Elia Fiorillo (1948-2025)
"Sindacalista per vocazione,
uomo per amore della sua gente."
Ci sono persone che, anche senza mai incontrarle di persona, riescono a trasmettere qualcosa che va oltre le parole.
Elia Fiorillo era una di queste.
Il suo nome, per chi ha incrociato i suoi scritti o le sue battaglie, evoca subito un’immagine chiara: quella di un sindacalista vero, uno di quelli che il sindacato non l’ha mai vissuto come un mestiere, ma come una missione.
Per tutta la vita, Elia Fiorillo ha portato avanti la causa dei lavoratori con la coerenza e la passione di chi crede davvero nella dignità delle persone.
Non si è mai tirato indietro davanti alle sfide, alle vertenze difficili, alle situazioni scomode.
E questo non perché cercasse il ruolo o la ribalta — anzi — ma perché sentiva che la giustizia sociale non è un concetto astratto, è un impegno quotidiano.
Il sindacato, per lui, era prima di tutto un modo di stare accanto alle persone, di rappresentarle, di dare voce a chi spesso una voce non ce l’ha.
Dietro ogni incarico, dietro ogni assemblea, dietro ogni trattativa, c’era sempre l’uomo.
Nato nel 1948 a Torre Annunziata, la sua città non è stata solo il luogo delle origini.
Era il punto da cui partiva e a cui sempre tornava.
Ne ha anche raccontato con alcune storie, le ferite, le bellezze e le contraddizioni.
Non per abitudine, ma per amore.
Con i suoi scritti, pensieri pubblicati sui social, Elia parlava di Torre Annunziata come si parla di una persona cara.
Senza ipocrisia, senza sconti.
Ma sempre con il rispetto e la passione di chi non smette di credere che anche le terre difficili abbiano diritto a essere amate e cambiate.
Oltre alla sua lunga vita sindacale, Elia coltivava passioni che forse pochi conoscevano.
Scriveva poesie, rifletteva sulla società, sulla politica, sulla vita.
Ha sempre dipinto e disegnato fin da giovane, coltivando nel tempo una passione profonda per l’arte visiva. Amava regalare i suoi quadri ad amici e conoscenti, con generosità e affetto. Sebbene a un certo punto avesse smesso di scrivere, ha continuato a dipingere fino alla fine della sua vita, trovando nella pittura un canale espressivo autentico e costante.
Ma la sua vera arte è sempre rimasta quella di saper leggere l’animo umano.
E di saper parlare alle persone senza mai salire in cattedra, ma ugualmente fermo e deciso.
Innumerevoli le cariche che ha ricoperto in carriera in virtù di bravura e professionalità riconosciute in ambiti diversi della società.
Negli ultimi tempi, la malattia lo aveva messo a dura prova.
Eppure, non ha mai smesso di esserci.
Di scrivere, di condividere, di partecipare.
Di portare avanti, fino alla fine, quella coerenza che lo ha sempre distinto: quella del sindacalista che non molla, e dell’uomo che non rinuncia a raccontare la sua verità.
Io, di Elia, non ho mai avuto la fortuna di stringere la mano.
L’ho conosciuto solo attraverso i suoi scritti, i suoi post, i suoi pensieri affidati ai social e alle sue competenze riportate in rete, così come i suoi lavori pittorici che pubblicava puntualmente sul nostro gruppo di Facebook dei nostalgici torresi riscuotendo ottimi consensi.
Eppure, come tanti altri, oggi sento di aver perso una presenza.
Perché ci sono persone che riescono a trasmettere vicinanza anche solo con un pensiero.
Elia Fiorillo era uno di loro.
Le sue parole, il suo lascito
“Il tempo passa e noi cambiamo, o forse restiamo gli stessi… basta un ricordo, un pensiero, per sentirci ancora parte di quella storia che ci ha fatto crescere.”
Questa frase, che lui stesso aveva scritto, sembra oggi il suo saluto silenzioso, dopo quel fatidico febbraio 2025.
Non un addio, ma un invito a continuare a credere — nelle persone, nella propria terra, nei valori veri.
Così come lui ha fatto per tutta la vita.
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