Eduardo Ferrone nacque a Torre Annunziata il 7 settembre 1923, da Gaetano e Giuseppina Savino.
Fin dalla giovane età iniziò ad apprendere e valorizzare gli ideali socialisti e antifascisti, convinto assertore dell’evoluzione della classe operaia a seguito dell’alfabetizzazione e l’erudizione.
A sedi anni era già apprendista operaio in fabbrica, continuando instancabilmente a studiare alla fine del turno di lavoro.
Ottenne, in seguito, l’impiego alla Deriver dove lavorerà fino al raggiungimento della pensione, svolgendo anche il ruolo di sindacalista della UIL.
Il matrimonio con Maria Turri e la nascita dei figli Giuseppina, Gaetano, Angela, Olimpia e Vincenzo completò il suo percorso familiare.
Padre esemplare, trascorreva ogni istante del tempo libero divertendosi con i propri figli.
È stato articolista sportivo e sindacale de "La Voce della Provincia".
Ha collaborato, inoltre, con "Corrispondenza Socialista", "Giustizia", "Enne due", "Cronache Aziendale", "Il Gazzettino Vesuviano".
È stato Con-direttore di "Quindicinale Sport".
Giornalista attivamente impegnato sui temi dei diritti civili e della giustizia sociale, tanto da essere etichettato come “giornalista proletario”, riuscì a ritagliarsi una buona reputazione anche con argomentazioni sportive riguardanti la squadra di calcio di Torre Annunziata, il Savoia.
Come ricordato dai familiari, spesso rientrava a casa dallo stadio con qualche giocatore o allenatore al seguito che ospitava a casa sua per una cena in famiglia.
Tra i tanti si ricordano Mario Trebbi, Gaspare Boesso, Crocco, Villa ecc.…
Il 2 ottobre 1976, si ripresenta con un articolo dalle pagine del quindicinale "La Voce della Provincia", in cui illustra il suo progetto nel raccontare il calcio torrese dalle pagine del giornale oplontino, spiegando le ragioni del ritorno: “Da questo numero iniziamo la nostra corrispondenza per “La Voce della Provincia”, interessandoci dello sport. Del Savoia, in particolare. È un po' come ritornare al primo amore, in quel periodo di cordialissima collaborazione che coincise con la seconda promozione in serie C. Memore di quei graditissimi ricordi ritorno nella famiglia della Voce per offrire i miei servizi sul Savoia. Da questo numero ha inizio un’inchiesta fra gli sportivi. L’iniziativa ha mosso i primi passi alla vigilia del campionato. Un giro, quasi una kermesse, in Circoli, ritrovi, bar, Cral Aziendali, per un contatto dal vivo con la massa dei tifosi.”
Il contatto con la persona per lui era fondamentale, come era alta l’attenzione con cui ascoltava il parere del suo interlocutore, dal più istruito all’analfabeta.
Con la rubrica "Un tuffo nel passato" raccontò fatti e retroscena, correlate da interviste, di calciatori rimasti nella leggenda dell'epopea savoiarda, tra cui i mitici fratelli Giraud, Salvatore Armando detto "Pecchitto", Secondo Rossi, Ercole Castaldo.
La rubrica ebbe un notevole successo ma a causa di qualche nuovo screzio con la Proprietà del giornale non ebbe ulteriore seguito.
Eduardo era legato da anni di profonda amicizia e collaborazione con un altro personaggio di valore del giornalismo torrese, Leonardo Sfera.
Dall’inizio del 1980, nel corso di sei anni, diede alla stampa tre libri che sono stati considerati dei preziosi contenitori ricchi di spunti e riflessioni per gli autori locali che si sono cimentati nella scrittura nel campo dello sport, della politica e della vita sociale.
"Il calcio sui maccheroni", editore D'Amelio, 1980.
"Specchio a mezzogiorno- Le radici del malessere" editore Istituto Anselmi, Labriola, 1983.
"Tra il bianco e il rosso", editore Istituto Anselmi, Labriola, 1986.
"Il calcio sui maccheroni" venne alla luce dopo cinque anni di ricerca in cui l'autore sviluppò la sua inchiesta negli ambienti locali raccogliendo storie, interviste, racconti, aneddoti, scritti, fotografie e ritagli di giornale prodotti alla causa il piu' delle volte dagli stessi tifosi savoiardi.
L'autore lo scrisse consapevole nel non voler raccontare solo una parte della storia del Savoia, anche per rispetto della sua preparazione personale, ma volle consegnarci un’opera a 360° che riguardasse la storia di Torre Annunziata, o almeno una parte di essa, associando gli avvenimenti di natura socio-economica con le gare sportive e gli uomini che gravitavano nell’orbita della blasonata e gloriosa società Torrese.
Il frutto di questo lavoro fu assolutamente straordinario, un libro ricco di ricordi e rivelazioni.
Tutto venne raccontato in maniera pulita e avvincente, una sequela di fatti ed eventi in costante parallelo tra le origini del Savoia con le prime gare "vere" degli Anni Venti e l'avvento del fascismo che con i suoi “ducetti” locali pretese di gestire uomini, denaro, società e calciatori, fino ad arrivare agli anni 80.
Nel 1983, con "Specchio a mezzogiorno- Le radici del malessere", approfondì con analisi lucida e diretta le problematiche di una città passata in pochi anni da valori assoluti di realtà sociale, culturale ed economica a “malata cronica” con il suo numero esorbitante di disoccupati, di aziende chiuse, o prossime alle dismissioni, di famiglie disagiate, in cerca di abitazione, di analfabetismo dilagante, di criminalità incalzante. Nella ricerca delle responsabilità non fermò il suo atto d’accusa sulla classe politica che aveva governato Palazzo Criscuolo negli ultimi cinquant’anni ma andò oltre, accusando i centri di potere, le forze mafiose, il sistema politico-affaristico, anticipando nei tempi le inchieste giudiziarie italiane che di lì a pochi anni decapitarono una generazione di “politici” corrotti e collusi, anche nella nostra città.
Un autentico atto d’accusa che aprì occhi e mente anche ai ceti meno abbienti, a coloro che, almeno in apparenza, non sapevano.
Tre anni dopo, nel 1986, con "Tra il bianco e il rosso", approdò al completamento del suo immane lavoro durato circa un decennio con analisi che rispecchiavano fedelmente il ruolo di Torre Annunziata come punto di riferimento delle provincie meridionali, indicando proprio la “questione meridionale” quale principale battaglia da combattere e vincere per “il decollo socio-economico-culturale” di tutto il paese.
Senza questo fondamentale approdo ad una condizione di gestione politica tesa a migliorare le condizioni sociali, ammonisce il Ferrone, l’Italia non riuscirà mai a portarsi al livello delle piu’ progredite nazioni europee, è sarà destinata a rimanere il paese “dell’instabilità e del malessere, della criminalità e del terrorismo ideologico”
Anche in questa occasione aveva ragione.
Il libro è un’avvincente storia di lavoro, operai, personaggi e cronaca che parte da Oplonti e termina con l’omicidio di Giancarlo Siani, riassumendo la storia di Torre Annunziata nell’arco dei secoli quando da luogo ideale di soggiorno per gli antichi romani si ritrova, dopo duemila anni, ad essere campo di battaglia per i nuovi “barbari”, assetati di denaro e potere, incuranti della bellezza e delle meraviglie che la natura aveva donato alla nostra città, anzi facendone sfregio.
Negli anni Ottanta fece parte della delegazione composta da personalità politiche e culturali di Torre Annunziata che furono ricevute in visita al Quirinale per incontrare e salutare il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, di cui era suo grande ammiratore riconoscendo in Pertini quegli ideali di socialismo che gli facevano onore.
Era in procinto di preparare un quarto libro quando venne inesorabilmente colpito dal male incurabile.
Eduardo Ferrone morì il 31 ottobre 1990, a soli 67 anni.
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