venerdì 3 gennaio 2020

"Baff i fierr": la dignità di un uomo.




Erano i Bevilacqua e gli Abbruzzese, a rappresentare quella minoranza identificata a Torre come "i ciavarune".
Abitavano quasi tutti alla provolera tra Vico Gelso e Vico Rosselli.
Gli altri ceppi erano in largo Fontana e quartiere carceri.
E ancora tra Via Fuoco, Via Zingari e Via Stamperia.
La loro arte era la lavorazione degli scalpelli e le "trombe degli zingari" ovvero le mollette da bocca, strumento musicale usato anche in Sicilia.
Non esisteva utensile migliore dei loro scalpelli.
I loro attrezzi erano ottimi per materiale (usavano le balestre) e per la tempera che sapevano fare alla perfezione.
Lui si metteva sotto l'arcata di uno dei ponti di fronte al macello vecchio e spesso, da bambini, restavamo incantati a vederlo lavorare il ferro incandescente.
Con la sua maestria costruiva anche ferri per gli zoccoli dei cavalli, tenaglie, zappe ecc..
Era straordinario vedere cosa riusciva a costruire solo con un martello e un incudine.

Aveva poco o nulla.
Con quello che riusciva a lavorare si accontentava di un pezzo di pane.
Ricordo di averlo visto, una volta, in una di quelle giornate gelide d'inverno, intirizzito dal freddo, intento a completare il suo compito con grande impegno.
Con dignità.
Dignità: non ci sono scuole per conseguirla.

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