sabato 30 marzo 2019

30 marzo 1972- La storia del campione e del passaggio a livello di Torre Annunziata!


Aveva già vinto il Giro ciclistico della Campania nel 1970.

Franco Bitossi, detto “cuore matto”, quella volta aveva approfittato del lavoro del suo fedelissimo gregario per giungere primo al traguardo.

Era soprannominato "Cuore matto" perché era affetto da improvvisi attacchi di tachicardia che lo costringevano a fermarsi in corsa.

Ora, dopo due anni, eccolo di nuovo sulle strade della Campania, assieme ai compagni di squadra e rivali per contendersi il prestigioso trofeo ciclistico, forse il piu’ importante che si svolgeva al Sud.

La gara era stata abbastanza lineare per tutto il tragitto campano.

Ci furono degli scatti, qualche tentativo di fuga, ma il tutto era sotto il controllo del gruppone che era riuscito a rintuzzare le varie iniziative.

Neanche la scalata dell’Agerola aveva favorito una certa selezione tra i pretendenti la vittoria finale.

Dopo quasi cinque ore di corsa e duecento chilometri percorsi, era chiaro che la svolta decisiva sarebbe arrivata nel corso della scalata al Vesuvio, sede del traguardo.

Uno dei piu’ indiavolati sembrava il buon Dancelli che non perdeva occasione per dare battaglia nella evidente intenzione di assottigliare il gruppo prima di arrivare sul Vesuvio.

Ad un certo punto nei pressi di Castellammare di Stabia inizia una decisa fuga.

Il vantaggio da parte del gruppetto guidato da Dancelli prende forma e, si pensa, che con questa andatura possano giocarsela tra loro sulla durissima salita del Vesuvio.

All’improvviso, succede l’imprevisto.

Giunti a Torre Annunziata i nostri trovano la strada sbarrata a causa della chiusura di un … passaggio a livello!!!

Inevitabilmente, la frenata del gruppetto viene salutata di buon grado dal resto dei concorrenti che inseguivano, ormai rassegnati, davanti alla loro fuga.

Tra questi, Bitossi.

Ricongiuntosi con il gruppo di testa, tutti i ciclisti si ritrovarono fermi davanti al passaggio a livello di Torre Annunziata!

La bagarre fu enorme.

Al passaggio del treno le imprecazioni degli ex fuggitivi non si sprecarono!

Riaperte le sbarre, ripresero immediatamente la fuga.

Era sempre Dancelli a menare la danza ma, stavolta, era marcato stretto dal gregario di Bitossi, il generoso Bergamo.

E proprio Bergamo fece di tutto per annullare gli ultimi sforzi di Dancelli.

Per Bitossi, che seguiva a ruota tutto lo sviluppo della fase finale, fu un gioco da ragazzi infilarsi negli ultimissimi chilometri e proiettarsi verso la vittoria finale.

Probabilmente, al grande Bitossi resterà nei suoi ricordi Torre Annunziata e, soprattutto, il passaggio a livello chiuso, senza il quale non avrebbe mai potuto vincere il Giro ciclistico della Campania il 30 marzo del 1972.  

Qualche mese dopo Franco Bitossi fu protagonista dello sfortunato epilogo dei Campionati Mondiali che si svolsero a Gap, in Francia.

Nei chilometri finali era in testa alla corsa con altri sei corridori: gli italiani Michele Dancelli (ancora lui!) Marino Basso, Eddy Merckx, Guimard, Zoetemelk, e Mortensen.

Gli italiani controllavano la gara, essendo Dancelli e Basso i due migliori velocisti del lotto. A quattro chilometri dall'arrivo, il francese Guimard provò una fuga e Bitossi lo seguì per marcarlo, visto che Guimard era pericoloso e veloce. Vedendo che Bitossi non collaborava alla fuga, Guimard rallentò.

In un'intervista Bitossi ha poi ricordato quel momento: «Ero fresco perché stavo alla ruota del francese. Ho pensato: Merckx è un amico di Guimard e non si sta dannando per inseguirlo. Dancelli e Basso sono italiani e quindi non stanno inseguendo. Guimard è stanco. Solo Zoetemelk e Mortensen potrebbero opporsi, ma sono in minoranza».

Così Bitossi scattò e si sbarazzò facilmente di Guimard. A 1.300 metri dall'arrivo, il corridore azzurro si voltò e vide il gruppetto a 300 metri. Lungo il rettilineo finale in leggera salita Zoetemelk, Guimard e Merckx lanciarono l'inseguimento, Bitossi si voltò a ripetizione e cambiò più volte rapporto nel tentativo di trovare la cadenza giusta, mentre il vento contrario ne rallentava ulteriormente la marcia.

Fu raggiunto proprio sul traguardo dal gruppo guidato dall'azzurro Basso, che lo superò sulla linea lasciandogli la medaglia d'argento

In quell’occasione Marino Basso divenne campione del mondo.
La fortuna che aveva aiutato Bitossi a Torre Annunziata non si ripropose in quella giornata, molto piu' importante, in terra francese.





     

lunedì 25 marzo 2019

25 marzo 2003- Tamburino Sampdoria, l'uomo dei record.



Personaggi di grande umanità e simpatia che hanno saputo meritarsi il ricordo e il rispetto in ogni parte del mondo. Anche questo lato caratteriale ha sempre contraddistinto il popolo torrese, capace di farsi amare dappertutto. Oggi vi voglio parlare di un uomo diventato simbolo per un'intera città per oltre cinquant'anni. Anzi, diciamola tutta. Per mezza città, quella parte il cui tifo calcistico si concentrava sui colori della Sampdoria.
Ecco, il nostro personaggio era il loro simbolo, con fischietto e tamburo a tifare per i colori blucerchiati in ogni partita della sua squadra, in casa e in trasferta.
Questo che vi propongo è l'articolo de "La Repubblica" del 27 marzo 2003, scritto a due giorni dalla sua morte. 

"Ci sarà tutta la squadra domani alle 10, presso la chiesa dell'Immacolata di Pegli, a dare l'ultimo saluto a Damiano Damoia, lo storico tamburino blucerchiato, sconfitto da un male incurabile martedì sera intorno alle 23 all' ospedale San Carlo di Voltri. L' intero mondo sampdoriano si stringerà commosso attorno alla memoria di un uomo che per anni, in modo pittoresco e simpatico, ha condotto il tifo blucerchiato. Damiano infatti era una vera e propria istituzione e ieri, fra i tanti messaggi di cordoglio, non sono mancati quelli dei tifosi rossoblù, che in questi decenni avevano imparato ad apprezzarlo, nonostante la fede calcistica avversa. Damiano Damoia ha legato la sua vita alla propria squadra del cuore. Era nato a Torre Annunziata il 22 ottobre del 1920, ma nel 1947, a 27 anni, si era trasferito a Genova in cerca di lavoro. Di Napoli, che peraltro non ha mai ripudiato, gli era rimasto solo   l'accento, sul piano calcistico c'era solo la Sampdoria, squadra che aveva imparato ad apprezzare sin dai suoi primi giorni genovesi, «durante una gara contro la Lucchese, in cui vidi tanti gol di Bassetto e presi un sacco di botte dai tifosi avversari», e per la quale ha effettuato più di 500 trasferte. Quello dei viaggi fuori Genova dietro ai suoi beniamini, soprattutto negli ultimi anni, era diventato un autentico tormentone. Damiano, che nell' ambiente conosceva tutti, ogni qualvolta incontrava un giornalista gli ricordava il numero esatto delle sue trasferte. Teneva un conto preciso e volutamente sbagliò quando attraversò la fatidica soglia delle cinquecento. In un'intervista a "Repubblica", il 14 aprile del 2001, confessò: «A Verona, nella nostra sfida contro il Chievo, taglierò il prestigioso traguardo. In verità lo avrei già tagliato due settimane fa, nel derby, per calendario fuori casa, ma è stata una partita nata male, siamo andati subito in svantaggio e io a venticinque minuti dalla fine ho preferito lasciare lo stadio: ormai avevo capito come sarebbe andata a finire». Non poteva, un'impresa così importante, essere sporcata da una sconfitta e per di più contro i cugini. Così, giocando sul fatto che comunque la sfida si era consumata a Marassi, il "tamburino" ripiegò sull' uno a uno contro il Chievo, un pareggio importante, contro una squadra destinata ad andare in serie A. Quella promozione che lui sognava tanto per la Sampdoria, dopo aver vissuto con entusiasmo quelle del '66-' 67 con il suo idolo Bernardini e dell'81-82 con Paolo Mantovani, e che purtroppo non è riuscito a vedere. Damiano se n' è andato in silenzio, dopo che per anni con il suo chiasso folkloristico aveva animato Marassi (prima la gradinata Sud e poi da anziano la tribuna, solitamente dietro la panchina dell'allenatore avversario) e Bogliasco, campo d' allenamento che raggiungeva spesso, nonostante abitasse a Pegli. Oggi la Sampdoria è di nuovo forte, come la voleva lui. Ma non sarà facile fare a meno del suo immancabile "tamburino"."

Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...