Ercole Castaldo nacque a Torre Annunziata il 14 febbraio 1926 da Giuseppe e Raffaela Vincenza Assunta Cosentino, abitanti in Vico del Fico, numero 20.
Era il terzo figlio della coppia essendo nato dopo Gennaro e Angelica, dopo di lui vennero Michele, Antonietta e Gaetana.
Fisico brevilineo, scattante, non molto alto, si mise in luce fin dai primissimi anni in cui praticava calcio ottenendo il tesseramento nella “Torrese” agli inizi degli anni Quaranta.
Il 15 ottobre del 1944, assieme a Oropallo entrambi della Torrese, venne convocato dalla Rappresentativa calcio Campania per disputare allo stadio del Vomero una partita contro il Napoli.
Con la Torrese, vent’enne, disputò il campionato di Serie C nel 1946-47, giocando venticinque partite e realizzando tre reti.
Durante una partita contro lo Stabia avvenne un fatto emblematico che rispecchia il senso di educazione e rispetto che suo padre inculcò nel giovane ragazzo.
Durante un’azione di gioco Ercole segnò una rete aiutandosi astutamente con la mano e l’arbitro, che si accorse del fallo, la annullò.
A seguito delle proteste del pubblico si stava creando un pericoloso assembramento nei pressi della rete di recinzione, qualcuno addirittura invase il terreno di gioco, quando intervenne il padre Giuseppe che, avvicinatosi a Ercole, chiese se avesse segnato con la mano.
Alla risposta affermativa del giocatore, il padre Giuseppe gli diede un sonoro ceffone, riportando la calma tra la folla e impartendo una bella lezione di educazione ai presenti.
Nel 1947, alla fine di una grande stagione della Torrese fermata in un momento cruciale del campionato per una svista arbitrale nella partita contro la Salernitana, venne prelevato proprio dalla Salernitana del grande allenatore Gipo Viani che stava allestendo la formazione per la serie A appena acquisita assieme ai compagni Eugenio Calleri e Secondo Rossi con i quali aveva formato il trio delle meraviglie torrese con quasi trenta reti all’attivo in quella stagione in serie B.
A Salerno, Ercole non riuscì a conquistare la fiducia del tecnico salernitano che lo definì un “solista” e mal si adattava al suo modulo di gioco collettivo, e lo mandò a giocare all’Empoli, in serie B.
Nella squadra toscana doveva sostituire Benito Lorenzi, detto “Veleno”, appena ceduto all’Inter.
Ercole non si perse d’animo, con sedici partite e sette reti fu il trascinatore dei toscani verso la salvezza facendo dimenticare ai tifosi Lorenzi.
La Salernitana, nel frattempo, quell’anno retrocesse in B e Gipo Viani andò via, aprendo le porte al ritorno di Ercole.
Riscattato subito dal presidente salernitano, in serie B Ercole fu autore di tre ottimi campionati da titolare, impreziositi da una prestazione clamorosa il 12 giugno 1949 quando in occasione di un Salernitana - Pescara, finita otto a due, realizzò cinque reti che lo proiettarono nei libri dei record della storia del calcio.
Con la maglia granata della Salernitana rimase fino al 1951.
Il 6 febbraio 1951 venne operato al menisco presso la Clinica “Biancamaria” a Roma dal Prof. Giuseppe La Cava, presidente della F.I.M.S. (Federazione Italiana Medici Sportivi).
Il 13 giugno 1951 provò il grande salto in serie A con la Lazio, a seguito di un provino in un’amichevole che la Lazio disputa a Roma contro il Tagliacozzo per un eventuale tesseramento e, nonostante l’ottima prestazione arricchita da tre gol personali, a fine gara successe l’incredibile. Il presidente della Lazio, Zenobi, ordinò ai suoi assistenti di misurare l’altezza di Ercole a bordo campo e, appurato che misurava centosessantasette centimetri, rifiutò di fargli il contratto perché nella sua Lazio voleva solo calciatori alti almeno centosettanta centimetri!
Senza perdersi d’animo, la settimana successiva, Ercole venne contattato dai dirigenti dell’Udinese che gli fecero firmare il contratto, superando nell’offerta la Roma, la Triestina e il Pro Patria.
Dopo tre mesi, alla prima del campionato in seria A e al suo esordio nella massima serie, il 9 settembre 1951 nell’incontro tra l’Udinese e il Napoli terminato uno a uno, Ercole risulto di gran lunga il migliore in campo, facendo letteralmente impazzire la difesa del Napoli, come riportò la cronaca sportiva.
Il 29 maggio 1955, a seguito delle belle prestazioni nella massima seria con la maglia dell’Udinese, Ercole venne convocato dall’Italia B per un incontro internazionale valevole per la Mediterranea Cup.
L’incontro era tra la Grecia e l’Italia B e Castaldo venne inserito nella formazione titolare di partenza, cosi composta: Romano, Farina, Cervato, Giuliano, Bernasconi, Magli, Castaldo, Pozzan, Bettini, Bacci, La Forgia.
La gara si svolse ad Atene davanti a trentamila spettatori è terminò sullo zero a zero, con la critica piuttosto divisa sulla prestazione in campo di Ercole: “… quando a Castaldo in campionato aveva giocato egregiamente, nel clima di una gara internazionale si è smarrito”, pur sottolineando che fu uno dei pochi che creò pericoli alla difesa greca, specie nel primo tempo.
Nei cinque campionati trascorsi a Udine raggiunse il secondo posto in classifica finale, alle spalle del grande Milan nell’annata 1954-55, conquistando il massimo risultato mai raggiunto nella storia della squadra friulana in serie A.
Nel 1956, terminato il ciclo con l’Udinese, venne ingaggiato dall’Alessandria.
Il 23 giugno 1957 disputò una grande partita al San Siro di Milano nello spareggio tra Alessandria e Brescia valevole per l’accesso in seria A.
Davanti a settantamila spettatori, al quinto minuto del primo tempo supplementare, segnò la rete del due a uno che valse la storica promozione in seria A dell’Alessandria con un gran tiro imparabile dal limite dell’area che si insaccò alla destra del portiere bresciano Bondassi.
Proprio con l’Alessandria, due anni dopo, il 12 aprile 1959, giocò la sua ultima partita in serie A contro la Triestina a Trieste, persa per due a zero.
Chiusa la parentesi con il grande calcio, ritornò in Campania svolgendo il ruolo di giocatore allenatore con il Dopolavoro Cirio in serie C dal 1959 al 1961, incappando in una squalifica a vita a causa di incidenti nello spareggio per la salvezza allo stadio della Vittoria di Bari tra il Dopolavoro Cirio e il Crotone.
Nel giudizio di appello, riconosciuta la sua quasi innocenza, il giudice non poté che emettere una lieve sentenza, due anni di squalifica, il minimo che potesse applicare.
Si rifugiò tra le braccia del Savoia e quegli anni coincisero con la chiusura del calcio giocato.
Da allora è stato sempre un continuo nell’insegnare calcio in tante squadre, tra cui la Paganese, Il Campobasso, Il Valdiano, spesso alternando il ruolo di allenatore a quello di Direttore Sportivo, in virtu’ della sua acclarata esperienza calcistica.
Da segnalare nel 1977 il ritorno a Torre Annunziata dove una quindicina d’anni prima aveva concluso la carriera da calciatore al Savoia e, contemporaneamente, aveva iniziato quelle di allenatore in Promozione.
Quell’anno assunse la carica di supervisore del settore giovanile del Savoia, dopo le precedenti esperienze a Sorrento e Sarno.
Il suo ritorno a Torre fu accolto con entusiasmo dal pubblico e dalla stampa.
Il giornalista Massimo Corcione, dalle colonne de “La Voce della Provincia“ del 31 agosto 1977 lo accolse con queste parole:
“Presentare il popolare ”Ercolino” è addirittura superfluo. I suoi trascorsi calcistici sono noti a tutti gli sportivi torresi che lo hanno sempre costantemente seguito. Da ricordare, in carattere col ruolo di supervisore del settore giovanile che gli è stato affidato dalla presidenza, gli ultimi successi conseguiti nel lancio dei giovani a Sorrento prima e a Sarno poi. La parte che può recitare in questo nuovo Savoia può essere importantissima. Oltre che nell’incarico di supervisore al settore giovanile, che certamente espleterà nel migliore dei modi, sfruttando anche il suo fiuto da vecchia volpe nello scovare i campioni del domani, potrà offrire un validissimo se non decisivo apporto all’organizzazione della società. La sua perizia derivante dalle innumerevoli esperienze accumulate e soprattutto la fama e la stima di cui gode nel mondo del calcio sicuramente porteranno prestigio a tutto il sodalizio savoiardo, oltre a risultare determinante nei rapporti con le altre società. I tempi sono cambiati, le casse sono floride, l’ambiente è maturo per il salto di categoria, manca solo una perfetta organizzazione. L’ingaggio di “Ercolino” dimostra che anche questa è desiderata dalla dirigenza come dai tifosi.”
Parallelamente al mondo del calcio, decise di investire buona parte dei suoi guadagni in attività commerciali che non furono molto redditizi ma gli permisero il ritrovo del contatto umano con la sua città.
Iniziò con l’apertura di un bar al Corso Umberto, proprio di fronte Piazza Cesaro, l’ambizioso “Bar Ercolino”, chiuso dopo pochi anni trasferendosi in via Gino Alfani, col nuovo nome di bar “Bambu’ River”.
Chiusa anche questa parentesi, decise di cambiare attività commerciale, dedicandosi a un negozio di calzature e borse per donna ripercorrendo l’attività di famiglia già svolta nei primi anni Cinquanta al vico Luna. Per un buon periodo di tempo condusse anche un negozio in via Maresca, anch’esso con alterna fortuna.
Nel corso degli anni diede anche spazio a una delle sue passioni extracalcistiche che gli stava piu’ a cuore e in cui si dilettava con la solita passione ed entusiasmo: la pittura.
Sono decine i quadri che ha lasciato come ricordo della sua vena pittorica, quasi tutti raffiguranti paesaggi e animali.
Una sua prerogativa era il non rappresentare volti o persone, mai.
In conclusione, Ercole Castaldo era fortissimo nei fondamentali tecnici, dotato di una padronanza del pallone unica, eccezionale.
Non c’erano avversari che potessero fermarlo su quella zona destra del campo di calcio in cui esercitava il suo strapotere di funambolico dribblatore al servizio delle punte.
Il suo carattere forte e sanguigno in campo lasciò il posto alla maturità dell’uomo che seppe costruirsi l’immagine di persona seria e responsabile, pronta ad affrontare avventure e progetti sempre con entusiasmo e passione per il proprio lavoro.
Verrà ricordato non solo per le grandi prestazioni e i prestigiosi traguardi raggiunti nella carriera da calciatore, primo tra tutti la partecipazione in Nazionale, ma anche per la classe e signorilità con cui seppe distinguersi, meritandosi il ricordo e il rispetto di tutti noi.
Ercole Castaldo morì a Torre Annunziata il 19 novembre 1989.
* Scheda realizzata da Vincenzo Marasco, Lucia Muoio e Antonio Papa per la Mostra dei "22 Figli Illustri di Torre Annunziata" presentata il 21 ottobre 2022.
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