Quella zona del modenese composta da tanti paesini
arroccati sull’appennino tosco emiliano è divenuta un’area dove gli attacchi ai
nazifascisti sono vissuti come un impegno civile totalitario da parte della popolazione locale.
Montefiorino è tra i paesini piu’ colpiti dalle
violenze e dalle repressioni e i suoi abitanti reagiscono organizzandosi con le
armi che riescono a sottrarre al nemico.
In loro aiuto giungono diverse formazioni della brigata partigiana,
ottimamente organizzate, alcune finanche preposta ad accogliere i disertori che
desiderano abbandonare la causa fascista.
Siamo nel 1944 e in Italia si è instaurata la
Repubblica Sociale Italiana ma la situazione volge al peggio per il dittatore.
Mussolini ha messo in piedi una compagnia ausiliaria
di Pubblica Sicurezza a Modena in aiuto alle altre forze militari per i rastrellamenti
nei boschi e nei piccoli paesini dove è, obbiettivamente, difficile districarsi.
La maggior parte di essi sono giovanissimi alla prima
esperienza militare, ragazzi che hanno abbracciato il sogno, rivelatosi folle,
del dittatore.
Dopo alcuni mesi di lotta, quindici di questi
poliziotti decide di abbandonare la propria divisa nera e portarsi nelle file
dei combattenti partigiani.
Ne hanno abbastanza del delirio nazifascista e
scelgono la strada opposta, quello che avrebbe dovuto portarli alla libertà.
Dopo aver contattato alcuni rappresentanti del Comitato
Liberazione Nazionale, riescono ad ottenere un documento firmato che, una volta
consegnato al capo brigata partigiano locale, viene loro garantita salva la
vita.
E' la possibilità di riavere una nuova occasione.
Il
15 giugno del 1944 si mettono in marcia tra i boschi del modenese.
Sono
i quindici che hanno abbandonato tutto e tutti, il loro credo, la propria
divisa, l’arma in dotazione.
Tra loro, Enrico Visciano, una delle giovanissime guardie ausiliarie.
Hanno
lasciato tutto dietro di loro.
In un foglio custodito con forza, la loro speranza di vita.
Solo quel documento è la loro salvezza.
Non possono piu' tornare indietro, sanno che saranno fucilati per diserzione e tradimento.
Eccoli, arrivati esausti, dopo una lunga notte di fuga e paura tra i boschi, si intravede Palagano.
Ci siamo!
Ci siamo!
Tutto avviene in un attimo e il gruppo dei ragazzi è circondato da centinaia di partigiani.
“Tranquilli,
siamo amici. Abbiamo il documento firmato dai capi del CNL. Ci uniamo a voi nella lotta”.
"Ormai siamo salvi" - pensa Enrico!
Il
“comandante Nello” li guarda solo per qualche secondo.
Nello
Pini, il “comandante Nello” è il capo indiscusso della formazione partigiana
operante in quel settore gestito da Montefiorino.
Ha
subito attacchi che gli hanno causato alcuni lutti in famiglia e per questo ha
abbracciato la lotta partigiana e giurato eterna vendetta, divenendo uno tra i piu’ valorosi e spietati
combattenti della zona emiliana.
Non
si fa scrupoli di fronte ai nemici, tra l’arresto e la fucilazione, preferisce
la seconda soluzione.
Adesso
ne ha altri di fronte, almeno quindici di quelle sporche camicie nere, ma hanno
il documento firmato per aver salva la vita.
Prende
il foglio, lo strappa dalle mani della staffetta partigiana che accompagna il
gruppo dei disertori.
Lo
legge.
O almeno, fa finta di leggerlo.
Un
silenzio irreale in quel momento, tra la quiete degli alberi, nonostante l’imponente
presenza umana.
Alza
lo sguardo dal foglio stropicciato, guarda i suoi uomini.
“E’
falso!
Sono
delle spie!
Fucilateli!”
Passano due minuti, il tempo di lasciare soli
in mezzo a quella zona in cui doveva iniziare la nuova vita dei quindici
ragazzi e eseguire il folle ordine!
Fucilati
in sedici, compresa la staffetta partigiana!
Questo
episodio ha subito eco in zona, soprattutto per la brutalità e la spietatezza
della decisione.
Troppo
orrore!
Il
comando della Resistenza di Montefiorino non può far finta di nulla davanti a
tale atrocità.
Ormai
il “comandante Nello” è fuori controllo.
Il
31 luglio, quarantacinque giorni l’eccidio, il comando partigiano decise la sua
fucilazione, assieme ad alcuni dei suoi fedelissimi seguaci.
Sono
gli stessi partigiani di Montefiorino ad eseguire la sentenza di morte.
La decisione del CNL, per quanto discutibile essendo in un contesto di guerra, rende onore a quegli uomini che seppero dare un valore e un significato legittimo alla vita umana.
All'indomani della fine delle ostilità, proprio da quei luoghi iniziò un percorso di perdono umano verso i nazi fascisti da parte delle popolazioni che subirono tanti lutti e atrocità in quei lunghi anni di terrore.
La fucilazione del "Comandante Nello", per quello che può significare, dona un minimo di giustizia ai morti innocenti nel bosco di Montefiorino.
La decisione del CNL, per quanto discutibile essendo in un contesto di guerra, rende onore a quegli uomini che seppero dare un valore e un significato legittimo alla vita umana.
All'indomani della fine delle ostilità, proprio da quei luoghi iniziò un percorso di perdono umano verso i nazi fascisti da parte delle popolazioni che subirono tanti lutti e atrocità in quei lunghi anni di terrore.
La fucilazione del "Comandante Nello", per quello che può significare, dona un minimo di giustizia ai morti innocenti nel bosco di Montefiorino.
Tra
di loro, Enrico Visciano, ventiquattro anni, di Torre Annunziata, Guardia della
Polizia Repubblicana, Compagnia Ausiliare di Modena.
Nessun commento:
Posta un commento