martedì 29 luglio 2025

Elena Fiore, l’anima popolare torrese.



Il 29 luglio 2025 ricorre l'anniversario della nascita di Elena Fiore, nome d’arte di una donna che, con talento istintivo e carisma autentico, ha lasciato un’impronta discreta ma profonda nella storia del cinema italiano. 

A dispetto di un’industria che spesso ha riservato i riflettori a nomi più noti e patinati, Elena si è ritagliata uno spazio tutto suo, fatto di ruoli intensi, veraci, memorabili.

Dietro lo pseudonimo artistico si celava Eleonora Esposito, nata a Torre Annunziata nel 1914. 

Nonostante la discrepanza nei registri anagrafici – un piccolo mistero che ne alimenta la leggenda – quel che è certo è che fu una donna del Sud, nel cuore e nella voce. Una figura familiare, immediatamente riconoscibile, che portava sullo schermo la dignità e l’ironia delle donne del popolo. La sua fisicità, lontana dai canoni di bellezza omologata, divenne cifra stilistica: non era attrice da ruoli decorativi, ma da personaggi pieni, carne e cuore.

La sua carriera cinematografica esplose relativamente tardi, un’eccezione nel mondo dello spettacolo. Quando molti cercano il debutto giovane, lei si fece notare ormai matura, forte di un vissuto che traspariva da ogni battuta e da ogni sguardo. Lina Wertmüller, regista attenta a cogliere la forza delle individualità, intuì il potenziale di questa donna dalla voce pastosa e dagli occhi vivi, e la volle in alcune delle sue opere più celebri. Da lì in avanti, Fiore fu spesso al fianco di Giancarlo Giannini, dando vita a personaggi femminili tanto tragici quanto irresistibilmente umani.

Ma non fu solo la regista in occhiali bianchi a credere in lei. La commedia italiana, quella che sapeva mescolare il grottesco alla critica sociale, trovò in Elena Fiore una preziosa alleata. Con il suo modo diretto, mai affettato, seppe tenere testa a mattatori come Lando Buzzanca e diventare una presenza familiare nel panorama cinematografico degli anni ’70. Se i suoi personaggi spesso appartenevano al mondo popolare, erano tutt’altro che marginali: erano il cuore pulsante delle storie, depositarie di verità semplici, non semplificate.

Chi la ricorda in ruoli come madre, vicina impicciona, donna sensuale nonostante l’età e il fisico non conforme, sa che Elena Fiore recitava senza recitare. Portava se stessa sul set, senza finzioni, ed è proprio questo a renderla ancora oggi riconoscibile: l’autenticità.

Nonostante un talento che l’avrebbe meritato su più ampi scenari, Elena rimase fortemente legata alla sua terra. Torre Annunziata, dove era nata e dove scelse di tornare negli ultimi anni della sua vita, rappresentò il suo rifugio e la sua radice. Non c’è dubbio che il legame con il luogo d’origine permeasse ogni sua interpretazione, che parlasse con la stessa cadenza, lo stesso slancio emotivo, la stessa saggezza popolare delle donne della sua comunità.

La sua morte, avvenuta nel 1983, non suscitò il clamore che avrebbe meritato. Eppure, guardando indietro, oggi la si può rileggere come una figura cardine in quel cinema di frontiera che sapeva unire intrattenimento e denuncia sociale, dramma e commedia. Un cinema in cui il talento non era sempre premiato dai titoli di testa, ma sapeva conquistare il pubblico con la forza della verità.

Nel panorama contemporaneo, fatto spesso di immagine e artificio, Elena Fiore rappresenta una lezione dimenticata: che si può essere grandi senza essere protagonisti, indimenticabili anche nei ruoli di contorno.

Nel ricordarla oggi, nel giorno della sua nascita, è giusto restituirle un posto che le spetta non per nostalgia, ma per merito. Elena Fiore è stata molto più di una comparsa del nostro cinema: è stata una voce, un volto, un sentimento.

E chiunque oggi riveda una delle sue scene, non potrà fare a meno di sorridere. 

Non per ilarità, ma per riconoscenza.


venerdì 25 luglio 2025

Elia Fiorillo — Sindacalista per vocazione...

                 Elia Fiorillo (1948-2025) 


"Sindacalista per vocazione, 

uomo per amore della sua gente."





Ci sono persone che, anche senza mai incontrarle di persona, riescono a trasmettere qualcosa che va oltre le parole.

Elia Fiorillo era una di queste.

Il suo nome, per chi ha incrociato i suoi scritti o le sue battaglie, evoca subito un’immagine chiara: quella di un sindacalista vero, uno di quelli che il sindacato non l’ha mai vissuto come un mestiere, ma come una missione.

Per tutta la vita, Elia Fiorillo ha portato avanti la causa dei lavoratori con la coerenza e la passione di chi crede davvero nella dignità delle persone.

Non si è mai tirato indietro davanti alle sfide, alle vertenze difficili, alle situazioni scomode.

E questo non perché cercasse il ruolo o la ribalta — anzi — ma perché sentiva che la giustizia sociale non è un concetto astratto, è un impegno quotidiano.

Il sindacato, per lui, era prima di tutto un modo di stare accanto alle persone, di rappresentarle, di dare voce a chi spesso una voce non ce l’ha.

Dietro ogni incarico, dietro ogni assemblea, dietro ogni trattativa, c’era sempre l’uomo.

Nato nel 1948 a Torre Annunziata, la sua città non è stata solo il luogo delle origini.

Era il punto da cui partiva e a cui sempre tornava.

Ne ha anche raccontato con alcune storie, le ferite, le bellezze e le contraddizioni.

Non per abitudine, ma per amore.

Con i suoi scritti, pensieri pubblicati sui social, Elia parlava di Torre Annunziata come si parla di una persona cara.

Senza ipocrisia, senza sconti.

Ma sempre con il rispetto e la passione di chi non smette di credere che anche le terre difficili abbiano diritto a essere amate e cambiate.

Oltre alla sua lunga vita sindacale, Elia coltivava passioni che forse pochi conoscevano.

Scriveva poesie, rifletteva sulla società, sulla politica, sulla vita.

Ha sempre dipinto e disegnato fin da giovane, coltivando nel tempo una passione profonda per l’arte visiva. Amava regalare i suoi quadri ad amici e conoscenti, con generosità e affetto. Sebbene a un certo punto avesse smesso di scrivere, ha continuato a dipingere fino alla fine della sua vita, trovando nella pittura un canale espressivo autentico e costante.


Ma la sua vera arte è sempre rimasta quella di saper leggere l’animo umano.

E di saper parlare alle persone senza mai salire in cattedra, ma ugualmente fermo e deciso.

Innumerevoli le cariche che ha ricoperto in carriera in virtù di bravura e professionalità riconosciute in ambiti diversi della società.

Negli ultimi tempi, la malattia lo aveva messo a dura prova.

Eppure, non ha mai smesso di esserci.

Di scrivere, di condividere, di partecipare.

Di portare avanti, fino alla fine, quella coerenza che lo ha sempre distinto: quella del sindacalista che non molla, e dell’uomo che non rinuncia a raccontare la sua verità.

Io, di Elia, non ho mai avuto la fortuna di stringere la mano.

L’ho conosciuto solo attraverso i suoi scritti, i suoi post, i suoi pensieri affidati ai social e alle sue competenze riportate in rete, così come i suoi lavori pittorici che pubblicava puntualmente sul nostro gruppo di Facebook dei nostalgici torresi riscuotendo ottimi  consensi.

Eppure, come tanti altri, oggi sento di aver perso una presenza.

Perché ci sono persone che riescono a trasmettere vicinanza anche solo con un pensiero.

Elia Fiorillo era uno di loro.

Le sue parole, il suo lascito

“Il tempo passa e noi cambiamo, o forse restiamo gli stessi… basta un ricordo, un pensiero, per sentirci ancora parte di quella storia che ci ha fatto crescere.”

Questa frase, che lui stesso aveva scritto, sembra oggi il suo saluto silenzioso, dopo quel fatidico febbraio 2025.

Non un addio, ma un invito a continuare a credere — nelle persone, nella propria terra, nei valori veri.

Così come lui ha fatto per tutta la vita.


venerdì 11 luglio 2025

Tommaso D’Ambrosio: un centenario che Torre Annunziata non doveva dimenticare-




Oggi, 11 luglio 2025, ricorrono cent’anni dalla nascita di Tommaso D’Ambrosio, artista autentico, educatore appassionato, e anima profondamente legata alla sua città natale: Torre Annunziata. Un secolo esatto da quel giorno in cui, all’ombra del Vesuvio, veniva alla luce colui che sarebbe diventato un punto di riferimento per l’arte impressionista partenopea del Novecento.

D’Ambrosio è stato molto più di un semplice pittore. La sua vita è stata un intreccio di colori, emozioni, dedizione e silenziosa coerenza. Chi lo ha conosciuto ricorda la sua umiltà, la sua generosità, e quella capacità rara di vedere poesia nelle cose semplici: nei vicoli vissuti, nel mare che si muove lento, nei volti della gente comune.

Ha portato la luce di Torre Annunziata nei suoi quadri, ovunque andasse: anche quando, per motivi di lavoro, si trasferì a Roma, la sua città restava la bussola invisibile delle sue scelte, dei suoi racconti e dei suoi ricordi più vivi.

Eppure, oggi, in questa data tanto significativa, sembra che la memoria collettiva abbia voltato lo sguardo altrove. Nessuna iniziativa pubblica, nessun omaggio ufficiale, nessuna parola spesa da chi avrebbe potuto – e dovuto – ricordare.

Un’assenza che pesa. Perché dimenticare chi ha seminato bellezza è una colpa silenziosa, ma grave.

D’Ambrosio non era uno che cercava applausi: preferiva il silenzio delle sue tele, il contatto diretto con i suoi allievi, la compagnia di chi condivideva con lui l’amore per l’arte vera. Ma il rispetto per la sua figura non dovrebbe esaurirsi nei ricordi privati, né restare confinato in qualche dipinto appeso in una sala comunale.

Il centenario della sua nascita avrebbe meritato una mostra, una cerimonia, un gesto simbolico, anche piccolo, ma sentito.

Torre Annunziata ha avuto in lui un figlio devoto e generoso, un uomo che ha restituito alla città più di quanto abbia mai chiesto. Oggi, forse, il modo più sincero per onorarlo è proprio questo: ricordarlo noi, cittadini, con le parole, con la memoria, con le immagini dei suoi quadri che ancora sanno parlare. Perché la vera arte non muore, ma aspetta solo che qualcuno la ascolti.

Nel tempo in cui tutto sembra correre veloce e superficiale, fermarsi a rendere omaggio a una figura come Tommaso D’Ambrosio non è solo un gesto di civiltà: è un dovere morale verso la nostra storia, verso la nostra identità.

Che questo messaggio possa servire, almeno oggi, a riaccendere una luce là dove l’oblio stava per prendere il sopravvento.

A cento anni dalla sua nascita, Maestro, Torre Annunziata – almeno una parte di essa – non ti dimentica.


mercoledì 25 giugno 2025

Frammenti di ricordi: Il Bar Ghezzi




                    Bar Ghezzi- 2012- Foto Google Maps




Il profumo acre del caffè, il vociare amichevole dei clienti, il suono sordo delle tazzine e il leggero fruscio delle carte da gioco:  questi frammenti sensoriali rievocano il Bar Ghezzi di Torre Annunziata, un luogo che ha scritto una pagina significativa nella storia della città, diventando un punto di riferimento per generazioni.


Prima di ospitare le chiacchiere animate e le partite a carte, il locale era sede dell'ufficio postale.  Ricordo vivido è quello del postino, un uomo piccolo e tarchiato, al secolo "Giacomino", che con il suo mezzo sigaro toscano, sempre acceso, consegnava i vagli telegrafici, annunciando il suo arrivo con un'aura inconfondibile di tabacco e attesa.  Le sue visite erano eventi, carichi di emozioni, per chi aspettava con ansia notizie dai propri cari.  Accanto, nell'ufficio telegrammi, si intrecciavano le speranze e le apprensioni di chi attendeva messaggi da lontano.


La vera trasformazione del locale inizia però con Renato Ghezzi, ex calciatore della Torrese.  Questo attaccante, che ha lasciato il segno negli anni '40 con la sua carriera, ha scelto Torre Annunziata per una nuova sfida, lontano dai campi da gioco.  Ha aperto il suo bar nei pressi della chiesa dello Spirito Santo, un'attività che ben presto è andata ben oltre la semplice vendita di caffè e bevande.


Il Bar Ghezzi divenne un luogo di incontro, un crocevia di storie e relazioni umane. Non solo gli sportivi e i tifosi di calcio si ritrovavano tra quelle mura, ma anche molti operai e lavoratori, in cerca di un momento di svago dopo la fatica del lavoro.   L'ampia sala attirava numerosi clienti, tra risate, partite di carte e conversazioni animate,  creando un'atmosfera autenticamente torrese.


 Mentre la memoria collettiva si arricchiva, si sono stratificate diverse funzioni, con il Bar Ghezzi che ha assunto anche il ruolo improbabile, ma essenziale per l'epoca, di centralino telefonico, offrendo un servizio di ricezione telefonate interurbane. Questa attività ha permesso di assicurare un collegamento prezioso al mondo esterno, soprattutto per chi poteva permettersi raramente la linea telefonica a casa.


Negli anni '60 e '70, il Bar Ghezzi ha rappresentato un vero e proprio centro sociale, un punto di riferimento nel tessuto cittadino. Con la crescita economica e sociale, altri locali hanno fatto la loro comparsa, ma il Bar Ghezzi ha mantenuto il suo fascino e la sua anima.

La gestione, nel tempo, è cambiata, passando dalle mani del mitico Renato ad altri gestori tra cui spicca il ricordo dell’indimenticabile Lello De Stefano. 

Il suo destino, purtroppo, si è concluso nel 2019, ma l'eco di risate, di partite a carte, il profumo del caffè e le storie intrecciate tra le sue pareti, rimangono impresse nella memoria di Torre Annunziata, un ricordo indelebile di un tempo che non c'è più, ma che vive ancora nei racconti di chi lo ha vissuto.  La sua chiusura, segnata dalle difficoltà economiche, è solo la fine di un capitolo, ma non il completo annullamento di una storia ricca di umanità e  vicende cittadine strettamente collegate alla storia della città e noi siamo qui a ricordarlo.

lunedì 16 giugno 2025

Armando Gill a Torre Annunziata -arriva il Cafè Chantan!




Armando Gill, pseudonimo di Michele Testa, non è solo il primo cantautore italiano, un pioniere che ha saputo unire musica e parole in un'unica voce potente, ma anche un'ombra affascinante che aleggia, forse un po' dimenticata, sulle scene di Torre Annunziata. 

La sua Napoli, la sua effervescente vita artistica, sono ampiamente descritte, ma il suo legame con la città di Torre Annunziata merita una più attenta esplorazione, una luce che illumini aspetti meno conosciuti di questa figura iconica.

Infatti, se la fama di Armando Gill risuona potente nella storia della canzone napoletana, un aspetto meno noto della sua carriera merita un'attenta analisi: la sua significativa presenza a Torre Annunziata.

Sebbene la documentazione archivistica sia scarsa, testimonianze e ricostruzioni storiche consentono di delineare un quadro più preciso del suo legame con la nostra città, rivelando un capitolo importante della sua attività artistica.


   "A Torre Annunziata era di casa"


affermano le cronache locali, un'affermazione forte che indica una frequentazione assidua, probabilmente legata ad un periodo di attività teatrale intensa. 

Le testimonianze puntano verso la fase finale della sua carriera, quando, privo del supporto di una compagnia stabile, Gill si trovava a organizzare autonomamente i suoi spettacoli.


Queste performance erano un'evoluzione del tradizionale Cafè Chantant napoletano, un modello importato da Parigi ma poi profondamente rielaborato. 

A Napoli, come a Torre Annunziata successivamente, il caffè-chantant abbandonò l’intimità del locale per approdare sul palcoscenico del teatro. La formula si trasformò,  spostando l'attenzione dal consumo di caffè all'intrattenimento, creando così uno spettacolo di varietà completo.  

A Torre Annunziata, quindi, non si trattava più di un sottofondo musicale per chi sorseggiava caffè, ma di uno spettacolo a sé stante,  strutturato con una programmazione ben definita, una vera e propria "rivista" come definiscono le testimonianze.


Gill, abile improvvisatore, utilizzava la sua capacità di creare "filastrocche ritmate e versi rimati" per coinvolgere il pubblico. Questo talento, già ben noto nelle sue esibizioni napoletane, trovava anche a Torre Annunziata un nuovo contesto ideale per esprimersi al massimo. Il suo repertorio diventava un mosaico di prosa e canto, arricchito da danze e coreografie, il tutto legato da una cornice satirica di attualità, un commento arguto degli eventi contemporanei, tra cui possiamo certamente supporre la campagna d'Etiopia del 1935.


Grazie alla trasformazione del tradizionale modello del caffè-chantant in uno spettacolo teatrale più complesso, Gill riuscì ad ampliare il suo pubblico e, di conseguenza, ad aumentare i suoi introiti.  Questo "salto di qualità" probabilmente fu agevolato dalla struttura dei teatri torresi, (ricordiamo che il Moderno era stato costruito nel 1910) dotati di una sala con posti a sedere fissi e strutturata per gli spettacoli, a differenza dell'ambiente più intimo e informale del modello originale.


In definitiva, ciò che emerge da questa ricostruzione non è semplicemente la presenza di un famoso artista a Torre Annunziata, ma la testimonianza di una fase peculiare della sua carriera: una testimonianza della sua creatività imprenditoriale, della sua capacità di adattamento e della sua abilità nel creare una formula coinvolgente per diversificare il suo lavoro.  

L'eredità di Armando Gill a Torre Annunziata, dunque, non si limita ad una semplice apparizione, ma si connota come una tappa significativa, arricchendo la storia del teatro e della cultura della nostra città. 

Questa ricerca dovrà essere approfondita consultando altre fonti, ma già questi frammenti di informazioni delineano un aspetto rilevante della sua attività artistica, contribuendo a comporre un profilo più completo e sfaccettato del primo cantautore italiano.


mercoledì 5 marzo 2025

Pasquale Barracano: Un Torrese nel Mondo della Pasta







Torre Annunziata ha dato i natali a personaggi straordinari che hanno lasciato un'impronta indelebile nella storia.


Tra questi, spicca la figura di Pasquale Barracano, un uomo che ha dedicato la sua vita alla passione per l'arte bianca, diventando un'icona internazionale nel settore molitorio.


Per raccontare e ricordare Pasquale Barracano non basterebbe un libro, chiedo scusa a Marisa e Mirella per essermi cimentato con queste piccole note che non rendono giustizia e  non danno risalto all’importanza dell’uomo come andrebbe fatto.


Nato il 7 gennaio 1910 in Vico degli Infanti numero 5, da Alfonso, ferroviere, e Maria Rovella, Pasquale ha iniziato il suo percorso professionale all'età di soli 16 anni, gestendo la contabilità dei pastifici della sua città natale.  

Torre Annunziata, con il suo clima favorevole alla produzione di pasta, è stata la culla della sua passione, una passione che lo avrebbe portato lontano, ben oltre i confini nazionali.


Durante l'occupazione della Seconda Guerra Mondiale, Barracano si trasferì a Roma, dove, con grande abilità e spirito imprenditoriale, organizzò gli approvvigionamenti di grano e pasta per le popolazioni, dimostrando un'intraprendenza che gli valse una notevole notorietà a livello nazionale.  

Nonostante la lontananza dalla sua amata Torre Annunziata,  che definiva sempre "la perla del Vesuvio",  Pasquale mantenne un profondo legame con le sue origini, ricordando con orgoglio la sua città in ogni occasione.


Nel 1935, sposò Laura Alfani a Pompei, un'unione che lo ha accompagnato nel suo straordinario viaggio professionale. 

 La sua esperienza si è consolidata con la fondazione, nel 1950, della rivista specializzata "Molini d'Italia",  diretta fino al 1993 e divenuta un punto di riferimento nel settore.  Con la sua profonda conoscenza del settore, curò e organizzò ben nove delegazioni negli Stati Uniti e in Canada, diffondendo le tecniche molitorie italiane presso imprenditori e rinomate università americane.  

Questo impegno gli ha fruttato il prestigioso riconoscimento di cittadino onorario di Kansas City.


La sua carriera è costellata di successi e onorificenze.  

Fu consigliere comunale nel 1957, ambasciatore nel 1976 (ricevendo la Medaglia d'Oro "Ambasciatore Oplontino" dal sindaco Luigi Lettieri il 5 agosto dello stesso anno), e Ispettore Generale dell'alimentazione, delegato italiano CEE dal 1942 al 1973. 

 La figlia Marisa ricorda con orgoglio le innumerevoli onorificenze internazionali ricevute dal padre, comprese quelle dalla Russia e dagli Stati Uniti, e il suo sogno di realizzare un museo della pasta a Torre Annunziata.  Ricorda anche gli innumerevoli viaggi di lavoro in America, dove suo padre era riconosciuto come un esperto mondiale di grano e pasta.  

Aneddoti come la visita di Maria Orsini a Roma, per raccogliere informazioni tecniche per il suo romanzo, testimoniano la sua fama e la sua profonda conoscenza del settore.


Tuttavia, la sua storia,  raccontata attraverso le parole della figlia e i successi ottenuti nel corso della sua straordinaria carriera,  lasciano un'eredità preziosa.  Un'eredità legata alla passione, all'impegno, e all'amore per la sua Torre Annunziata, una città di cui è stato e rimane un orgoglio. 

 La sua storia, che mescola elementi di realtà con sfumature romanzate,  diventa un prezioso tassello nella memoria collettiva della nostra amata città, un omaggio a un uomo che ha saputo coniugare capacità imprenditoriali eccezionali con un profondo legame con le proprie radici.


Pasquale Barracano morì il 16 maggio 1998.


*Nota:  Grazie a Marisa per avermi fatto partecipe con i tuoi preziosi ricordi alla memoria di tuo padre, una figura importante per Torre Annunziata. È stato un dono speciale conoscere meglio la sua storia attraverso i tuoi occhi, un viaggio emozionante tra affetto e memoria che custodirò con gratitudine.


Con affetto,


Antonio Papa.*


giovedì 27 febbraio 2025

**Torresi Memorie ricorda Gino Alfani: anni di eredità, di lotta e speranza**



 




Ottantatré anni sono trascorsi dalla scomparsa di Gino Alfani, nato ad Agnone (Campobasso) il 10 maggio 1876 e morto a Torre Annunziata il 28 febbraio 1942. 

 La sua figura, quella di un infaticabile difensore dei diritti dei lavoratori e un simbolo della resistenza antifascista, continua a risuonare tra le strade della città che lo ha accolto e che ha amato profondamente.  

Torresi Memorie desidera oggi dedicare un ricordo approfondito a questo uomo che ha profondamente segnato la storia della nostra comunità, un uomo che, ben oltre la sua vita terrena, continua a ispirarci.

La sua infanzia trascorsa ad Agnone e la successiva formazione a Napoli, forgiarono in lui un carattere tenace e una mente acuta. Questa formazione, unita a una profonda sensibilità sociale, lo spinse verso un impegno politico infuocato, fin dai suoi anni giovanili. L'impegno diventò ben presto una dedizione assoluta, un faro nella sua vita.


Ricordare Alfani significa ricordare anni di lotta sindacale, di battaglie per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori torresi. Immaginate la sua figura, tra le strade affollate della città, il suo volto deciso e determinato, mentre difendeva i diritti dei suoi concittadini.  Non furono semplicemente parole ma azioni concrete:  la costruzione di un sindacato forte e rappresentativo, il coordinamento di scioperi, la difesa legale degli operai perseguitati e la costante ricerca della giustizia sociale.  

Lo sciopero alle Ferriere Vesuvio, ad esempio, rappresenta un episodio epico di questa lotta continua contro lo sfruttamento e per la dignità dei lavoratori.

La sua elezione a sindaco nel 1920 segnò un momento storico per Torre Annunziata.  Per la prima volta, un'amministrazione socialista si insediava al comando della città, dando voce alle esigenze della classe operaia e promuovendo politiche sociali innovative per il tempo.  Quell'esperienza amministrativa, pur breve, rimase un segno tangibile di speranza e cambiamento, un periodo caratterizzato da una maggiore attenzione alle necessità dei più bisognosi, un'oasi di solidarietà e giustizia in un'Italia lacerata da profondi contrasti di classe.


Ma il suo impegno non si fermò con la fine del suo mandato. Alfani affrontò con coraggio la repressione fascista, il carcere, il confino, con la consapevolezza che la lotta per la libertà e la giustizia era un percorso continuo e senza fine. 

La sua elezione a deputato del PCI nel 1924 rappresenta il culmine, la dimostrazione che le persecuzioni non avevano scalfito il suo profondo sentimento di uguaglianza e partecipazione democratica.


La scomparsa di Alfani, a Torre Annunziata, nel 1942, lasciò un vuoto incolmabile, ma la sua eredità continua a vivere tra i vicoli e le piazze della città che lo ha adottato.

 

La sua figura rimane un esempio di coraggio, determinazione e dedizione alla causa sociale, un faro che illumina il cammino di quanti, ancora oggi, lottano per una società più giusta ed equa.  Ottantatré anni dopo, la sua memoria ci ricorda che la lotta per i diritti dei lavoratori non è mai finita, e che la sua eredità deve essere tramandata alle nuove generazioni.


Elena Fiore, l’anima popolare torrese.

Il 29 luglio 2025 ricorre l'anniversario della nascita di Elena Fiore, nome d’arte di una donna che, con talento istintivo e carisma aut...