini che l’avrebbero portata nel suo camerino.

Aspettavo questo momento con ansia perché mi sarebbe dovuta di nuovo passare davanti.

Arrivata davanti al primo gradino, forse per la giravolta, oppure per i tacchi, o per il destino, Patsy scivolò e stava per cadere rovinosamente sulle scale.

Allungai le mani di scatto.

Me la ritrovai fra le braccia, illesa, miracolata dall’istintiva mia reazione.

I ragazzi del suo gruppo accorsero per aiutarla ma non ne ebbe bisogno.

Le avevo evitato una brutta caduta che avrebbe potuto portarle gravi conseguenze, magari anche solo a livello estetico, se avesse sbattuto con la faccia a terra.

Qualche istante dopo, ripresasi dallo spavento e dallo scampato pericolo, venne verso di me.

“Tonight you are my guardian angel. What's your name?” (Stasera sei il mio angelo custode. Come ti chiami?”

“Antonio.” Risposi imbarazzatissimo.

“Tony can you show me naples?” (Toni, mi fai vedere Napoli?)

Rimasi in silenzio per trenta secondi, li contai tutti.

Certo. Risposi quando ripresi fiato.

Parlò qualche secondo con il fratello, chitarrista della band, si infilò un soprabito, un cappellino per nascondere il suo caschetto biondo e mi feace cenno con la mano di seguirla.

Appena usciti dall’area secondaria le indicai il posto dove avevo l’auto parcheggiata.

“Come on, get me some air” (Dai portami a prendere un po’ d’aria. Di dove sei?)

Torre Annunziata, risposi ancora incredulo di quello che stava accadendo.

“Never heard” (Mai sentita.)

È bella, c’è il mare. E' qui vicino.

"Ok. Let's go for a ride, on the other hand you deserved it! " (Ok. Facciamo un giro da te, d’altra parte te lo sei meritato!)

In 30 minuti sfrecciai sull’autostrada come non avevo mai fatto, e lei era felice perché stava godendosi un momento di riposo dal suo massacrante tour, pieno di regole e imposizioni.

Ecco, questa è la mia città. Ti faccio vedere il mare.

Mi precipitai verso il porto, avevo il cuore in gola per i momenti emozionanti che stavo vivendo.

Patsy restò meravigliata, sussurrò qualcosa che non compresi ma si vedeva dal volto che era rimasta colpita dallo scenario maestoso e dall’aria gradevole che saliva dalle sponde del nostro porto.

Scendemmo per avvicinarci verso il muretto d’attracco, ricolmi di matasse di reti stese ad asciugare che servivano alle cianciole per la loro lavorazione di pesca.

Ci sedemmo su quelle reti.

Era una serata magnifica, credo che in cielo ci saranno state mille stelle e mille lune.

Lei mi stava regalando un sogno, e ne era consapevole, come lo ero io.

Guardando il cielo, le stelle, la luna, non notavo nessuna differenza con i suoi magnifici occhi.

Eravamo vicinissimi.

Non mi sarei mai azzardato a fare una mossa, anche se eravamo lì, uno affianco all’altra.

Lo fece lei.

Girandosi, piano piano, si avvicinò con la sua bocca verso la mia.

“Close your eyes”. (Chiudi gli occhi).

Sentii esplodere i fuochi d’artificio come la notte di Capodanno.

Ci addormentammo.

“Uagliu’, jatevenn camma j a faticà.”

Erano i marinai della San Ciro che ci svegliarono.

Ci trovarono avvolti nelle reti e non ci rendemmo conto dell’ora tardi che si era fatta.

C’eravamo addormentati come due bambini.

O come due innamorati.

Si erano fatto le cinque e Patsy doveva rientrare al suo albergo a Napoli.

“Can you accompany me?” (Mi accompagni?)

Avrei voluto dirle di no.

Avrei voluto dirle che sarebbe dovuta rimanere con me, sarebbe stata l’altra metà della mia vita, se lo desiderava.

Ma mi resi conto, subito, delle sciocchezze a cui stavo pensando, e l’accompagnai.

Arrivai all’albergo Excelsior, in via Medina, verso le 6 e mezza del mattino.

Il mattino di una giornata straordinaria.

Patsy scese dalla mia macchina, mi guardò.

“Thanks, it was nice. But now don't look for me. I will do the same. Keep our secret. We will be friends forever. " (Grazie, è stato bello. Adesso però non mi cercare. Lo stesso farò io. Mantieni il nostro segreto. Saremo amici per sempre.)

Con un groppo in gola feci cenno di si con la testa, non avendo la forza di rispondere.

La vidi scomparire dietro l’ingresso di quell’albergo e non sapevo se ridere o piangere.

In fondo quell’incontro, voluto dal fato, doveva lasciarmi qualcosa di importante, non poteva finire così, ma non sapevo cosa...

Attesi qualche minuto prima di ritornarmene a casa.

Ripresi l’autostrada e ritornando verso Torre pensavo a tutte le emozioni che Patsy mi aveva regalato.

Forse per questo, forse per la distrazione, saltai l’uscita di Torre e fui costretto a prendere quella successiva, a Pompei.

Mi avvicinai, istintivamente, verso una ragazza che percorreva il tratto di Via Plinio, nei pressi degli Scavi, con la scusa di chiederle l’ora.

Iniziammo a parlare.

Quella ragazza divenne mia moglie.

Solo con il tempo capì che Patsy, oltre alle emozioni, mi aveva regalato qualcosa di cui fino ad allora non ero stato in grado di apprezzare appieno.

L’amore.

Per Patsy ero “Toni, il mio angelo”

Nel corso degli anni non l’ho piu’ rivista, nonostante lei fosse divenuta una star mondiale e sia spesso venuta in Italia.

Non finirò mai di ringraziarla per quella notte.

Forse, quell’amore che lei aveva regalato al mio cuore, lo aveva sottratto dal suo.

Non ha avuto una vita facile.

Quattro matrimoni, quattro divorzi.

Perché Patsy è la donna che non ha paura di nulla, di nessuno.

Qualsiasi decisione, qualsiasi problema, Patsy lo ama affronta a viso aperto, accettandone i rischi e le conseguenze, anche le piu’ spiacevoli.

Anche nelle malattie, quelle terribili.

Le affronta e le vince.

Grazie Patsy per la lezione che hai saputo dare a tutti quelli che hanno paura di amare, di affrontare le sfide, di vivere.

Anche io, da allora, nei momenti difficili ricordo il tuo motto.

“I NOT SCARED”, io non ho paura!



“Andrei ovunque
non mi interessa
Io non ho paura
Non mi interessa
non ho paura
Stasera le strade sono piene di attori
Non so perché
Oh, portami via questi cani…”












martedì 10 dicembre 2019

11 dicembre 1927- Savoia- Fiorentina, la combine è servita!


L’11 dicembre 1927 la Fiorentina arriva a Torre Annunziata per affrontare il Savoia nel campionato di Serie B.

La squadra torrese navigava in cattive acque, sia dal lato finanziario che su quello sportivo.

In campo successe qualcosa di strano in quanto il Savoia resse bene la migliore organizzazione dei toscani e a dieci minuti dalla fine il pareggio era meritatissimo.

Poi, negli ultimi minuti si scatenò l’attaccante viola Miconi che realizzò una tripletta e la Fiorentina vinse 4 a 1.

Tutto finito?

Macché.

Il 2 gennaio 1928 “La Nazione” di Firenze pubblicò un articolo molto pesante secondo cui le due squadre si erano accordate per il risultato della partita disputata a Torre Annunziata.

La soffiata ai giornalisti toscani arrivò dai colleghi napoletani.

In un primo momento le due società negarono, sdegnate, le accuse ma a seguito di una indagine della Federcalcio, si accertò che i vertici societari del Savoia tentarono di corrompere i viola con un’offerta in denaro per dare forfait e regalare i due punti necessari alla salvezza.

I viola non accettarono ma non sporsero denuncia.

Giunti negli spogliatoi torresi vennero di nuovo avvicinati dai dirigenti oplontini che riprovarono con una nuova proposta: Il Savoia avrebbe perso in campo dietro un lauto compenso.

Anche questa proposta fu rifiutata, motivo per cui il Savoia impegnò fino alla fine i “non collaboranti” avversari.

Al momento di rientrare a Firenze, i viola del presidente marchese Ridolfi, non pretesero l’indennizzo federale spettante e, cosa grave, lo lasciò al Savoia a patto che la squadra torrese si fosse impegnata a bloccare Il Bari la domenica successiva, diretti avversari della Fiorentina per la promozione in Serie A.

Un premio a vincere.
Vietato, era un reato sportivo.  

A seguito di questi accertamenti il 13 gennaio vennero comminati pesanti sanzioni alle due società.

Partita persa ad entrambe, multa di 4.500 lire al Savoia e 1000 lire ai viola.

Squalifica a vita al dirigente del Savoia Angelo Guidone, due anni al vice presidente Teodoro Voiello, un anno al presidente Francesco De Nicola.

Il dirigente viola Monzani venne squalificato per due anni mentre il marchese Ridolfi, intoccabile, venne addirittura menzionato per aver fatto denuncia una volta venuto a conoscenza della combine.

Alla fine il Savoia si ritirò dal campionato per fallimento mentre la Fiorentina arrivò seconda ma venne ammessa alla Divisione Nazionale, mentre il marchese venne nominato commissario straordinario dei viola nella stagione successiva.


   

lunedì 9 dicembre 2019

SEI DOMANDE SEI- ADRIANA CAPIZZANO


       
                           SEI DOMANDE SEI... 

                               ADRIANA CAPIZZANO


1) Presentaci Adriana.


Sono Adriana Capizzano e posso definirmi un’artista in quanto l’arte abita nel mio DNA da sempre.

Dico questo perché fin da ragazzina, avvertivo questo richiamo continuo verso qualsiasi forma pittorica e, istintivamente, riproducevo segni, colori e immagini sui miei quaderni di scuola.

Ho deciso di seguire questa mia vocazione nonostante le perplessità dei miei che avevano deciso per me altri percorsi scolastici. Così son riuscita letteralmente ad estorcere l’iscrizione al Liceo Artistico SS. Apostoli di Napoli dove si sono aperti scenari fino ad allora sconosciuti: le nostre aule spesso erano il Museo Archeologico, dove disegnavamo, i Palazzi storici per i rilievi, e comunque sempre luoghi di grande interesse artistico in una città come Napoli dove l’arte ti si presenta magicamente in ogni angolo di strada.

Diversa è stata la mia esperienza a Milano dove ho frequentato l’Accademia di Brera. È noto che Milano è una città europea, un crocevia di culture che si contaminano dando vita a nuove frontiere artistiche. Lì ho conosciuto una realtà in fermento, in cui il lavoro dell’artista si confronta col mondo in una continua sperimentazione e ricerca di nuovi stimoli creativi.

Appena laureata nel luglio 2001 e dopo il superamento del concorso per entrare nella Scuola Interuniversitaria Campana di Specializzazione all’insegnamento (S.I.C.S.I) mi trasferisco a Napoli dove conseguo l’abilitazione all’insegnamento di Arte e immagine e di Disegno e Storia dell’arte. Da questo momento e fino alla nascita di mio figlio (2006) concilierò la pittura con la mia vita di madre e lavoratrice ma è proprio a questo punto che la pittura mi rapisce per trasportarmi in dimensioni parallele.



      2)Una famiglia di artisti.


Appunto … parlavo di DNA. È un caso se in una stessa famiglia nascono tanti artisti?  Diciamo che la mia famiglia è stato un luogo privilegiato dalle Muse. Tanti artisti, tutti Capizzano. Mi riferisco ad Achille, pittore, autore tra l’altro dei mosaici del Foro Italico a Roma, nonché Direttore dell’Accademia di Belle Arti. Mi riferisco al mio bisnonno Emilio, musicista e Direttore del Teatro Colon di Buenos Aires. Ma anche la mia bisnonna Maria Raiola era un soprano, diplomata al conservatorio di Napoli S. Pietro a Maiella nel 1903 e della quale ho sentito descrivere la voce meravigliosa da chi ha avuto la fortuna di ascoltarla.


3)La passione per la pittura.


Non so se ho ereditato il talento dai miei avi, ma di sicuro la passione, gli artisti sono “persone passionali” si sa…

E la pittura è davvero la mia grande passione, per passione intendo quella Forza che è capace di risucchiarti in un luogo sacro, dove si annullano spazio e tempo, una sorta di porta magica che ti permette di entrare in una dimensione dove ci si sente liberi di creare, sporcandoti di colore, liberando e dando sfogo alla parte più intima dell’essere dove coniugare lo spirito con la materia. Una passione che è dentro di te e viene misteriosamente tirata fuori, una sorta di “arte della maieutica “, quella di Socrate, per intenderci.


4) Il rapporto con la tua città.


Anche se non ho sempre vissuto a Torre Annunziata, ho capito col tempo e standone lontana quanto mi appartenessero quegli elementi che la caratterizzano e che mi sono mancati molto quando ero a Milano. Parlo del Vesuvio e del Mare, del folclore delle processioni, dei contrasti stridenti tra una realtà decadente e malinconica e le tracce di un passato luminoso, fatto di benessere e cultura. Tutto questo è stato per me spesso fonte d’ispirazione.

    
   5) Se potessi dipingere Torre.

Il fatto che io oggi insegni in una scuola media della mia città, (I.C. Vittorio Alfieri) mi ha offerto l’opportunità di sensibilizzare anche i miei alunni alla scoperta della bellezza spesso celata ma comunque evidente nei suoi scorci che non è possibile ignorare quando ci sorprendono in maniera prepotente attraverso le spiagge, il mare, i colori, le scogliere e le ville storiche.



   6) Progetto attuale. 

·  Prossimamente il 12 dicembre è in programma una mia performance pittorica nelle sale di Diffusione Teatro a Torre Annunziata.

·    Il 20 dicembre 2019 alle ore 19.00, a Palazzo Cirella in Via Toledo 228, Napoli ci sarà il vernissage della mia personale di pittura. 
Ovviamente siete invitati!

Grazie di cuore per la disponibilità alla nostra bravissima artista oplontina Adriana Capizzano a cui auguriamo sempre maggiore successo.

venerdì 6 dicembre 2019

PEPPE VIANELLO, EL SIVORI DEL SAVOIA!





Giocava sulla fascia destra e, solitamente, saltava sempre il difensore avversario fintando verso sinistra per poi andare via col pallone tra le gambe su quella fascia destra che era il suo territorio.

Grazie al baricentro basso riusciva a tenere a bada la sfera in pochissimo spazio e anche se coi suoi dribbling ubriacava l’avversario costringendolo a epiche figuracce, non ha mai irriso il diretto avversario durante l’incontro.

Il suo stile era bello da vedere, uno spettacolo per i tifosi, specie quelli arroccati sulla rete di recinzione che, in due metri, separava il rettangolo di gioco del vecchio Comunale, diventato in seguito “Alfredo Giraud”.

Giuseppe Vianello nacque il 5 gennaio 1955 a Pellestrina, una bellissima isola della laguna di Venezia.

Fin da piccolo, pratica calcio anche a dispetto di quel fisico esile che stenta a crescere.

Ma è svelo, rapido, veloce, imprendibile per tutti gli altri bambini della sua età.

A soli 17 anni debuttò nell’Union CS diventando il beniamino di casa fin dalla prima partita di campionato, il 6 febbraio 1972, quando da perfetto sconosciuto conduce la sua squadra alla vittoria finale per tre a uno contro l’Otrisarco, con colpi di tacco, finte, serpentine e rete che fanno letteralmente impazzire di gioia i tifosi di casa.

Gli viene dato un soprannome che non lascia adito a diverse interpretazioni:” El Sivori”!

Per lui il calcio era davvero divertimento, scherzava fino ad un attimo prima della partita, ma quando si cominciava era capace di trasformarsi.

Ogni partita era un incubo per l’avversario di turno, come nascondeva il pallone “El Sivori” non lo faceva nessuno, ma nonostante avesse lo stadio intero ai suoi piedi non era il tipo da montarsi la testa.

'El Sivori" era stato scoperto dall'occhio esperto di Alessandro Boscolo Pevare, che aveva visto giusto nelle canicole e lo aveva portato nelle giovanili.

«Un ragazzo disponibile, in campo sapeva inventare - ricorda Franco Dal Cin, allora D.S. in laguna - un furetto che faceva ammattire gli avversari. Al 'Ballarin" diventavano matti per lui”.

“El Sivori” è stato un idolo dei tifosi dell'Union Clodiasottomarina, un giocatore storico, con 154 e 24 gol in maglia granata.

Le sue straordinarie prestazioni non passarono sott’occhio agli scuoter e squadre come l’Inter, l’Atalanta, il Verona e il Vicenza si interessarono al piccolo e biondissimo furetto veneziano.

Purtroppo la bassa statura, da cui traeva beneficio per le sue mirabolanti giocate, diventò l’handicap che gli chiude le porte della carriera professionistica.

La stagione 1977-78 il Savoia, sotto la presidenza Immobile- Gallo, oltre a far arrivare a Torre Annunziata giocatori di spessore e qualità come Adriano Gobbetti, Stefano Francioni, Peppe Cafaro che divenne in seguito capitano dei bianchi, Fausto Montresor mitico “rosso”, riuscì a far arrivare anche il piccolo biondino tutto pepe, alla sua prima esperienza lontano da casa.

Non fu una stagione straordinaria, Peppe ebbe qualche problema con lo schema di Mister D’Alessio ma seppe dare il suo ottimo contributo quando venne impiegato nelle sue 27 partite e, con la realizzazione di quattro reti e numerosi assist, fu uno degli artefici del quarto posto finale in classifica del campionato di C2.

A fine stagione, la doccia fredda.

Il Savoia perse alle buste la sua comproprietà e Vianello ritornò al Clodiasottomarina, ma solo per un anno in quanto Mister Trebbi, appena subentrato a Zurlini sulla panchina dei bianchi, ne avallò il nuovo ingaggio.

Fu un’annata bellissima con il Savoia  che terminò al quarto posto in classifica ma mise in mostra un ottimo gioco di squadra imperniato su una super difesa composta da Valsecchi e gente del calibro di Peppe Cafaro, Flavio Borsani, Ciro Vesce, Gaetano Costa, Danilo Pierini, con un centrocampo che vide gli ultimi sprazzi di classe dell’eterno Ivan Gregori, supportato ai fianchi da Giorgio Cantelli e Adriano Gobbetti, un giovane Silvano Gualandi  che iniziava a sprizzare lampi di gioco sopraffino,  con il cecchino dei calci da fermo Antonio Natale e il sapiente Luciano Vatieri in regia ad innestare gli attacchi sulle ali dove infuriava Peppe Vianello a destra mentre a sinistra c’era la sostanza di Bartolo Qualano, tutto in funzione del terminale speciale, il centravanti Gianni Bacchiocchi.

Peppe Vianello conquistò definitivamente il cuore dei torresi, tutta Torre Annunziata lo amava.

Anche una ragazza di Torre, Maria Biscardi, non seppe resistere al suo fascino e si innamorò di lui.

Ormai il veneziano “El Sivori” era diventato, nella vita, torrese a tutti gli effetti.

Nella carriera calcistica seguirono stagioni alterne e alcune annate le disputò lontano da casa.

Andò ad Ercolano dove vinse un campionato, poi dopo un ritorno a Torre per un paio di anni, discese al Sud andando a Trebisacce, poi a Policoro, terminando la carriera in Sicilia.

Si trasferì definitivamente a Torre Annunziata, con la sua Maria ebbe tre figli, Denise, Daniele e Livio.

A fine carriera non è tanto importante ricordare le 94 presenze in maglia bianca e 11 reti, quando piuttosto lo spettacolo, la gioia, l’entusiasmo che sapeva trasmettere con il suo gioco spumeggiante.

Ogni sua finta, dribbling, fuga sulla fascia culminava sempre con un’esclamazione di clamore e approvazione da parte del tifoso.

Nel 1977, ricordando una amichevole a Torre Annunziata del Savoia contro la Nazionale Militare italiana nella cui formazione militavano Paolo Rossi, Cabrini, ecc.., si racconta che ad un certo punto il bell’Antonio nazionale (Cabrini) si infuriò talmente tanto ad un tunnel subito da Vianello che tentò un fallo da dietro.

L’azione del difensore, che di lì a poco sarebbe diventato Campione del Mondo in Spagna, fece scatenare una rissa tra i giocatori in campo.

Peppe Vianello sarà ricordato come uno tra i piu’ amati calciatori che abbiano indossato la mitica maglia bianca non solo per come interpretò la gioia del calcio ma anche per l’integrazione con cui seppe calarsi nella realtà meridionale ed adattarsi ad un nuovo stile di vita, forse diverso dai canoni veneziani che la sua origine denotava.

Improvvisa la sua morte, il 7 dicembre 2007, stroncato da un infarto a soli 53 anni, rese tutti sgomenti.

Nei luoghi nativi, dove ogni tanto ritornava, non volevano credere alla notizia.

Ai funerali erano presenti numerose bandiere degli anni 80, personaggi che hanno lasciato un segno sportivo nella storia di questa città, oltre a un numerosissimo gruppo di tifosi.

Tra loro, quella fredda mattina di dicembre, ci piace ricordare, colui che fu l’artefice della venuta di Peppe Vianello a Torre Annunziata, il presidente Franco Immobile.

Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...