martedì 29 luglio 2025

Elena Fiore, l’anima popolare torrese.



Il 29 luglio 2025 ricorre l'anniversario della nascita di Elena Fiore, nome d’arte di una donna che, con talento istintivo e carisma autentico, ha lasciato un’impronta discreta ma profonda nella storia del cinema italiano. 

A dispetto di un’industria che spesso ha riservato i riflettori a nomi più noti e patinati, Elena si è ritagliata uno spazio tutto suo, fatto di ruoli intensi, veraci, memorabili.

Dietro lo pseudonimo artistico si celava Eleonora Esposito, nata a Torre Annunziata nel 1914. 

Nonostante la discrepanza nei registri anagrafici – un piccolo mistero che ne alimenta la leggenda – quel che è certo è che fu una donna del Sud, nel cuore e nella voce. Una figura familiare, immediatamente riconoscibile, che portava sullo schermo la dignità e l’ironia delle donne del popolo. La sua fisicità, lontana dai canoni di bellezza omologata, divenne cifra stilistica: non era attrice da ruoli decorativi, ma da personaggi pieni, carne e cuore.

La sua carriera cinematografica esplose relativamente tardi, un’eccezione nel mondo dello spettacolo. Quando molti cercano il debutto giovane, lei si fece notare ormai matura, forte di un vissuto che traspariva da ogni battuta e da ogni sguardo. Lina Wertmüller, regista attenta a cogliere la forza delle individualità, intuì il potenziale di questa donna dalla voce pastosa e dagli occhi vivi, e la volle in alcune delle sue opere più celebri. Da lì in avanti, Fiore fu spesso al fianco di Giancarlo Giannini, dando vita a personaggi femminili tanto tragici quanto irresistibilmente umani.

Ma non fu solo la regista in occhiali bianchi a credere in lei. La commedia italiana, quella che sapeva mescolare il grottesco alla critica sociale, trovò in Elena Fiore una preziosa alleata. Con il suo modo diretto, mai affettato, seppe tenere testa a mattatori come Lando Buzzanca e diventare una presenza familiare nel panorama cinematografico degli anni ’70. Se i suoi personaggi spesso appartenevano al mondo popolare, erano tutt’altro che marginali: erano il cuore pulsante delle storie, depositarie di verità semplici, non semplificate.

Chi la ricorda in ruoli come madre, vicina impicciona, donna sensuale nonostante l’età e il fisico non conforme, sa che Elena Fiore recitava senza recitare. Portava se stessa sul set, senza finzioni, ed è proprio questo a renderla ancora oggi riconoscibile: l’autenticità.

Nonostante un talento che l’avrebbe meritato su più ampi scenari, Elena rimase fortemente legata alla sua terra. Torre Annunziata, dove era nata e dove scelse di tornare negli ultimi anni della sua vita, rappresentò il suo rifugio e la sua radice. Non c’è dubbio che il legame con il luogo d’origine permeasse ogni sua interpretazione, che parlasse con la stessa cadenza, lo stesso slancio emotivo, la stessa saggezza popolare delle donne della sua comunità.

La sua morte, avvenuta nel 1983, non suscitò il clamore che avrebbe meritato. Eppure, guardando indietro, oggi la si può rileggere come una figura cardine in quel cinema di frontiera che sapeva unire intrattenimento e denuncia sociale, dramma e commedia. Un cinema in cui il talento non era sempre premiato dai titoli di testa, ma sapeva conquistare il pubblico con la forza della verità.

Nel panorama contemporaneo, fatto spesso di immagine e artificio, Elena Fiore rappresenta una lezione dimenticata: che si può essere grandi senza essere protagonisti, indimenticabili anche nei ruoli di contorno.

Nel ricordarla oggi, nel giorno della sua nascita, è giusto restituirle un posto che le spetta non per nostalgia, ma per merito. Elena Fiore è stata molto più di una comparsa del nostro cinema: è stata una voce, un volto, un sentimento.

E chiunque oggi riveda una delle sue scene, non potrà fare a meno di sorridere. 

Non per ilarità, ma per riconoscenza.


venerdì 25 luglio 2025

Elia Fiorillo — Sindacalista per vocazione...

                 Elia Fiorillo (1948-2025) 


"Sindacalista per vocazione, 

uomo per amore della sua gente."





Ci sono persone che, anche senza mai incontrarle di persona, riescono a trasmettere qualcosa che va oltre le parole.

Elia Fiorillo era una di queste.

Il suo nome, per chi ha incrociato i suoi scritti o le sue battaglie, evoca subito un’immagine chiara: quella di un sindacalista vero, uno di quelli che il sindacato non l’ha mai vissuto come un mestiere, ma come una missione.

Per tutta la vita, Elia Fiorillo ha portato avanti la causa dei lavoratori con la coerenza e la passione di chi crede davvero nella dignità delle persone.

Non si è mai tirato indietro davanti alle sfide, alle vertenze difficili, alle situazioni scomode.

E questo non perché cercasse il ruolo o la ribalta — anzi — ma perché sentiva che la giustizia sociale non è un concetto astratto, è un impegno quotidiano.

Il sindacato, per lui, era prima di tutto un modo di stare accanto alle persone, di rappresentarle, di dare voce a chi spesso una voce non ce l’ha.

Dietro ogni incarico, dietro ogni assemblea, dietro ogni trattativa, c’era sempre l’uomo.

Nato nel 1948 a Torre Annunziata, la sua città non è stata solo il luogo delle origini.

Era il punto da cui partiva e a cui sempre tornava.

Ne ha anche raccontato con alcune storie, le ferite, le bellezze e le contraddizioni.

Non per abitudine, ma per amore.

Con i suoi scritti, pensieri pubblicati sui social, Elia parlava di Torre Annunziata come si parla di una persona cara.

Senza ipocrisia, senza sconti.

Ma sempre con il rispetto e la passione di chi non smette di credere che anche le terre difficili abbiano diritto a essere amate e cambiate.

Oltre alla sua lunga vita sindacale, Elia coltivava passioni che forse pochi conoscevano.

Scriveva poesie, rifletteva sulla società, sulla politica, sulla vita.

Ha sempre dipinto e disegnato fin da giovane, coltivando nel tempo una passione profonda per l’arte visiva. Amava regalare i suoi quadri ad amici e conoscenti, con generosità e affetto. Sebbene a un certo punto avesse smesso di scrivere, ha continuato a dipingere fino alla fine della sua vita, trovando nella pittura un canale espressivo autentico e costante.


Ma la sua vera arte è sempre rimasta quella di saper leggere l’animo umano.

E di saper parlare alle persone senza mai salire in cattedra, ma ugualmente fermo e deciso.

Innumerevoli le cariche che ha ricoperto in carriera in virtù di bravura e professionalità riconosciute in ambiti diversi della società.

Negli ultimi tempi, la malattia lo aveva messo a dura prova.

Eppure, non ha mai smesso di esserci.

Di scrivere, di condividere, di partecipare.

Di portare avanti, fino alla fine, quella coerenza che lo ha sempre distinto: quella del sindacalista che non molla, e dell’uomo che non rinuncia a raccontare la sua verità.

Io, di Elia, non ho mai avuto la fortuna di stringere la mano.

L’ho conosciuto solo attraverso i suoi scritti, i suoi post, i suoi pensieri affidati ai social e alle sue competenze riportate in rete, così come i suoi lavori pittorici che pubblicava puntualmente sul nostro gruppo di Facebook dei nostalgici torresi riscuotendo ottimi  consensi.

Eppure, come tanti altri, oggi sento di aver perso una presenza.

Perché ci sono persone che riescono a trasmettere vicinanza anche solo con un pensiero.

Elia Fiorillo era uno di loro.

Le sue parole, il suo lascito

“Il tempo passa e noi cambiamo, o forse restiamo gli stessi… basta un ricordo, un pensiero, per sentirci ancora parte di quella storia che ci ha fatto crescere.”

Questa frase, che lui stesso aveva scritto, sembra oggi il suo saluto silenzioso, dopo quel fatidico febbraio 2025.

Non un addio, ma un invito a continuare a credere — nelle persone, nella propria terra, nei valori veri.

Così come lui ha fatto per tutta la vita.


venerdì 11 luglio 2025

Tommaso D’Ambrosio: un centenario che Torre Annunziata non doveva dimenticare-




Oggi, 11 luglio 2025, ricorrono cent’anni dalla nascita di Tommaso D’Ambrosio, artista autentico, educatore appassionato, e anima profondamente legata alla sua città natale: Torre Annunziata. Un secolo esatto da quel giorno in cui, all’ombra del Vesuvio, veniva alla luce colui che sarebbe diventato un punto di riferimento per l’arte impressionista partenopea del Novecento.

D’Ambrosio è stato molto più di un semplice pittore. La sua vita è stata un intreccio di colori, emozioni, dedizione e silenziosa coerenza. Chi lo ha conosciuto ricorda la sua umiltà, la sua generosità, e quella capacità rara di vedere poesia nelle cose semplici: nei vicoli vissuti, nel mare che si muove lento, nei volti della gente comune.

Ha portato la luce di Torre Annunziata nei suoi quadri, ovunque andasse: anche quando, per motivi di lavoro, si trasferì a Roma, la sua città restava la bussola invisibile delle sue scelte, dei suoi racconti e dei suoi ricordi più vivi.

Eppure, oggi, in questa data tanto significativa, sembra che la memoria collettiva abbia voltato lo sguardo altrove. Nessuna iniziativa pubblica, nessun omaggio ufficiale, nessuna parola spesa da chi avrebbe potuto – e dovuto – ricordare.

Un’assenza che pesa. Perché dimenticare chi ha seminato bellezza è una colpa silenziosa, ma grave.

D’Ambrosio non era uno che cercava applausi: preferiva il silenzio delle sue tele, il contatto diretto con i suoi allievi, la compagnia di chi condivideva con lui l’amore per l’arte vera. Ma il rispetto per la sua figura non dovrebbe esaurirsi nei ricordi privati, né restare confinato in qualche dipinto appeso in una sala comunale.

Il centenario della sua nascita avrebbe meritato una mostra, una cerimonia, un gesto simbolico, anche piccolo, ma sentito.

Torre Annunziata ha avuto in lui un figlio devoto e generoso, un uomo che ha restituito alla città più di quanto abbia mai chiesto. Oggi, forse, il modo più sincero per onorarlo è proprio questo: ricordarlo noi, cittadini, con le parole, con la memoria, con le immagini dei suoi quadri che ancora sanno parlare. Perché la vera arte non muore, ma aspetta solo che qualcuno la ascolti.

Nel tempo in cui tutto sembra correre veloce e superficiale, fermarsi a rendere omaggio a una figura come Tommaso D’Ambrosio non è solo un gesto di civiltà: è un dovere morale verso la nostra storia, verso la nostra identità.

Che questo messaggio possa servire, almeno oggi, a riaccendere una luce là dove l’oblio stava per prendere il sopravvento.

A cento anni dalla sua nascita, Maestro, Torre Annunziata – almeno una parte di essa – non ti dimentica.


Achille Caldara, musica e arte da Torre Annunziata

Ci sono nomi che, con il passare del tempo, rischiano di scivolare nell’oblio. Ma alcuni meritano di essere ricordati e onorati, perché hann...