mercoledì 25 dicembre 2019

Quel giorno a Torre, con Patsy Kensit...


Mi avvisarono solo due giorni prima della bella sorpresa.

Ventimila lire era il costo del biglietto, quello semplice per assistere al concerto di Patsy Kensit, in programma a Napoli il 28 novembre del 1988.

Lo pagarono trentamila lire.

Peppe, Agostino, Antonio e Silvio decisero di regalarmi il biglietto particolare, con accesso dietro le quinte, in modo da poterla vedere da piu’ vicino possibile. 

D’altra parte, per me che avevo un buon inglese, mi deliziava la musica delle band inglesi ma, soprattutto, la sua voce.

Ormai da mesi li martellavo con il refrain di una canzone di Patsy che mi aveva stregato per la sua bellezza, il suo look vivace, la voce caldissima.

Lei era del ’68, io del ’64, la sentivo un po' come un fratello maggiore.

Contavo i giorni che mancavano all’evento, a uno a uno, ormai era il mio chiodo fisso, l’appuntamento a cui non avrei rinunciato per nessuna ragione al mondo.

Quella fatidica mattina non andai neanche a lavorare, avevo paura di rientrare troppo stanco e di non potermi godere lo straordinario spettacolo che mi aspettava.

Presi la 127 color verde di mio padre verso le 16 e da lì mi portai verso Napoli dove parcheggiai nelle immediate vicinanze della Mostra d’Oltremare.

Erano le 17 ed ero già lì, quando poi l’ingresso era previsto per le 20.

Ero nervoso ed eccitato allo stesso tempo, forse con la stessa intensità.

Finalmente l’ingresso mi spalancò la porta verso colei che era diventata la mia beniamina, anzi, la mia ossessione.

Mi piazzai nella zona riservata ai possessori dei biglietti speciali, come previsto, così avrei potuto incrociarla all’arrivo e all’uscita dal palco.

E alle 22 e dieci la magica visione.

Mi passò davanti come un lampo, improvviso e tremendo.

Lei bellissima, forse anche di piu’ di come l’avevo sempre vista in televisione.

Completino in pelle nero, pantaloncino corto, un paio di stivaletti neri con tacco alto che la slanciavano alla grande.

E poi quel sorriso, unico, magnetico e spettacolare.

Uno spettacolo nello spettacolo solo a vederla.

Patsy attirò su di sé gli occhi di tutti coloro che erano venuti li per vedere dal vivo la nuova diva della musica anglosassone.

La mezzanotte, dopo il bis di I NOT SCARED, cambiò il corso naturale delle cose.

Dopo aver salutato i fan in delirio totale per la sua performance, fece una giravolta per scendere i quattro gradini che l’avrebbero portata nel suo camerino.

Aspettavo questo momento con ansia perché mi sarebbe dovuta di nuovo passare davanti.

Arrivata davanti al primo gradino, forse per la giravolta, oppure per i tacchi, o per il destino, Patsy scivolò e stava per cadere rovinosamente sulle scale.

Allungai le mani di scatto.

Me la ritrovai fra le braccia, illesa, miracolata dall’istintiva mia reazione.

I ragazzi del suo gruppo accorsero per aiutarla ma non ne ebbe bisogno.

Le avevo evitato una brutta caduta che avrebbe potuto portarle gravi conseguenze, magari anche solo a livello estetico, se avesse sbattuto con la faccia a terra.

Qualche istante dopo, ripresasi dallo spavento e dallo scampato pericolo, venne verso di me.

“Tonight you are my guardian angel. What's your name?” (Stasera sei il mio angelo custode. Come ti chiami?”

“Antonio.” Risposi imbarazzatissimo.

“Tony can you show me naples?” (Toni, mi fai vedere Napoli?)

Rimasi in silenzio per trenta secondi, li contai tutti.

Certo. Risposi quando ripresi fiato.

Parlò qualche secondo con il fratello, chitarrista della band, si infilò un soprabito, un cappellino per nascondere il suo caschetto biondo e mi feace cenno con la mano di seguirla.

Appena usciti dall’area secondaria le indicai il posto dove avevo l’auto parcheggiata.

“Come on, get me some air” (Dai portami a prendere un po’ d’aria. Di dove sei?)

Torre Annunziata, risposi ancora incredulo di quello che stava accadendo.

“Never heard” (Mai sentita.)

È bella, c’è il mare. E' qui vicino.

"Ok. Let's go for a ride, on the other hand you deserved it! " (Ok. Facciamo un giro da te, d’altra parte te lo sei meritato!)

In 30 minuti sfrecciai sull’autostrada come non avevo mai fatto, e lei era felice perché stava godendosi un momento di riposo dal suo massacrante tour, pieno di regole e imposizioni.

Ecco, questa è la mia città. Ti faccio vedere il mare.

Mi precipitai verso il porto, avevo il cuore in gola per i momenti emozionanti che stavo vivendo.

Patsy restò meravigliata, sussurrò qualcosa che non compresi ma si vedeva dal volto che era rimasta colpita dallo scenario maestoso e dall’aria gradevole che saliva dalle sponde del nostro porto.

Scendemmo per avvicinarci verso il muretto d’attracco, ricolmi di matasse di reti stese ad asciugare che servivano alle cianciole per la loro lavorazione di pesca.

Ci sedemmo su quelle reti.

Era una serata magnifica, credo che in cielo ci saranno state mille stelle e mille lune.

Lei mi stava regalando un sogno, e ne era consapevole, come lo ero io.

Guardando il cielo, le stelle, la luna, non notavo nessuna differenza con i suoi magnifici occhi.

Eravamo vicinissimi.

Non mi sarei mai azzardato a fare una mossa, anche se eravamo lì, uno affianco all’altra.

Lo fece lei.

Girandosi, piano piano, si avvicinò con la sua bocca verso la mia.

“Close your eyes”. (Chiudi gli occhi).

Sentii esplodere i fuochi d’artificio come la notte di Capodanno.

Ci addormentammo.

“Uagliu’, jatevenn camma j a faticà.”

Erano i marinai della San Ciro che ci svegliarono.

Ci trovarono avvolti nelle reti e non ci rendemmo conto dell’ora tardi che si era fatta.

C’eravamo addormentati come due bambini.

O come due innamorati.

Si erano fatto le cinque e Patsy doveva rientrare al suo albergo a Napoli.

“Can you accompany me?” (Mi accompagni?)

Avrei voluto dirle di no.

Avrei voluto dirle che sarebbe dovuta rimanere con me, sarebbe stata l’altra metà della mia vita, se lo desiderava.

Ma mi resi conto, subito, delle sciocchezze a cui stavo pensando, e l’accompagnai.

Arrivai all’albergo Excelsior, in via Medina, verso le 6 e mezza del mattino.

Il mattino di una giornata straordinaria.

Patsy scese dalla mia macchina, mi guardò.

“Thanks, it was nice. But now don't look for me. I will do the same. Keep our secret. We will be friends forever. " (Grazie, è stato bello. Adesso però non mi cercare. Lo stesso farò io. Mantieni il nostro segreto. Saremo amici per sempre.)

Con un groppo in gola feci cenno di si con la testa, non avendo la forza di rispondere.

La vidi scomparire dietro l’ingresso di quell’albergo e non sapevo se ridere o piangere.

In fondo quell’incontro, voluto dal fato, doveva lasciarmi qualcosa di importante, non poteva finire così, ma non sapevo cosa...

Attesi qualche minuto prima di ritornarmene a casa.

Ripresi l’autostrada e ritornando verso Torre pensavo a tutte le emozioni che Patsy mi aveva regalato.

Forse per questo, forse per la distrazione, saltai l’uscita di Torre e fui costretto a prendere quella successiva, a Pompei.

Mi avvicinai, istintivamente, verso una ragazza che percorreva il tratto di Via Plinio, nei pressi degli Scavi, con la scusa di chiederle l’ora.

Iniziammo a parlare.

Quella ragazza divenne mia moglie.

Solo con il tempo capì che Patsy, oltre alle emozioni, mi aveva regalato qualcosa di cui fino ad allora non ero stato in grado di apprezzare appieno.

L’amore.

Per Patsy ero “Toni, il mio angelo”

Nel corso degli anni non l’ho piu’ rivista, nonostante lei fosse divenuta una star mondiale e sia spesso venuta in Italia.

Non finirò mai di ringraziarla per quella notte.

Forse, quell’amore che lei aveva regalato al mio cuore, lo aveva sottratto dal suo.

Non ha avuto una vita facile.

Quattro matrimoni, quattro divorzi.

Perché Patsy è la donna che non ha paura di nulla, di nessuno.

Qualsiasi decisione, qualsiasi problema, Patsy lo ama affronta a viso aperto, accettandone i rischi e le conseguenze, anche le piu’ spiacevoli.

Anche nelle malattie, quelle terribili.

Le affronta e le vince.

Grazie Patsy per la lezione che hai saputo dare a tutti quelli che hanno paura di amare, di affrontare le sfide, di vivere.

Anche io, da allora, nei momenti difficili ricordo il tuo motto.

“I NOT SCARED”, io non ho paura!



“Andrei ovunque
non mi interessa
Io non ho paura
Non mi interessa
non ho paura
Stasera le strade sono piene di attori
Non so perché
Oh, portami via questi cani…”












martedì 10 dicembre 2019

11 dicembre 1927- Savoia- Fiorentina, la combine è servita!


L’11 dicembre 1927 la Fiorentina arriva a Torre Annunziata per affrontare il Savoia nel campionato di Serie B.

La squadra torrese navigava in cattive acque, sia dal lato finanziario che su quello sportivo.

In campo successe qualcosa di strano in quanto il Savoia resse bene la migliore organizzazione dei toscani e a dieci minuti dalla fine il pareggio era meritatissimo.

Poi, negli ultimi minuti si scatenò l’attaccante viola Miconi che realizzò una tripletta e la Fiorentina vinse 4 a 1.

Tutto finito?

Macché.

Il 2 gennaio 1928 “La Nazione” di Firenze pubblicò un articolo molto pesante secondo cui le due squadre si erano accordate per il risultato della partita disputata a Torre Annunziata.

La soffiata ai giornalisti toscani arrivò dai colleghi napoletani.

In un primo momento le due società negarono, sdegnate, le accuse ma a seguito di una indagine della Federcalcio, si accertò che i vertici societari del Savoia tentarono di corrompere i viola con un’offerta in denaro per dare forfait e regalare i due punti necessari alla salvezza.

I viola non accettarono ma non sporsero denuncia.

Giunti negli spogliatoi torresi vennero di nuovo avvicinati dai dirigenti oplontini che riprovarono con una nuova proposta: Il Savoia avrebbe perso in campo dietro un lauto compenso.

Anche questa proposta fu rifiutata, motivo per cui il Savoia impegnò fino alla fine i “non collaboranti” avversari.

Al momento di rientrare a Firenze, i viola del presidente marchese Ridolfi, non pretesero l’indennizzo federale spettante e, cosa grave, lo lasciò al Savoia a patto che la squadra torrese si fosse impegnata a bloccare Il Bari la domenica successiva, diretti avversari della Fiorentina per la promozione in Serie A.

Un premio a vincere.
Vietato, era un reato sportivo.  

A seguito di questi accertamenti il 13 gennaio vennero comminati pesanti sanzioni alle due società.

Partita persa ad entrambe, multa di 4.500 lire al Savoia e 1000 lire ai viola.

Squalifica a vita al dirigente del Savoia Angelo Guidone, due anni al vice presidente Teodoro Voiello, un anno al presidente Francesco De Nicola.

Il dirigente viola Monzani venne squalificato per due anni mentre il marchese Ridolfi, intoccabile, venne addirittura menzionato per aver fatto denuncia una volta venuto a conoscenza della combine.

Alla fine il Savoia si ritirò dal campionato per fallimento mentre la Fiorentina arrivò seconda ma venne ammessa alla Divisione Nazionale, mentre il marchese venne nominato commissario straordinario dei viola nella stagione successiva.


   

lunedì 9 dicembre 2019

SEI DOMANDE SEI- ADRIANA CAPIZZANO


       
                           SEI DOMANDE SEI... 

                               ADRIANA CAPIZZANO


1) Presentaci Adriana.


Sono Adriana Capizzano e posso definirmi un’artista in quanto l’arte abita nel mio DNA da sempre.

Dico questo perché fin da ragazzina, avvertivo questo richiamo continuo verso qualsiasi forma pittorica e, istintivamente, riproducevo segni, colori e immagini sui miei quaderni di scuola.

Ho deciso di seguire questa mia vocazione nonostante le perplessità dei miei che avevano deciso per me altri percorsi scolastici. Così son riuscita letteralmente ad estorcere l’iscrizione al Liceo Artistico SS. Apostoli di Napoli dove si sono aperti scenari fino ad allora sconosciuti: le nostre aule spesso erano il Museo Archeologico, dove disegnavamo, i Palazzi storici per i rilievi, e comunque sempre luoghi di grande interesse artistico in una città come Napoli dove l’arte ti si presenta magicamente in ogni angolo di strada.

Diversa è stata la mia esperienza a Milano dove ho frequentato l’Accademia di Brera. È noto che Milano è una città europea, un crocevia di culture che si contaminano dando vita a nuove frontiere artistiche. Lì ho conosciuto una realtà in fermento, in cui il lavoro dell’artista si confronta col mondo in una continua sperimentazione e ricerca di nuovi stimoli creativi.

Appena laureata nel luglio 2001 e dopo il superamento del concorso per entrare nella Scuola Interuniversitaria Campana di Specializzazione all’insegnamento (S.I.C.S.I) mi trasferisco a Napoli dove conseguo l’abilitazione all’insegnamento di Arte e immagine e di Disegno e Storia dell’arte. Da questo momento e fino alla nascita di mio figlio (2006) concilierò la pittura con la mia vita di madre e lavoratrice ma è proprio a questo punto che la pittura mi rapisce per trasportarmi in dimensioni parallele.



      2)Una famiglia di artisti.


Appunto … parlavo di DNA. È un caso se in una stessa famiglia nascono tanti artisti?  Diciamo che la mia famiglia è stato un luogo privilegiato dalle Muse. Tanti artisti, tutti Capizzano. Mi riferisco ad Achille, pittore, autore tra l’altro dei mosaici del Foro Italico a Roma, nonché Direttore dell’Accademia di Belle Arti. Mi riferisco al mio bisnonno Emilio, musicista e Direttore del Teatro Colon di Buenos Aires. Ma anche la mia bisnonna Maria Raiola era un soprano, diplomata al conservatorio di Napoli S. Pietro a Maiella nel 1903 e della quale ho sentito descrivere la voce meravigliosa da chi ha avuto la fortuna di ascoltarla.


3)La passione per la pittura.


Non so se ho ereditato il talento dai miei avi, ma di sicuro la passione, gli artisti sono “persone passionali” si sa…

E la pittura è davvero la mia grande passione, per passione intendo quella Forza che è capace di risucchiarti in un luogo sacro, dove si annullano spazio e tempo, una sorta di porta magica che ti permette di entrare in una dimensione dove ci si sente liberi di creare, sporcandoti di colore, liberando e dando sfogo alla parte più intima dell’essere dove coniugare lo spirito con la materia. Una passione che è dentro di te e viene misteriosamente tirata fuori, una sorta di “arte della maieutica “, quella di Socrate, per intenderci.


4) Il rapporto con la tua città.


Anche se non ho sempre vissuto a Torre Annunziata, ho capito col tempo e standone lontana quanto mi appartenessero quegli elementi che la caratterizzano e che mi sono mancati molto quando ero a Milano. Parlo del Vesuvio e del Mare, del folclore delle processioni, dei contrasti stridenti tra una realtà decadente e malinconica e le tracce di un passato luminoso, fatto di benessere e cultura. Tutto questo è stato per me spesso fonte d’ispirazione.

    
   5) Se potessi dipingere Torre.

Il fatto che io oggi insegni in una scuola media della mia città, (I.C. Vittorio Alfieri) mi ha offerto l’opportunità di sensibilizzare anche i miei alunni alla scoperta della bellezza spesso celata ma comunque evidente nei suoi scorci che non è possibile ignorare quando ci sorprendono in maniera prepotente attraverso le spiagge, il mare, i colori, le scogliere e le ville storiche.



   6) Progetto attuale. 

·  Prossimamente il 12 dicembre è in programma una mia performance pittorica nelle sale di Diffusione Teatro a Torre Annunziata.

·    Il 20 dicembre 2019 alle ore 19.00, a Palazzo Cirella in Via Toledo 228, Napoli ci sarà il vernissage della mia personale di pittura. 
Ovviamente siete invitati!

Grazie di cuore per la disponibilità alla nostra bravissima artista oplontina Adriana Capizzano a cui auguriamo sempre maggiore successo.

venerdì 6 dicembre 2019

PEPPE VIANELLO, EL SIVORI DEL SAVOIA!





Giocava sulla fascia destra e, solitamente, saltava sempre il difensore avversario fintando verso sinistra per poi andare via col pallone tra le gambe su quella fascia destra che era il suo territorio.

Grazie al baricentro basso riusciva a tenere a bada la sfera in pochissimo spazio e anche se coi suoi dribbling ubriacava l’avversario costringendolo a epiche figuracce, non ha mai irriso il diretto avversario durante l’incontro.

Il suo stile era bello da vedere, uno spettacolo per i tifosi, specie quelli arroccati sulla rete di recinzione che, in due metri, separava il rettangolo di gioco del vecchio Comunale, diventato in seguito “Alfredo Giraud”.

Giuseppe Vianello nacque il 5 gennaio 1955 a Pellestrina, una bellissima isola della laguna di Venezia.

Fin da piccolo, pratica calcio anche a dispetto di quel fisico esile che stenta a crescere.

Ma è svelo, rapido, veloce, imprendibile per tutti gli altri bambini della sua età.

A soli 17 anni debuttò nell’Union CS diventando il beniamino di casa fin dalla prima partita di campionato, il 6 febbraio 1972, quando da perfetto sconosciuto conduce la sua squadra alla vittoria finale per tre a uno contro l’Otrisarco, con colpi di tacco, finte, serpentine e rete che fanno letteralmente impazzire di gioia i tifosi di casa.

Gli viene dato un soprannome che non lascia adito a diverse interpretazioni:” El Sivori”!

Per lui il calcio era davvero divertimento, scherzava fino ad un attimo prima della partita, ma quando si cominciava era capace di trasformarsi.

Ogni partita era un incubo per l’avversario di turno, come nascondeva il pallone “El Sivori” non lo faceva nessuno, ma nonostante avesse lo stadio intero ai suoi piedi non era il tipo da montarsi la testa.

'El Sivori" era stato scoperto dall'occhio esperto di Alessandro Boscolo Pevare, che aveva visto giusto nelle canicole e lo aveva portato nelle giovanili.

«Un ragazzo disponibile, in campo sapeva inventare - ricorda Franco Dal Cin, allora D.S. in laguna - un furetto che faceva ammattire gli avversari. Al 'Ballarin" diventavano matti per lui”.

“El Sivori” è stato un idolo dei tifosi dell'Union Clodiasottomarina, un giocatore storico, con 154 e 24 gol in maglia granata.

Le sue straordinarie prestazioni non passarono sott’occhio agli scuoter e squadre come l’Inter, l’Atalanta, il Verona e il Vicenza si interessarono al piccolo e biondissimo furetto veneziano.

Purtroppo la bassa statura, da cui traeva beneficio per le sue mirabolanti giocate, diventò l’handicap che gli chiude le porte della carriera professionistica.

La stagione 1977-78 il Savoia, sotto la presidenza Immobile- Gallo, oltre a far arrivare a Torre Annunziata giocatori di spessore e qualità come Adriano Gobbetti, Stefano Francioni, Peppe Cafaro che divenne in seguito capitano dei bianchi, Fausto Montresor mitico “rosso”, riuscì a far arrivare anche il piccolo biondino tutto pepe, alla sua prima esperienza lontano da casa.

Non fu una stagione straordinaria, Peppe ebbe qualche problema con lo schema di Mister D’Alessio ma seppe dare il suo ottimo contributo quando venne impiegato nelle sue 27 partite e, con la realizzazione di quattro reti e numerosi assist, fu uno degli artefici del quarto posto finale in classifica del campionato di C2.

A fine stagione, la doccia fredda.

Il Savoia perse alle buste la sua comproprietà e Vianello ritornò al Clodiasottomarina, ma solo per un anno in quanto Mister Trebbi, appena subentrato a Zurlini sulla panchina dei bianchi, ne avallò il nuovo ingaggio.

Fu un’annata bellissima con il Savoia  che terminò al quarto posto in classifica ma mise in mostra un ottimo gioco di squadra imperniato su una super difesa composta da Valsecchi e gente del calibro di Peppe Cafaro, Flavio Borsani, Ciro Vesce, Gaetano Costa, Danilo Pierini, con un centrocampo che vide gli ultimi sprazzi di classe dell’eterno Ivan Gregori, supportato ai fianchi da Giorgio Cantelli e Adriano Gobbetti, un giovane Silvano Gualandi  che iniziava a sprizzare lampi di gioco sopraffino,  con il cecchino dei calci da fermo Antonio Natale e il sapiente Luciano Vatieri in regia ad innestare gli attacchi sulle ali dove infuriava Peppe Vianello a destra mentre a sinistra c’era la sostanza di Bartolo Qualano, tutto in funzione del terminale speciale, il centravanti Gianni Bacchiocchi.

Peppe Vianello conquistò definitivamente il cuore dei torresi, tutta Torre Annunziata lo amava.

Anche una ragazza di Torre, Maria Biscardi, non seppe resistere al suo fascino e si innamorò di lui.

Ormai il veneziano “El Sivori” era diventato, nella vita, torrese a tutti gli effetti.

Nella carriera calcistica seguirono stagioni alterne e alcune annate le disputò lontano da casa.

Andò ad Ercolano dove vinse un campionato, poi dopo un ritorno a Torre per un paio di anni, discese al Sud andando a Trebisacce, poi a Policoro, terminando la carriera in Sicilia.

Si trasferì definitivamente a Torre Annunziata, con la sua Maria ebbe tre figli, Denise, Daniele e Livio.

A fine carriera non è tanto importante ricordare le 94 presenze in maglia bianca e 11 reti, quando piuttosto lo spettacolo, la gioia, l’entusiasmo che sapeva trasmettere con il suo gioco spumeggiante.

Ogni sua finta, dribbling, fuga sulla fascia culminava sempre con un’esclamazione di clamore e approvazione da parte del tifoso.

Nel 1977, ricordando una amichevole a Torre Annunziata del Savoia contro la Nazionale Militare italiana nella cui formazione militavano Paolo Rossi, Cabrini, ecc.., si racconta che ad un certo punto il bell’Antonio nazionale (Cabrini) si infuriò talmente tanto ad un tunnel subito da Vianello che tentò un fallo da dietro.

L’azione del difensore, che di lì a poco sarebbe diventato Campione del Mondo in Spagna, fece scatenare una rissa tra i giocatori in campo.

Peppe Vianello sarà ricordato come uno tra i piu’ amati calciatori che abbiano indossato la mitica maglia bianca non solo per come interpretò la gioia del calcio ma anche per l’integrazione con cui seppe calarsi nella realtà meridionale ed adattarsi ad un nuovo stile di vita, forse diverso dai canoni veneziani che la sua origine denotava.

Improvvisa la sua morte, il 7 dicembre 2007, stroncato da un infarto a soli 53 anni, rese tutti sgomenti.

Nei luoghi nativi, dove ogni tanto ritornava, non volevano credere alla notizia.

Ai funerali erano presenti numerose bandiere degli anni 80, personaggi che hanno lasciato un segno sportivo nella storia di questa città, oltre a un numerosissimo gruppo di tifosi.

Tra loro, quella fredda mattina di dicembre, ci piace ricordare, colui che fu l’artefice della venuta di Peppe Vianello a Torre Annunziata, il presidente Franco Immobile.

venerdì 15 novembre 2019

"Sei Domande Sei" - Gea Martire, dagli esordi torresi al successo...



Proseguono gli incontri con personaggi illustri che fanno onore alla nostra cittadina con la loro straordinaria professionalità e bravura.
Oggi è il turno di un'attrice che tra cinema, teatro e televisione, ha già lavorato con i massimi registi italiani e internazionali.
Gerarda Martire, per tutti Gea, è nata a Torre Annunziata il 7 luglio 1959.
Dopo i primi inizi nei teatri cittadini, il suo debutto nel cinema è datato 1984, alla corte di Dino Risi.
Da allora un crescendo di successi e gratificazioni.
Fino al suo attuale progetto che la vede protagonista a teatro con una performance assolutamente straordinaria nel ruolo principale di Donna Clotilde nel "Ferdinando" di Annibale Ruccello con la regia di Nadia Baldi.

                                                 SEI DOMANDE SEI
    GEA MARTIRE 

1- Ci presenti Gea. 


Difficile parlare di sé stessi. Posso dire di me come di chiunque: fatta di luci e ombre, alture e crepacci. Ma di fondo c'è sempre l’entusiasmo che si può, a volte, assopire ma non muore mai.



2 Ricordi di una bambina torrese.


Il mare, il litorale di Torre, le giornate estive al Lido Azzurro, la certezza di essere nata e di crescere in mezzo alla bellezza della natura, sotto il Vesuvio. Ma poi è cambiato tutto. Quella certezza è diventata dubbio.

 L' uomo è capace di rovinare più che di preservare e alcune città, province, molte del sud purtroppo, ne sono prova indiscutibile. 


3 Dal Centro Teatrale Torrese hai spiccato il volo. 


Al centro teatrale torrese ho conosciuto l’amore per il teatro grazie a persone appassionate e straordinari attori: Salvatore Caraviello, Peppe Abate, Emilio Striano, Giacinto Fiorenza, Vincenzo Cirillo, Antonio Annunziata… 
Poi c'eravamo le ragazze: io, Cesira Izzo, Nunzia, le sorelle Monsurro', Mirella Azzurro.... 
Il mio pensiero va a Lello Abate, al mio amato zio Armando Azzurro degli ex allievi e ancora quanti hanno fatto della mia adolescenza un’età meravigliosa! Che gioia! Che divertimento! Dai 13 ai 18 anni ho frequentato e recitato al centro ed è lì che ho conosciuto quell'entusiasmo che non mi ha più lasciata. Recitavamo il repertorio cui attingono di solito gli amatoriali: De Filippo, Scarpetta, Petito ed erano spettacoli strepitosi! Divertimento e grande impegno, gioco e dedizione.


4 Il rapporto con Torre Annunziata.


Io sono nata e cresciuta nella zona sud di Torre, quella che, un tempo, era piena di pastifici. 
Via Cavour 14. La zona che ha più patito il deterioramento, l'abbandono, il degrado. É stato un dolore, un disagio. 
Quindi la partenza, il distacco. Ma quando torno a Torre, anche se ormai di rado, l’emozione è forte. 
In quelle strade, in quel mare guardavo al futuro, mi preparavo, mi formavo, quei pastifici che non ci sono più mi hanno impastata. 
A proposito, saluti al glorioso pastificio Setaro che resiste e continua a produrre la migliore pasta.




5 Hai conosciuto personaggi straordinari. 


SÌ, ho avuto la fortuna di lavorare con i grandi del cinema italiano: Alberto Sordi, Giancarlo Giannini, Scola, Monicelli, Verdone, Nanni Loy, Sofia Loren, Ugo Tognazzi, Carlo Vanzina e poi, più di recente, Antonio Capuano, Daniele Luchetti, Enrico Iannaccone, Massimo Gaudioso....
Poi il teatro: Luca de Filippo, Silvio Orlando, Enzo Moscato, Squarzina, Armando Pugliese, Foa’…. 
Poi la televisione....... 
La lista è lunga e i curricula noiosi. Esperienze interessanti, non tutte felici ma tutte formative. Persone dolci, persone burbere, colleghi piacevoli, altri meno. Il bello di questo lavoro, uno dei motivi per cui l’ho scelto, è che i contratti hanno una scadenza e tutto cambia: ruolo da recitare, compagni di lavoro, registi, produzione e ricominci sempre da capo. Se hai difficoltà di ambientazione o relazioni puoi guardare con distacco e curiosità perché sai che tutto cambierà.




6 Il presente e il sogno nel cassetto.


Il presente: FERDINANDO di Annibale Ruccello in teatro e una puntata del Commissario Ricciardi per la televisione dai romanzi di Maurizio de Giovanni. Il mio sogno nel cassetto: non avere più cassetti dove ficcare i sogni perché non fai in tempo a sognarli che sono già realtà.

Grazie a Gea Martire per la bella chiacchierata resa in esclusiva ai lettori del blog "Torresi Memorie" e per la Pagina Facebook "Ricordi e Racconti di Torre Annunziata". 

venerdì 8 novembre 2019

IDA LA RANA - Tra Oplonia, Torre, Totò e Sofia....


SEI DOMANDE SEI...


                                                         IDA LA RANA


Tra gli artisti oplontini del nostro tempo, non possiamo fare a meno di fare quattro chiacchiere con Ida La Rana, autrice di libri illustrati e pittrice (spesso vignettista quando stuzzicata da tematiche politiche-sociali), che proprio in questo periodo troviamo al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) con delle sue magnifiche illustrazioni dal sapore “partenopeo-onirico” dedicate alla grande Matilde Serao e dunque, come sempre, dall’eccellente contenuto culturale. La nostra artista ha uno spirito fortemente identitario e le sue radici emergono costantemente, riportando a quel  classicismo che resta la sua fonte di ispirazione:  la sua pubblicazione per il  testo universitario "Georgiche" (a cura di C.Formicola - Loffredo Editore) ne è un esempio delicato e lirico; mentre l’amore per le tematiche sociali partenopee trovano, per la prima volta, la loro espressione in “Matteo”, ovvero storia di un “muschillo”  che viene pubblicata nel 1997  in Germania  (come spesso accade qui, nemo profeta in patria),  dove ha ottenuto un notevole successo ed è diventata anche spunto per un copione teatrale di una scuola tedesca, anticipando di anni l’attenzione sui nostri scugnizzelli-muschilli, figure tanto prese a cuore dalla nostra Ida, perché non solo è un’artista a tutto tondo, ma anche docente in una delle realtà vesuviane alquanto complesse.
Qui a Torre è conosciuta, oltre che per i premi per la sua pittura, soprattutto per la sirena “Oplonia”, una sua fiaba in versi illustrata nel 2015, ma successivamente anche per le fantasiose e baroccheggianti immagini per “Le due pizzette” e “Lo cunto di Zoza” , due fiabe illustrate tratte dal Pentamerone di G.Basile.

1- Si presenti, Ida La Rana.

…beh, intanto davvero grazie per aver pensato a me come concittadina che cerca di non dimenticare mai le proprie origini quando “comunica” attraverso i propri linguaggi espressivi.
E’ difficile parlar di sé. Ci provo: qualcuno scherzosamente mi ha definita una “pittrice-illustr-autrice”, ed io me ne lusingo volentieri quando sono “obbligata” a guardarmi dal di fuori… uno sguardo, il mio, davvero difficilissimo per il modo di essere alquanto schiva. La mia passione per la scrittura e l’illustrazione la devo al continuo desiderio di voler a tutti i costi essere quanto più comunicativa possibile: per poter essere “efficace”, sono sempre stata mossa dalla necessità di produrre un’analisi introspettiva non solo scritta ma anche “illustrata”, che non possa dare adito a fraintendimenti ma essere chiara, schietta; è questa   una modalità che ora utilizzo soprattutto con i miei alunni, quando invito loro ad illustrare le emozioni più intense per cercare la consapevolezza del proprio bagaglio emotivo. Trovo invece ancora più “intima” la pittura: credo non debba illustrare una narrazione o parte di essa, ma evocare esplicitamente, indicare in modo immediato la liricità di quei retropensieri inespressi ma tuttavia fluiti lì, sulla tela, impastati dai colori e ricomposti in segni, pronti per essere “letti”.

I contenuti delle mie opere spesso sono dedicati ai grandi personaggi della nostra terra: si, ho un fortissimo senso di appartenenza e sono orgogliosissima delle mie radici oplontine così come quelle meridionali; ho avuto l’opportunità di portare in mostra al PAN,  per  cinque anni consecutivi, le mie opere non solo pittoriche, ma anche narrative,  per onorare proprio le grandi “anime partenopee e mediterranee” e tutto questo è in perfetta linea con il mio senso identitario.
2- Viene d’obbligo la seconda domanda: nelle tue creazioni artistiche ci sono riferimenti prettamente espliciti anche alla nostra Torre?

Si, certo! Il personaggio della mia fiaba in versi si chiama proprio “Oplonia”, una sirena che giace sui neri fondali del nostro mare e nell’illustrarla ho pensato all’Oncino, ho ricordato la casa dove abitava un mio zio: aveva una terrazza che affacciava sugli scogli ed io restavo lì incantata a sentire le onde e… mi lasciavo rapire dall’immaginazione, fantasticavo perdendomi proprio come Oplonia quando “mirava il suo sogno nel cielo…”
Torre mi ispira costantemente: siamo fortunati a vivere in questo meraviglioso posto, il Vesuvio alle nostre spalle sembra voler proteggerci  più che minacciarci, tutto il mondo, compresa Napoli stessa, lo guarda da lontano e si commuove  quando si tinge di rosa al tramonto, ma non dimentichiamo che sono le nostre case ad essere intrise di quel colore, siamo noi vesuviani a condividere il suo respiro, poggiamo i nostri piedi sui suoi, noi… un tutt’uno col Vesuvio.

3- Ci sono luoghi della città che ti rappresentano o esprimono un tuo stato d’animo? 

Naturalmente tutti quelli che hanno contribuito alla mia educazione sentimentale: ho scoperto di non avere una memoria toponomastica della mia città, ma soltanto emotiva. Ci sono posti dove si sono infranti sogni, rinnegati amori, altri intrisi della nostalgia degli affetti mancati, e qualcuno che ha fatto quasi da lavatoio della mia coscienza; e così mi ritrovo spesso a ritornare nel "Vico del primo bacio", in "Via della scenata di  gelosia subita", nella "Piazza del cinema dove mi portava il mio papà da piccola", giù al "Litorale dello sguardo all'orizzonte per dare il limite naturale alle attese"…




4- Hai una bacchetta magica: la prima cosa che faresti per migliorare la nostra città.   
Ridarle la memoria!
Guardare indietro per progettare il futuro  dei nostri giovani qui, nella nostra città,  dove i nostri avi hanno avuto la capacità di darle lustro  con  la loro dignitosa e onorevole operosità; bisognerebbe recuperare quel loro entusiasmo e quella  capacità di   evolversi produttivamente onestamente e all'insegna di sani valori per trasmetterli ai nostri figli, così da poter dare loro la spinta per poter ricominciare per restare. Vorrei citare le parole di Matilde Serao che nel diario dell'eruzione del 1906,   “Sterminator Vesevo” , descrivono proprio la nostra città e a leggerle sicuramente inorgoglisce qualsiasi oplontino: “Noi pensiamo: troveremo in vita Torre Annunziata che è focolare di pensiero, di azione, di lavoro, Torre Annunziata, onor nostro e gloria nostra, viva e ferma, perché la sua vita ha un alto significato, giacché la sua popolazione è grande, è attiva, è laboriosissima. Così pensiamo e speriamo, entrando in Torre Annunziata. Ahimè!... tutte le sue case sono chiuse, tutte le sue industrie sono deserte, chiusi i suoi opifici, le sue fabbriche, i suoi stabilimenti […] Vediamo curvarsi degli alberi; sono i bei cipressi, i floridi cipressi del cimitero di Torre Annunziata, uno dei cimiteri più lindi, più pieni di poesia che io abbia mai visto”.
Ma sembra che il racconto della nostra memoria storica sia soltanto interesse dei pochi appassionati, invece dev’essere assolutamente motivo di orgoglio e di riferimento  anche per i nostri giovani: con le attuali tecnologie e concrete possibilità di acquisire sempre più competenze specifiche, si può reindirizzare un proficuo percorso volto ad un dignitoso futuro!


5- Progetti e sogni nel cassetto di Ida La Rana.
Ah, tantissimi, spero soltanto di avere il tempo e le opportunità per realizzarli; intanto  intensifico il passo ed incrocio le dita...
6- qual è l'ultima  opera realizzata?
È proprio di questi giorni, l'ho dedicata al grande Totò e a Sofia Loren,  donata all’associazione Quartieri Spagnoli ed è esposta nel vico Totò (porta Carrese), dove ci sono murales di bravissimi artisti napoletani. Aver dato il mio piccolo contributo per ricordare  l'adoratissimo Totò è stato un grandissimo onore! 

________________________
Ida,  ormai sei anche negli itinerari turistici partenopei!
A noi non resta ora che seguirti in questo tuo meraviglioso percorso artistico ed attendiamo le tue  prossime opere!
Ad maiora







https://www.youtube.com/watch?v=730LEYw_XFA&t=45s


https://www.youtube.com/watch?v=iWBcsksnvBc&t=11s

lunedì 4 novembre 2019

1978, 5 novembre- Arriva Ivan Gregori, il direttore d'orchestra!


Una giornata quasi storica per il calcio torrese quella del 5 novembre 1978.

Debutta nel Savoia uno dei piu’ forti centrocampisti italiani, Ivan Gregori.

Al suo attivo oltre duecento presenze nella massima serie nazionale.

Il suo ingaggio è un autentico colpo da novanta da parte del presidentissimo Franco Immobile che, aiutato dagli zii Michele e Pasquale Gallo, è deciso ad affrontare la C2 a testa alta.

L’inizio del campionato non soddisfa le attese della dirigenza e dei tifosi e solo con l’innesto di Gregori e Qualano la stagione prende una piega diversa.

Uno degli artefici di quella stagione, il prof. Giuseppe Sasso, uomo ovunque del Savoia, racconta:


” Non dimenticherò mai, nella campagna acquisti del novembre del 1978, dopo l’accordo raggiunto a Milano con la Società del Cagliari, per la cessione del calciatore Ivan Gregori, per poterlo impiegare in campionato nella successiva gara del 5 novembre a Sorrento, era necessario regolarizzare il trasferimento. In aereo al mattino raggiunsi Cagliari, dopo aver raccolto la necessaria documentazione, di nuovo in aereo raggiunsi Firenze, dove in Lega ottenni il placet per l’impiego del calciatore. Allora, purtroppo, non c’erano i mezzi attuali che ti permettono, con un semplice fax o una e-mail di ottenere le autorizzazioni per tesseramento dei calciatori professionisti.


Comunque, ne valse la pena, il Gregori con le sue 24 presenze, calciatore di classe cristallina, che aveva calcato i campi di serie A con Bologna e Cagliari, risultò indispensabile alla squadra, così come il collega Tonino Natale, infallibile sui calci piazzati, ben otto le reti realizzate."


Quel 5 novembre 1978 il Savoia gioca a Sorrento una buona partita , sostenuto dalla solita nutrita tifoseria ma esce sconfitto per uno a zero.

Tra i migliori del Savoia, Ivan Gregori.

Dalla domenica successiva la musica cambia.

Iniziarono ad arrivare i risultati, la squadra prese fiducia, guidata a centrocampo dal lucidissimo Gregori.   

Nell’ultimo incontro giocato a Torre Annunziata il Cosenza venne annientato per tre a zero.

Il sesto posto in classifica fu il giusto riconoscimento per gli uomini in maglia bianca.

Peccato per i troppi punti persi ad inizio di stagione.

Dopo cinque partite il Savoia aveva solo tre punti, fanalino di coda del campionato.

Con l’arrivo del direttore d’orchestra, quel 5 novembre, la musica cambiò alla grande!

Grazie Ivan Gregori!
IVAN GREGORI

SAVOIA 1978-79


sabato 2 novembre 2019

Bomba o non bomba, "cui prodest"?


Ci sono notizie a cui si fa effettivamente molta fatica, nonostante i tempi che corrono, a crederci e, soprattutto, a capirle.

La storia del ritrovamento della bomba a mano in piazza Imbriani, “miez à centrale”, è una di quelle che lasciano il segno oltre che nella mente, nello spirito.

Perché è successo?

Come è possibile che una bomba a mano venga portata in giro, tra la gente, mostrata come un trofeo, abbandonata nel bel mezzo dell’area dove, qualche anno fa, venne costruita la contestata fontana?

Vi ricordate cosa c’era prima della fontana?

Un distributore di carburanti gestito dal signor Rossi.

E se fosse esplosa proprio davanti quel distributore???

Anche quella di far installare un distributore nel bel mezzo della piazza centrale, zona ad alta densità abitativa, fu un atto scellerato di una amministrazione degli anni sessanta!

Fortunatamente, dopo un periodo di circa quarant’anni da quella proposta avanzata dall'allora PCI, si è riusciti a disinnescare una autentica polveriera a cielo aperto.

Questo del ritrovamento della bomba a mano non è il primo episodio strano che capita negli ultimi tempi nella nostra città, come segnalato prontamente dal Sindaco Enzo Ascione.

Forse, sarebbe il caso che le autorità competenti, le forze dell’ordine, tutti i responsabili dell’ordine pubblico ricomincino a scendere in strada e controllare il territorio, passo per passo, zona per zona, specie in questo periodo in cui ci si avvicina al Natale, per prevenire episodi a cui basta una scintilla affinché si trasformino in tragedia.

Tragedie che, francamente, ne abbiamo dovute raccontare già tante nella nostra ultra secolare cronaca cittadina.
Cartolina anni 80- Piazza Imbriani, con al centro il distributore di carburante dell'ing. Rossi.

domenica 27 ottobre 2019

Conato- L'arte e la competenza torrese al servizio dei colossi.


L’Elettromeccanica Conato, società per azioni, nacque nel 1947 e, dopo alcuni passaggi di residenza, stabilì la propria sede, tra uffici, sede legale e stabilimento al civico numero 27 di via Terragneta a Torre Annunziata.

Venne fondata da Antonio e Francesco Conato e fin d’allora ha costruito trasformatori e motori elettrici per i piu’ importanti gruppi italiani come l’Enel, a cui erano indirizzati trasformatori da 50 a 40000 KVA, le Ferrovie dello Stato, a cui forniva bobine per poli di trazione, l’Italsider, l’Ansaldo, società di gruppi petroliferi, municipalizzate e aziende di impiantistica.

La produzione andava incrementandosi anno dopo anno, grazie al miglioramento dei mezzi di fabbricazione, l’ammodernamento degli impianti e dei macchinari.

Nel corso dei decenni, la Conato raggiunse un alto livello di specializzazione grazie anche alla preparazione e alla professionalità del suo personale, ritagliandosi uno spazio importante nel difficile mondo delle imprese elettromeccaniche.

Subì, inevitabilmente, un lungo processo di crisi assieme alle storiche aziende che davano linfa e lavoro ai cittadini torresi, Dalmine, Italtubi, Lepetit, Finsider, Deriver ecc…

Agli inizi degli anni Settanta gli scioperi in città erano all’ordine del giorno e spesso veniva messo in risalto da parte dei manifestanti la cattiva gestione da parte del Governo della politica delle partecipazioni statali. Almeno diecimila persone vennero espulse dal ciclo lavorativo delle industrie torresi, dal 1965 al 1968.

Senza contare gli operai licenziati dai mulini e pastifici!

Anche la Conato, nel suo piccolo, ebbe diverse difficoltà, nonostante negli anni Settanta risultasse beneficiaria di finanziamenti ISVEIMER nonché appaltatrice di lavori per conto di enti pubblici.

Nel marzo del 1975, a causa della crisi del settore, chiuse il reparto riparazioni trasformatori sospendendo dall’attività 35 dipendenti su un totale di 79 operai che aveva in forza.

A seguito di tale azione immediata fu la richiesta di una interrogazione in Parlamento da parte dei Senatori Abenante, Papa e Fermariello.

Seguì un dibattito parlamentare, molto delicato, in cui in Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale, Mario Toros, intimò senza mezzi termini all’azienda di assolvere al dovere del ripristino del personale sospeso.
  

Il Comm. Antonio Conato morì nel 1985, Francesco nel 1975.


Antonio Conato- Foto da "La Voce della Provincia" 1995

lunedì 14 ottobre 2019

VASTIANO FILOSA, "Il Comandante".


Negli anni Settanta, dalle colonne de "La Voce della Provincia" una rubrica si occupava delle figure di un tempo.
Un ricordo di personaggi poco noti alle cronache ma che sono rimasti nella memoria collettiva dei cittadini torresi per la loro
passione, il lavoro, l'abnegazione e il rispetto verso la propria gente e la propria terra.
Ritengo opportuno e doveroso riproporre questi frammenti di storia che ci riportano indietro nel tempo, alla riscoperta dei valori che hanno reso migliore il nostro paese.
Tracciava il ricordo di queste figure il grande Vincenzo Mistretta, cronista attento e puntiglioso, ai cui ricordi spesso mi sono affidato per recuperare storie ormai perdute.
Oggi è la volta di Sebastiano Filosa, responsabile delle guardie notturne negli anni Sessanta a Torre Annunziata.
Buona lettura.




"Appena le prime luci incominciavano a spegnersi e i negozi chiudevano i loro battenti, nel mentre che gruppetti di uomini si fermavano a discutere assiduamente con gli angeli delle strade cittadine, avanzava con passo lento e ritmico con un atteggiamento che, a prima vista, poteva sembrare indifferente, il comandante del piccolo nucleo dei vigili notturni.

Alto di statura, corpo massiccio, sguardo acuto e penetrante, capelli e baffetti da tempo incanutiti, Sebastiano Filosa era la tipica figura del custode vigile e solerte, dal tramonto all’alba, delle principali strade della nostra città.

Anche in quei tempi i ladri esercitavano la lucrosa attività notturna, ma la loro vita era resa maggiormente dura, oltre che dalle benemerite forze dell’ordine, anche dalla vigile sorveglianza del comandante Filosa che, imponente e nerboruto, scrutava, nottetempo, a destra e a manca, portando al guinzaglio due grossi mastini napoletani, i quali incutevano il terrore soltanto a guardarli, tanto era torvo il loro sguardo e minaccioso il loro atteggiamento.

Da casa sua, sita nel rione del “Bosco del monaco”, comunemente detto “ò vuoscòmonac”, fino a piazza Croce, luogo abituale del raduno dei vigili notturni.

Vastiano impiegava un bel po' di tempo, dato che piaceva fermarsi, lungo la strada, a dialogare con le sue conoscenze.

E quando era finalmente giunto in quella piazza, la sua prima fermata la faceva nell’allora drogheria di quel brav’uomo che era don Salvatore Venturino, dove solitamente riceveva qualche bicchierino di liquore o di altra bevanda, che doveva servirgli, specialmente nelle fredde e lunghe notti invernali, a rendergli piu’ caldo il corpo, prima di accingersi al suo giro di ronda.

Da quell’emporio usciva dopo pochi minuti per fermarsi un poco piu’ in là, sul medesimo marciapiede, vicino all’attigua rivendita dei Sali e tabacchi del compianto don Peppino Venturino, il cui negozio esiste tuttora merito della laboriosa attività di suo figlio, l’omonimo Peppino, e di un genero, Ciro Giampaglia.

Proprio tra le porte di questi due negozi, Sebastiano Filosa, da tutti chiamato “il comandante”, per il suo incarico di responsabile del piccolo gruppo di vigili notturni, sorvegliava l’andirivieni di chiunque passasse in zona, pronto a carpire movimenti sospetti o male intenzionali.

Ritto come una robusta e nodosa quercia antica, Vastiano, col fucile a tracolla, sospettoso anche del piu’ lieve fruscio, lanciava ininterrottamente il suo sguardo acuto in tutte le direzioni.

Poi iniziava, sia nelle strade che nelle stradette e nei vicoli della nostra città, il suo giro notturno, caratterizzato dal suo incedere abituale, passi cadenzati e pesanti, causati dai suoi grossi stivali dalle suole alte e spesse. Gli faceva compagnia il rumore delle catene dei suoi due massicci mastini.

Chiunque lo incontrava di notte lo salutava con affetto e simpatia perché Sebastiano Filosa rappresentava quella parte dello Stato che trasmette tranquillità.

Trascorsi alcuni anni, lo si vide camminare piu’ lentamente e soffermarsi piu’ a lungo per le strade.

E il passo fermo e deciso d’un tempo cedette ad un’andatura lievemente meno sicura.

Ma ligio al suo dovere e per quella forza interiore che promana solamente da chi è consapevole di essere utile agli altri, Vastiano “il comandante” lottava contro il tempo.

E quando s’accorse e seppe capire di poter concedere un eccessivo margine di sicurezza ai “mariuoli”, egli lasciò il servizio di vigilanza notturna, dopo tanti anni di valido ed onorato lavoro.

Il suo allontanamento dalla scena cittadina fu accolto con rammarico perché ci si era abituati a vedere la salda figura del buon “Maigret” notturno, di un bravo cittadino, torrese di adozione.

Anche ora lo ricordiamo con simpatia, perché fu un uomo incurante del pericolo, al servizio della cittadinanza, vigile ascolto del sonno riparatore e dei beni e delle persone, nel tempo in cui visse."

Piazza Cesare Battisti. 


sabato 5 ottobre 2019

GUIDO VIVARELLI, "Il Professore". Il rimpianto del Savoia.



La vittoria del campionato di serie D nella stagione 1975/76 era stata vissuta da tutto l’ambiente torrese come una cavalcata trionfale.

Torre Annunziata si apprestava a ritornare nel calcio che conta dopo deprimenti annate in Promozione e per questo il presidente Gioacchino Coppola non badò a spese per allestire una squadra all’altezza delle aspettative dei tifosi savoiardi.

Nell’ossatura della squadra rimasta imbattuta l’anno prima vennero inseriti elementi di spessore, tra cui Guido Vivarelli, nato a Domodossola il 16 settembre 1942.

Appena vent’enne, Vivarelli ebbe la sua grande occasione a Torino dopo aver giocato con la formazione cadetta e il Torneo di Viareggio, ma a fine stagione venne scartato per un problema alla vista.

Nonostante la delusione, continuò la sua onesta carriera tra la serie B e la C.

-Nella foto Guido Vivarelli con la maglia del Monza, 1967, Wikipedia. -





Ritorniamo nel campionato 1975/6 a Torre Annunziata e seguiamo un attimo anche le vicende societarie perché si intrecciano in modo straordinario con il racconto sul nostro protagonista.

Il presidente Coppola, noto “mangiallenatore”, affidò la panchina allo “sceriffo” Nicola D’Alessio” che dopo solo 4 giornate venne esonerato!

Squadra affidata al giovane Scognamiglio fino alla settima giornata quando viene ingaggiato il forte allenatore Vitali che resiste alle pressioni torresi appena una ventina di partite.

Tra alti e bassi, si arriva alla ventisettesima giornata quando si dimette e al suo posto da allenatore viene chiamato … Guido Vivarelli, colui che in campo, con la sua classe, riesce a tenere in piedi la squadra garantendole un’onorevole salvezza, anzi, piazzandosi all’ottavo posto nella classifica finale.

Guido aveva conseguito il patentino di allenatore già nel 1967 e questa scelta rende già l’idea della lungimiranza e intelligenza dell’uomo.  




Vivarelli riveste il ruolo di giocatore allenatore per due settimane, fino a quando al capezzale dei bianchi ritorna… Nicola D’Alessio!

La squadra, probabilmente, avrà sicuramente risentito di tutti questi avvicendamenti e solo la presenza del telaio base dell’anno precedente, ravvivata dagli innesti di Capone, Frank, Peviani, De Fenza e, appunto, il Guido Vivarelli, proveniente da due annate in serie C col Cosenza, permetterà ai ragazzi bianchi di salvare la categoria.

Le sue prestazioni sono molto positive e al termine della stagione registra trentuno presenze e due reti che, arricchite da prestazioni e giocate superbe, gli valgono l’appellativo di “professore” della squadra del Savoia.    
                                 -Guido Vivarelli con la maglia del Savoia, 1976, La Voce della Provincia. -

In un articolo del 30 gennaio 1976 sulla “La Voce della Provincia” l’esperto Massimo Corcione esprime il suo pensiero su Vivarelli calciatore: 


“E’ senza dubbio degno della piu’ grande ed unanime ammirazione questo giocatore che, a trentatré anni suonati, riesce ad incantare pubblico e colleghi con le sue irresistibili serpentine effettuate con quel passo elegante cosi raro a trovarsi oggi nell’infuocato torneo di quarta serie. Domenica per due volte il pubblico si è fermato ad applaudire a scena aperta al termine di due sue autentiche prodezze, purtroppo, però, poco fortunate.”
Terminato il campionato, il colpo di scena.
Coppola lascia il timone della società a Franco Immobile il cui primo passo è l’assunzione del nuovo tecnico.
La scelta cade su Primo Ravaglia, colui che aveva fatto i miracoli con la Grumese.
A questo punto si intrecciano diverse opinioni.
Il nuovo mister non va assolutamente d’accordo con le idee calcistiche di Guido e dopo la prima giornata di campionato in cui i bianchi perdono uno a zero a Putignano, la sua sostituzione al 64esimo sancisce il divorzio tra Vivarelli e il Savoia, che da allora non gioca piu’ una partita di pallone.
I tifosi rimasero increduli per un bel po' di tempo perché non ci fu chiarezza nelle decisioni prese.
Rimasero le domande, allora come oggi.
Cosa spinse Guido Vivarelli a chiudere con il calcio dopo solo la prima partita del campionato?
Erano talmente inconciliabili i rapporti tra lui e Primo Ravaglia tali da fargli assumere una decisione così clamorosa?
Oppure era stata una decisione della società spingere Ravaglia ad agire in quel modo per permettere l’inserimento di un giovane centrocampista appena acquistato (Giurini)?
Nelle note sbiadite del tempo ripeschiamo un intervento, straordinario, sempre del grande Massimo Corcione, assieme a Vincenzo Pinto memorie storiche dei racconti savoiardi da oltre mezzo secolo.
L’articolo, assolutamente clamoroso, è datato luglio 1977 e, sempre dalle colonne della Voce, Corcione si esprimeva così:

” Ricordate Guido Vivarelli? Il funambolico “professore” che lo scorso anno fece deliziare il fine palato del pubblico torrese con le sue ficcanti serpentine nelle difese avversarie. Colui al quale, forse, il Savoia è debitore della salvezza conseguita nel suo primo anno di permanenza in D, avendo fruttato le sue prodezze almeno una decina di punti. Ebbene proprio di lui parleremo. Dopo aver messo a fuoco il ricordo di questo campione la cui traccia rimarrà ancora a lungo nelle menti degli sportivi torresi, veniamo alla notizia che lo riguarda.
E ‘dei giorni scorsi l’ufficializzazione della sua assunzione come direttore sportivo del Seregno, una delle piu’ quotate, per serietà, squadre partecipanti al campionato nordista di serie C.
E qui hanno inizio le nostre recriminazioni. Recriminazioni che non riguardano il mancato inserimento del “professore” nella rosa savoiarda del campionato conclusosi a maggio, quando piuttosto mirano a constatare l’errore commesso nel disfarci anzitempo del Vivarelli uomo di calcio, che al Savoia ancora tanto poteva dare anche non in veste di calciatore.
Che Vivarelli fosse venuto a Torre Annunziata solo sul finire della carriera poteva costituire anche un fatto positivo, in quanto, dopo averne ammirato gli ultimi vividi sprazzi di classe cristallina, si poteva lanciarlo nel mondo dell’organizzazione calcistica, un settore che al sud ed a Torre in particolare, è sempre stato deficiente. Le premesse c’erano tutte. Importanti conoscenze nell’ambiente calcistico professionistico, Magni del Monza, Radice nel Torino, tanto per fare degli esempi, erano e sono dei grandi amici di Guido. Competenza in materia davvero notevole, giustificata peraltro dal suo qualificatissimo curriculum di calciatore. Monza in B, Torino in A, Savona in B e C, nonché Cosenza sempre in C. Poi, dote importantissima oggi, integrità morale al di sopra di ogni sospetto. Se a tutto ciò aggiungiamo la gran voglia di emergere che lo contraddistingue abbiamo il quadro completo di tutti i presupposti che giustificavano la convenienza che il Savoia chiaramente avrebbe trovato puntando su Guido Vivarelli, direttore sportivo a tempo pieno.
Così invece non è stato. Difficile però stabilire il perché non sia avvenuto ciò che la logica comandava. Facile sarebbe rispondere che la illogicità sembra essere caratteristica dominante di tutto quanto avvenga al Sud, specialmente poi di tutto il “business” calcistico.
Ma una simile risposta lascerebbe presupporre una posizione di totale sfiducia nelle possibilità del Meridione, posizione che noi non sentiamo assolutamente di condividere. Molto piu’ veritiera la tesi che l’estromissione di Vivarelli dalle sorti del Savoia sia stata frutto di una delle congiure di palazzo che paiono non avere patria. Protagonisti furono oscuri personaggi che, voci senza volto, sono soliti gironzolare intorno ai potenti, mettendo pulci nell’orecchio giusto per turbare una tranquillità che non si addice ai loro spiriti demoniaci. Da questa oscurità che avvolge i volti di questi loschi figuri emerge però nitido il nome di Primo Ravaglia. Quando all’inizio dell’ultimo campionato le cose iniziavano ad andare storto, il tecnico ravennate sentì scottare la panchina su cui sedeva ed alla quale si sentiva (per motivi strettamente materiali) tanto fortemente attaccato. Nel tentativo di salvare la propria pelle non esitò ad iniziare un processo di epurazione che, primo fra tutti, colpì proprio Guido Vivarelli, nel quale Ravaglia vedeva soprattutto un concorrente per il posto al timone. Il presidente Franco Immobile, dobbiamo sottolineare, in perfetta buona fede, assentì alle richieste del tecnico, che, va ricordato, a novembre seppe raccomandare solo le cessioni ma non gli acquisti.
È così, piuttosto mestamente, si concluse la breve, sia pure, ma avara di soddisfazioni, storia tra Vivarelli e il Savoia, storia iniziata una sera della calda estate nel 1975 a Cava dei Tirreni, allorquando il “professore”, al suo debutto in maglia bianca, fece la sua presentazione al pubblico torrese con la sua prima superba interpretazione del ruolo di campione. Ora tutto questo è ricordo che si appresta a diventare rimpianto.
Il presente per il Savoia si chiama, purtroppo, ancora organizzazione latitante, mentre per Guido Vivarelli l’ingaggio del Seregno rappresenta il primo passo per la scalata all’olimpo del calcio nazionale. E che questo avverrà ne siamo certi.”    
Chissà se la verità sull’addio di Guido Vivarelli al Savoia non sia proprio scritta in questo articolo.
L’atto di accusa di Massimo Corcione verso Primo Ravaglia è preciso, diretto, senza fronzoli.
Solo i ricordi di altri protagonisti di quegli anni, in campo e fuori, potrebbero aiutarci a capire meglio.
Resta la conclusione di un rapporto con un uomo che, nonostante fosse quasi al termine della carriera calcistica, scelse Torre Annunziata come teatro delle sua ultime recite per dimostrare la sua innata bravura e la classe sopraffina.
Guido Vivarelli diventò il Direttore Sportivo del Seregno e, successivamente del Rende in C1, fino al rientro a Seregno negli anni successivi.
Ancora oggi, il nome di Guidi Vivarelli, tra i ricordi di quelli che lo ammirarono nella sua unica, splendida stagione agonistica, viene sempre affiancato con l’etichetta che gli si folle affibbiare allora: “O’ Professore”.  




Il ricordo di Mons. Raffaele Russo.

Il Monsignor Raffaele Russo, Rettore della Basilica della Madonna della Neve di Torre Annunziata, ci ha lasciato. Ultima tappa del suo perco...