Diodato Bertone
Diodato Bertone nasce a Fisciano
nel 1868 da Giuseppe e da Giuseppa Napoli, ambedue residenti a Salerno.
Dopo la morte della prima
moglie, che lo lascia vedovo con cinque figli, si trasferisce a Torre
Annunziata, perché assunto nella vecchia ferriera (successivamente Ilva) con la
qualifica di meccanico, dove si distingue nel corso degli anni per la sua
qualificata e operosa attività.
A quarantasei anni, il 25 giugno
1914, alle quattordici del pomeriggio, si risposa con una casalinga torrese di
trentadue anni, Margherita Attrice Di Martino, figlia di Carlo e di Elisabetta
Atripaldi, da cui ha altri tre figli, Carlo, Wilson e Diodato. L’atto di
matrimonio, redatto dall’Ufficio di Stato civile di Torre Annunziata, e ivi conservato,
fa finalmente chiarezza sulle origini di Deodato Bertone, che i ricercatori
locali vogliono e sostengono fermamente sia di origini torinesi e che «della
sua gente conservava la laboriosità, la fermezza di carattere e un indomito
spirito di lotta maturato durante il suo impegno politico e sindacale».
No! Tutte le qualità che Diodato
possiede sono lo specchio del suo essere meridionale; la sensibilità e la
disponibilità che lo contraddistinguono sono maturate durante la sua pur breve
vita, a contatto con i problemi della gente del Sud, e con quelle problematiche
che il Meridione si porta dietro dall’Unità d’Italia e che nessuno dei Governi
succedutisi in tanti anni di amministrazione ha saputo risolvere. É trascorso
un secolo e mezzo dall’unificazione del paese e l’Italia meridionale e in
particolare la città di Torre Annunziata devono affrontare ancora i disagi che
affondano le loro radici in secoli di soprusi e vessazioni di dominazioni
insensibili ai mali del Sud. Ecco perché Diodato Bertone abbraccia gli ideali
socialisti, e per la sua onestà e la grande facilità di comunicazione, unite
alla calma e alla pacatezza della sua retorica, si procura proseliti tra le
classi più umili del proletariato. Viene candidato nelle liste del PSI alle
elezioni amministrative del 1904, in seguito alle ripercussioni politiche per
la famigerata strage di Ponte De Rosa del 1903. Le elezioni non sono un
successo per i socialisti, che ottengono solo 250 voti su 2.000 votanti, senza
diritto ai seggi. Negli anni successivi, tranne che per un breve periodo, si
impone all’attenzione dei torresi come instancabile organizzatore di lotte e
valente educatore di anime proletarie, senza mai tirarsi indietro. Instancabile
collaboratore del movimento operaio torrese, è stato tra i primi sostenitori
della neonata sezione socialista del 1895, promotore delle prime leghe e uno
dei fondatori della Camera del Lavoro nel 1901, sotto la guida di Gino Alfani.
Nel frattempo, in Italia nasce il Fascismo e anche a Torre Annunziata il 23
febbraio 1921 si istituiscono i Fasci di Combattimento: obiettivo è la
destabilizzazione della giunta comunale torrese, insediata da appena quattro
mesi e presieduta da Gino Alfani, grande oppositore del Regime, così come era
successo a Castellammare di Stabia. Più volte rifiuta la tessera di iscrizione
al Partito Nazional Fascista, e questi rifiuti decretano la sua condanna a
morte. Il 25 febbraio, dopo alcuni giorni di scontri tra le opposte fazioni in
seguito agli scioperi degli operai, ai quali i fascisti reagiscono con
arruolamenti di crumiri, si giunge al tragico epilogo: Diodato Bertone sta
rientrando dal turno in fabbrica con due colleghi, verso le ventitré, quando
nei pressi della Trattoria Stella, nella strada omonima, i tre sono accerchiati
da un gruppo di fascisti. I due amici di Bertone, Pusino e Nicola Cirillo,
vengono malmenati, minacciati e fatti allontanare, mentre Diodato, raggiunto da
diversi colpi di pistola, rimane a terra moribondo. La feroce missione fascista
è stata portata a termine. Consumatum est!
Quando gli aggressori scappano,
Bertone, ferito a morte, viene caricato da un’anima pia su una carrozzella di
passaggio e trasportato in ospedale, dove muore solo e abbandonato dopo un paio
di giorni di agonia – anche alla povera moglie viene impedito di fargli visita
–, assistito da un’anziana suora che raccoglie le ultime parole del moribondo,
mai rivelate per evitare altri guai alla famiglia Bertone. La moglie al momento
della tragedia è incinta dell’ultimo figlio, cui viene imposto, alla nascita,
il nome del padre. La cittadinanza partecipa, mesta e commossa, al corteo
funebre per rendere omaggio a una persona pia e sensibile ai problemi del
proletariato, che si batte fino al sacrificio per il riscatto e l’emancipazione
dei meno abbienti. Gli assassini, tempo dopo individuati in Luigi Fragna, Carlo
Peirce e Pasquale Russo, non sono mai stati condannati. La via Stella viene
intitolata a Diodato Bertone, con deliberazione dell’8 gennaio 1948, dal
sindaco Pasquale Monaco. Nel trentennale della Resistenza, gli viene assegnata
la medaglia d’oro con la seguente motivazione:
«Militante socialista, operaio
dell’Ilva, barbaramente assassinato da una squadraccia fascista la notte del 25
febbraio 1921, mentre faceva ritorno a casa dopo una giornata di duro lavoro,
fu vittima della bestiale ferocia fascista. Egli è rimasto vivo nel ricordo e
nel cuore della classe operaia torrese e di tutti i sinceri democratici
antifascisti».
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L’imbocco
di Via Diodato Bertone, già via Stella, visto da Via Castello
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Scheda a cura di Vincenzo Marasco Lucia
Muoio Antonio Papa
tratto da "Vita, opere e azioni di 22 Figli illustri di
Torre Annunziata"