sabato 21 marzo 2020

"Ciccillo 'o capuano", il Jolly sempre a caccia...





In realtà si chiamava Francesco Atripaldi.
Non vi era ragazzo o adulto che non lo conoscesse in quanto la sua figura svelta, quasi scattante, lo faceva  rassomigliare a un "Jolly" venuto fuori, per un magico gioco, da un mazzo di carte da poker.
E poiché era venuto a Torre molti anni prima, da Capua, era soprannominato Ciccillo ' o capuano.
Fu per un lungo tempo un personaggio tipico della nostra città.
Non vi era adulto o ragazzo che non lo conosceva, in quanto la sua figura mingherlina, svelta, quasi scattante, lo faceva rassomigliare a un Jolly, venuto fuori, per un magico gioco, da un mazzo di carte da poker.
Era cortese con tutti, in modo particolare con i suoi diretti superiori.
E quando incontrava questi ultimi, soleva, come atto di deferente rispetto, riunire piedi e gambe ed inchinarsi, togliendosi contemporaneamente il berretto con la visiera, fregiato da un aureo stemma municipale, e portandolo con la mano destra lungo la banda dei calzoni.
E nel far ciò, metteva a nudo la sua piccola testa, del tutto calva, che specialmente nelle giornate di sole, brillava in maniera insolita.
Era, tuttavia, un dipendente del Comune rispettoso dei suoi doveri ed instancabile nel suo incarico.
Si alzava di buon'ora e subito si presentava al Comando dei Vigili Urbani per iniziare la sua opera di cattura dei domestici fedeli amici dell'uomo.
Appena era pronto il graduato addetto al servizio, Ciccillo 'o capuano iniziava il suo giro di ... segugio, armato di una frusta robusta e attorcigliata.
Che, però, si svolgeva non sempre normalmente, in quanto il solerte Ciccillo, per una naturale attrazione del suo mestiere, si portava dietro sempre una schiera di ragazzi, i quali, al momento opportuno, facevano di tutto, coi gesti e con le voci, in sordina o mimetizzati, a causa della presenza del tutore della legge, per richiamare l'attenzione del cane e per farlo sfuggire all'incombente minaccia  della ferrea morsa del cappio.
E quando ci riuscivano, era una scena spassosa a vedersi, in quanto 'o capuano, infuriatosi per il tradimento dei ragazzi e pieno di bile per la preda sfuggita alla cattura, la inseguiva di qua e di là con una tenace insistenza e sempre pronto a volerla ghermire, mentre dal gruppo dei presenti si levava un coro di risate e di sberleffi al suo indirizzo, che lo irritavano maggiormente.
Però, quando ci riusciva, Ciccillo lanciava con destrezza il suo cappio al collo del povero cane che non aveva scampo.
E succedeva quasi sempre.
Era diventato un'istituzione a Torre Annunziata con quel suo lavoro.
Armato di un lungo laccio snodato,
girava la città in cerca di randagi di ogni genere
che raccoglieva, depositandoli poi
nel canile municipale, in attesa di essere "riscattati"
dai padroni, o eliminati nelle camere a gas.
Agli inizi era accompagnato nel suo percorso cittadino da un carrettino di legno trainato da un asinello.
In quel carrettino prendevano posto i cani che venivano catturati da Ciccillo nel suo giro quotidiano.
Una volta riempito il carrettino di legno, rientrava al canile per lasciarli nelle gabbie, e via, alla ricerca di altri randagi da catturare.
Anche il figlio seguì le orme del padre.
Ma con i tempi moderni, il carrettino di legno e l'asinello lasciarono il posto a un furgoncino al cui seguito, inoltre, era impiegata una pattuglia dei vigili urbani per eventuali interventi di emergenza dovuti ad una eventuale ribellione dell'animale. 

*Il racconto è tratto da un articolo di Vincenzo Mistretta pubblicato dalla Voce della Provincia.
Foto tratta dalla rete- Dipendente comunale Anni Cinquanta.

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