domenica 3 maggio 2020

MICHELE PINTO- Il Commendatore del popolo!


                                   
Il Comm. Michele Pinto e signora.


                                  Medaglie e patacche.


È facile vedere se una medaglia è d’oro oppur di princisbecco, ma se quella medaglia è definita “d’oro” nel senso che attesta un merito la cosa un po’ si complica. Forse ogni medaglia nasce patacca e diventa veramente d’oro, come nelle “favole alchemiche”, solo se viene appuntata sul petto giusto, un petto che nutra sentimenti di onestà, di generosità e di onore. E penso alle tante patacche di cui si fregiano tanti “onorevoli”, degni rappresentanti di una politica sempre più puttana.

Per fortuna non è sempre così: nei giorni scorsi il nostro Presidente Mattarella ha conferito venticinque attestati d’onore di “ALFIERI DELLA REPUBBLICA” a giovani di età compresa fra i nove ed i diciannove anni.

Le varie motivazioni vanno dal volontariato alle opere di ingegno, dalla passione per il territorio a luminosi gesti d’amore per il prossimo.

La più piccola, una bambina bolognese di nove anni, ha sacrificato i suoi lunghi capelli per la confezione di parrucche destinate ai ragazzi resi calvi dalle chemioterapie. Che Dio ti benedica piccola, e ti conservi buona come adesso. E che venga sempre reso onore al merito. Questi esempi sono importanti perché contribuiscono ad alimentare la cultura del bene e contrastare l’egoismo e l’indolenza. Anche se l’animo nobile di queste belle persone spesso li spinge ad una modestia eccessiva, una sorta di pudore, che li porta quasi a nascondere questi riconoscimenti.

Come nel caso di Michele Pinto, nostro concittadino, al quale nel 2018  

è stata conferita l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”, per la sua attività imprenditoriale a capo di una azienda che da decenni ha portato, e continua a portare, preziosi posti di lavoro in un territorio difficile come il nostro. A maggior merito del neo Commendatore, va pure detto che la sua azienda è nata con lui, non l’ha ereditata da nessuno. L’unica dote, non da poco, che il padre gli ha lasciato è stata la naturale propensione per il lavoro. Vincenzo Pinto, infatti, nella sua vita di lavori ne ha fatti tanti e non certo leggeri: ha zappato e coltivato la terra quando per concime si usava e si commerciava anche sterco umano, ha macinato chilometri tirando carretti per vendere frutta e ortaggi, ha scavato fondazioni con pala e piccone durante gli anni della ricostruzione, è emigrato in Germania dove era già stato ospite di un campo di concentramento e, buon ultimo, è stato spazzino alle dipendenze del Comune  di Torre Annunziata.

Ha svolto il suo servizio per anni a piazza Ernesto Cesàro, quella che i torresi chiamano Santa Teresa. In questa piazza, poi, all’angolo con via Cipresso, Vincenzo Pinto aprì un negozio di fruttivendolo, diventando una presenza fissa della cartolina della piazza assieme ai cocchieri delle carrozzelle, ai monaci francescani, al monumento ai Caduti e al Bar Stella. Il negozio di frutta e verdura è ancora oggi gestito dal figlio Peppino, uno dei suoi numerosi figli. E quando dico numerosi non esagero, perché Vincenzo Pinto di figli ne ha avuti la bellezza di quattordici, di cui Michele, il Commendatore, è il primogenito. Questa, per Michele, è stata la sua fortuna perché, oltre ad essere il figlio più grande, é stato per anni l’unico maschio, essendo nate dopo di lui ben tre sorelle. Per questi motivi, e conservando la sua famiglia uno stampo piuttosto antico, per una sorta di diritto di “maggiorascato”, gli è toccato in sorte il ruolo di “guaglione ‘e papà”. Grande onore, ma anche sacrifici. Sacrifici che magari a Michele Pinto non sono mai apparsi tali come, ad esempio, le levatacce per andare ai mercati generali per rifornirsi di frutta e aiutare il padre a tirare il carretto, o spingendolo sulle salite (vutta’ arete). Ma il padre lo ha abituato a credere che tutto questo è naturale e il Commendatore, ancora oggi, si alza senza sforzo alle quattro del mattino.  Giusto per imitare il padre, potere dell’emulazione, anche lui di mestieri ne ha fatti tanti. Ha scavato metri e metri di solchi nelle pareti che dovevano ospitare fili elettrici sottotraccia, ha consegnato bombole di gas in sella ad una bicicletta, ha imparato a riparare piccoli elettrodomestici, è stato aiuto proiezionista al cinema Politeama. Insomma cento mestieri, come Razzullo nella Cantata dei Pastori. Ah e poi, dimenticavo, proprio come Razzullo, d’estate si è improvvisato anche barcaiolo. Tanta voglia di lavorare ha trovato terreno fertile nel periodo giusto: i Favolosi Anni Sessanta. C’erano sempre più televisori ed antenne da installare, cucine con forni elettrici, impianti vecchi da adeguare alle nuove esigenze. E il Commenda ha saputo tenere il passo coi tempi. Intanto ha seguito un corso di radiotecnico per corrispondenza con l’allora mitica Scuola Radio Elettra, che gli è tornato utile per lavorare proficuamente nel settore delle riparazioni di un numero sempre crescente di televisori, giradischi, registratori, radioline a transistor e via crescendo. Ormai giovanottello, fece un notevole salto di qualità: fu assunto come commesso da Vincenzo Tufano, conosciuto anche come “Vicienz sapone”, nel negozio di fresca apertura, per vendere ricambi per radiotecnici, cui poco dopo vennero ad aggiungersi anche i dischi. Per la gente era diventato “‘o giovene ‘e Tufano” e anche lui faceva parte dei personaggi della cartolina di piazza Santa Teresa, vivendo la sua giovane età in quel negozio ubicato sul marciapiedi opposto a quello del padre. Fu in quel periodo che ebbe la fortuna di conoscere la ragazza che è poi diventata sua moglie e alla quale, a mio modesto avviso, il Commendatore deve molto di quello che è riuscito a realizzare. Eh sì, la vita è l’Arte dell’incontro. Particolare curioso, la ragazza abitava proprio sopra al negozio: come dire “casa e puteca”.

La collaborazione con Tufano fu duratura e solida, tanto da consentirgli anche di metter su famiglia. E forse sarebbe stata quella la sistemazione definitiva, se non fosse stato per la solita “Buona Stella” che gli procurò altri incontri fortunati. Da quegli incontri è nata l’attività imprenditoriale, quella definitiva che dura ormai da quasi cinquant’anni. Gli inizi furono microscopici disponendo, lui e altri due amici soci, di risorse scarsissime. Poi uno o due collaboratori, arruolati nella propria famiglia. Le prime consegne, l’emozione dei primi guadagni, seguite presto da qualche insuccesso. Qualche incremento, primi sviluppi con nuove assunzioni, vento in poppa, ed ecco le prime onde di traverso rappresentate da disaccordi coi soci. Divisioni, navigazioni in solitario, nuovi soci e la travagliata costruzione della nuova fabbrica.  Tutto vivendo sempre ed esclusivamente per l’azienda e nell’azienda, dando lavoro a decine di persone, anche più di sessanta in fabbrica più gli artigiani esterni, affezionandosi a loro e soffrendo quando gli eventi costringevano a riduzioni di personale. Ha spesso lavorato materialmente al fianco dei suoi operai, condividendo sovente con loro occasioni di convivialità e di festa; ma anche momenti di crisi come, ad esempio, il terremoto del 1980. Nel post terremoto, per l’appunto, e più precisamente nel triennio 1981-1984, ci fu anche la parentesi sociopolitica che lo vide segretario della sezione torrese del Partito Repubblicano. Fu in questo periodo che conobbe il compianto Giancarlo Siani, di cui conserva un bel ricordo, ed un folto gruppo di amici imprenditori, fra i quali Franco Spera e Stefano Acciaio, con i quali fondò Assoimprese. Questa associazione riuscì ad aggregare una ventina di aziende che avevano il comune progetto di utilizzare le aree dismesse del territorio. Purtroppo il progetto non fu condiviso dalla politica di allora, ancora una volta incapace e dedita al malaffare. Deluso e amareggiato, decise di abbandonare la politica e, novello Cincinnato, se ne tornò a coltivare il suo campicello.

Da allora, fra scommesse vinte ed altre perse, fra scelte indovinate e inevitabili sciocchezze, attraversando crisi insidiose, la creatura di Michele Pinto è ancora orgogliosamente in piedi e si avvia verso il mezzo secolo di vita. Certo oggi non è più solo al timone della nave. Già da tempo tre dei suoi quattro figli lo affiancano nella conduzione dell’attività.

Questa, riassunta in poco più di un migliaio di parole, la vita lavorativa di Michele Pinto, al quale il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha conferito l’Onorificenza di Commendatore dell’Ordine “AL MERITO DELLA REPUBBLICA ITALIANA”.

Giungano al neo Commendatore le nostre congratulazioni e la nostra gratitudine per la sua testimonianza di laboriosità del popolo torrese e, ancora, per aver contribuito a creare preziosi posti di lavoro in un territorio difficile come è il nostro.

*Grazie di cuore a Pasquale Cirillo*



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