Nella caserma di Via dei Mille, l’ordine arrivò dall’alto,
direttamente dal Capitano della compagnia di Torre Annunziata.
Gabriele Sensales fu categorico.
La piaga degli scippi, perpetrata negli ultimi anni in modo
massiccio sul suolo oplontino, doveva essere stroncata.
A fronte
dell’elevatissimo tasso di crimini commessi in quegli anni, si decise di intervenire in maniera piu' energica sul controllo e il
fermo dei giovani che, a seguire,
avrebbero ingrossato le fila della malavita torrese.
Erano tutti noti alle forze dell’ordine, schedati.
Tra loro tanti tossicodipendenti, troppi.
Tra loro tanti tossicodipendenti, troppi.
La giovanissima età giocava a loro favore, non era semplice
bloccarli tra le vie e vicoli della città durante la fuga.
E poi, con tutti gli omicidi accaduti in quegli anni, chi si
andava a preoccupare di fare la guerra agli scippatori?
Sensales ci provò,
anche perché il problema scippi era
divenuto insostenibile.
Decine di persone al giorno, soprattutto signore anziane,
erano rimaste vittime di questi episodi vergognosi.
Vennero inviati tre giovani carabinieri a presidiare le zone
“calde“ , in particolare nel centro storico.
Tra “a sces a Nunziata”
(Via Alfonso De Simone) e “miez a Ferrovia” (Piazza Nicotera) si
concentrarono gli sforzi dei militi.
Le rampe ai lati dell’ex Cineteatro Metropolitan erano i
luoghi preferiti per portare a termine l’agguato.
Lunga serie di scale che portano verso la zona marina,
comodissime per chi deve spostarsi dal centro verso il mare.
L’azione del gruppo di turno era sempre fulminea, rapidissima.
Il copione, scontato, non avrebbe dovuto prevedere intoppi.
Che fosse a piedi, o seduta comodamente in macchina,
difficilmente la vittima avrebbe avuto scampo.
Di solito, si seguiva per qualche metro la vittima designata,
solitamente donna sola, anziana, con in mano la sua borsetta.
Uno strappo violento, una spinta, spesso la rovinosa caduta
della poveretta con conseguenti escoriazioni, se non addirittura qualche
frattura.
La borsa, veniva
frettolosamente svuotata delle poche migliaia di lire e qualche oggetto
piu’ o meno di valore, e successivamente buttata nei pressi delle rampe, in modo da permettere
ai soccorritori di far ritrovare almeno le chiavi e i documenti della
sfortunata.
Devo dire in verità che, abitando in zona e iniziando a
lavorare presto al mattino alla fabbrica del ghiaccio, avrò recuperato almeno
una decina di queste borse e rintracciato i proprietari per ridagli quello che
era rimasto.
Quella mattina di Agosto del 1984, il giovane carabiniere,
proprio all’altezza del Metropolitan, aveva notato i movimenti sospetti dei due
giovani seduti in sella ad una “Vespa”.
Essi si accostavano alle portiere delle auto in coda in quel
tratto di strada, perennemente
trafficato, in attesa di trovare il momento giusto.
Il carabiniere si avvicinò alla “Vespa”, pronto ad
intervenire, appena fosse scattata l’azione furtiva dei giovani.
Sapeva che sarebbe successo, bastava attendere solo qualche
secondo.
Egli sapeva che il ragazzo seduto sul lato posteriore del
mezzo, sarebbe sceso per prendere la borsa e scappare per quelle rampe, dove lo
aspettava il complice con la moto.
Sapeva, il milite.
Preparò l’azione di difesa, impugnò la pistola d’ordinanza,
una Calibro 9 automatica, colpo in canna.
Tutto avvenne in trenta secondi.
Lo scippo.
Il carabiniere che blocca il ragazzo.
I due rotolano a terra.
Lo strappo del ragazzo al braccio destro del carabiniere.
Un colpo secco.
Dieci metri.
Era questa la distanza tra il colpo partito dall’arma del
carabiniere e Vincenzo Coppola.
Vincenzo stava tranquillamente parlando con il padre, fermo
davanti al negozio di calzature “ Pacifico”.
Vincenzo cadde al suolo, un solo colpo, alla fronte.
Tutti scapparono, rimase solo il carabiniere che aveva bloccato
il giovane ladro.
Arrivarono due auto dei carabinieri in un minuto.
Furono momenti di altissima tensione, le forze dell’ordine
faticarono non poco per recuperare il collega e portarlo via da lì.
Il giovane ladro, diciasettenne, venne anch'egli portato in caserma dove ammise di aver partecipato allo scippo.
Vincenzo rimase a terra, ancora per diverse ore, in attesa
delle perizie e dei rilievi.
Aveva 32 anni, era sposato e aveva due figli, la moglie era in attesa di un terzo.
Lavorava all’Italsider di Bagnoli da un paio di anni.
Quando avvisarono la moglie della tragedia, la poveretta
svenne.
Tra tutta la folla presente, in quel terribile giorno,
gli inquirenti non trovarono un testimone oculare.
I funerali si svolsero un paio di giorni dopo, questa volta
invece, con grande partecipazione.
Nell’opinione pubblica torrese Vincenzo Coppola venne
archiviato presto, quasi subito.
Rimase nel cuore dei suoi familiari ed amici.
Qualche giorno dopo il suo funerale, avvenne la strage di
Sant’Alessandro.
L’operazione antiscippo venne sospesa immediatamente.
C’era ben altro da combattere.
Era la Torre degli anni Ottanta.
Si moriva anche cosi, all’improvviso, senza una ragione.
Bastava poco.
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