Una delle testimonianze più antiche, risalente a oltre due secoli fa, è ancora in bella mostra a Torre Annunziata in via Garibaldi.
Si tratta di un editto borbonico in marmo, lavorato in due esemplari, datato 23 aprile 1785 e redatto dal giudice Natale Maria Cimaglia sotto l’ordine del Re di Napoli, Ferdinando IV.
Le due lapidi furono fatte murare una di fronte all’altra per accertarsi che nessuno avrebbe potuto fare a meno di leggerli e di comprendere e applicare le decisioni prese dal Regno.
Nell’editto si condannava e si raccomandava fortemente di non esercitare l’attività della sensalia in quella Torre dell’Annunciata in cui i mercati, gli affari, le compravendite operate da personaggi non sempre integerrimi stavano mettendo in moto un meccanismo che di li a pochi anni trasformò Torre Annunziata in una miniera d’oro ma il quel periodo stava provocando non pochi problemi di moralità al Regno.
Grazie a questo provvedimento, si pensò che applicando la pena della carcerazione e pesantissime sanzioni pecuniarie potessero produrre un effetto duraturo l’immediato.
Ma non bastò affinché quel fenomeno di malaffare sparisse.
Il Re non si perse d’animo e volle fare apporre un altro editto a pochi metri dai due precedenti, di cui però si sono perse le tracce anni fa dopo dei lavori.
Probabilmente anche dopo il secondo editto la situazione non migliorò alquanto e numerosi furono arresti e sanzioni di cui le cronache d’epoca ricordano nei loro registri.Nonostante gli oltre due secoli trascorsi, solo da poco tempo si è pensato di salvaguardare le lapidi con una gabbia anti vandalismo, episodi di stupidità che causarono non pochi problemi qualche anno fa ma, purtroppo, non si è ancora proceduto con la messa in sicurezza totale e definitiva delle due preziose lapidi, testimonianze antiche ma realistiche, della forte attività economica instaurata e portata avanti per decenni nei secoli scorsi da Torre Annunziata.
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