lunedì 17 ottobre 2022

VENCHI UNICA- Il ricordo di un sogno.

VENCHI Unica ( Torre Annunziata 1943).

Io, mia madre ed all' interno si intravede mio nonno Ernesto Avallone.







Di Gioconda Galluccio


La Venchi Unica era una rinomata Azienda di Torino che aveva filiali sparse in tutte le più importanti città d'Italia e dato che Torre Annunziata attraversava momenti di grande benessere economico, aveva potuto ospitare un'elegante filiale. 

l negozio della Venchi Unica di Torino era stato dato in gestione ad un mio parente carissimo negli anni 30 e ha avuto lunga vita a Torre Annunziata.

La Città che aveva mantenuto il suo decoro durante i bombardamenti più furiosi, cadde in ginocchio. 

La virtuosa laboriosità dei cittadini fu cancellata in un attimo.

Le saracinesche divelte, i calcinacci che imbrattavano il raso bianco dei ripiani delle vetrine, gli specchi rotti e i liquori che gocciolavano dalle bottiglie infrante.

Già durante i bombardamenti della guerra, il Negozio tremava e si fuggiva nel ricovero per una porticina alle spalle del Banco di Roma.

Mentre mia madre pregava con altre signore, io giocavo con una bambina di cognome Tamburini. 

Ricordo solo che era carina

Che cos'è la guerra per una bambina? 

Oltre che dolore, è oltraggio alla memoria.

Poi vi fu lo scoppio di quattro carri di munizioni del 21 gennaio del 1946.

' Ntonuccio, il fattorino con le spalle appoggiate al portone dell'antico palazzo del Banco di Roma, guardava il Negozio.    I calcinacci imbrattavano il raso bianco delle vetrine.

Dalle mensole colavano i liquori delle bottiglie spaccate e schegge di specchi e cristalli, arrivavano fino al centro della Piazza. 

A 'Ntonuccio sembrava di fissare l' inferno. 

Solo chi è infinitamente malvagio e non riesce a recepire l'armonia del Creato, anela alla sua distruzione.

Il fattorino piangeva asciugando la faccia con la manica della giacca e il suo viso ne usciva impolverato di calce bianca, così che pareva un povero pulcinella morente.

Piangeva perché la Signora della Venchi Unica, entrando nel retro bottega ne era uscita con la scopa in mano e gli faceva cenno di avvicinarsi per spazzare il pavimento come tutte le mattine.

Il pover' uomo gridò e poi fuggì lungo il Corso, chillo d' a parte 'e vasce, quello che portava alla Salera, ai Pastifici, alla chiesa di S. Luigi che non c' era più.

Come aveva amato quei luoghi.

Ecco, l’ultima scena che mi si presenta alla memoria stringendomi il cuore, è quella del giorno dopo lo Scoppio. 

Sarebbe rinata la città con la stessa gente che aveva seminato, raccolto e usato le risorse di questa terra miracolosa per la divina arte conserviera e quella della pastificazione?

 Nel 49 il Negozio c'era ancora. 

Non vendeva paste fresche, ma scatole di cioccolatini, confezioni di Nugatine e tanta deliziosa ghiaia della Dora cioè confettura di mandorle tostate somigliante alla ghiaia di fiume, levigata dall'acqua e c'era pure la Merendina Unica. 

La vetrina centrale ampia e luminosa, offriva alla vista, nei pirottini ben messi nei vassoi, i Baci di cioccolata con la ciliegia, altra specialità della Venchi. 

Ai lati dell' esposizione centrale, c'erano due vetrinette alte e snelle con bottiglie di liquore messe in bell'ordine. 

Sullo sfondo c'era lo specchio longitudinale che creava rifrangenze di colori. 

La foto non ha lo splendore dei miei ricordi.


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