Corriere della sera- 2 Novembre 1962 |
Era giorno di festa.
Quell'anno, il 1962, la festa di "Ognissanti" cadeva di giovedi.
Un Primo Novembre abbastanza movimentato.
D'altra parte, come ben sappiamo, la zona che porta da Piazza Croce a via De Simone, "a sces da Nunziata", è sempre stata caratterizzata da un gran numero di attività in massima parte legate alla vendita di alimentari di tutti i generi.
Erano decine, in maggior parte ambulanti, che aspiravano e lottavano per piazzare la loro merce in quei due metri di spazio pro capite, e andavano a contrattare con chi di dovere per ottenere l'autorizzazione.
Sapevano che quel luogo era l'unico modo per essere sicuri di vendere la loro merce.
Quel posto, quella zona in particolare, era garanzia di successo, dai frutti di mare al pesce, dal pane alle fragole, dal gelato ai fichi d'india, dalle noci alle angurie.
Tutto si vendeva.
Tutto.
Non era solo un giorno di festa, per qualcuno no.
C'era un funerale in programma, era previsto nel pomeriggio, dopo la messa svoltasi in chiesa.
Erano passate da poco le sedici, come al solito il percorso del corteo funebre prevedeva l'arrivo in via Garibaldi, "o vico e San Gennaro", e da lì il proseguimento per via Sepolcri, sede del cimitero cittadino.
Arrivati all'imbocco con l'importantissima via Garibaldi si era creato un certo movimento e frastuono.
La giornata di festività aveva portato diverse auto e gruppi di persone nella zona.
Erano i tempi in cui le auto erano ancora un lusso ma, inevitabilmente, l'acquisto della prima macchina stava diventando un sogno realizzabile per tante famiglie.
Destinati al declino, coloro che erano proprietari di calesse trasportato da cavallo, anche se dobbiamo dire che a Torre Annunziata riuscirono a continuare il loro lavoro fino agli inizi degli anni ottanta, per poi definitivamente sparire.
Un'altra delle tradizioni torrese che ha dovuto lasciare il campo al progresso dei mezzi stradali.
Proprio in Piazza Croce era posizionato il calesse di Giuseppe Mirto, sessantanovenne, intento a parlottare con altri suoi compagni di lavoro, in attesa che qualche gruppo di persone terminasse il giro alla ricerca di mercanzie e si decidesse a fare rientro a casa.
Evidentemente, oltre al tranbusto dei mezzi, in quel momento si aggiunse anche la confusione creatasi per l'arrivo del funerale, e accadde che il cavallo del Mirto riuscì a sganciarsi dalle briglie, galoppando verso via Garibalbi, proprio mentre in quel momento entrava il corteo funebre.
Possiamo facilmente immaginare le scene di panico che avvennero in quegli attimi.
Chissà quante persone avranno sognato la notte quel cavallo imbizzarrito che, in preda al panico, tutto calpesta e travolge, spargendo sangue e feriti dappertutto.
Un maresciallo dei carabinieri, Eugenio Ludovico, comandante la stazione di Scafati, stava seguendo il feretro e, appena si vide passare il cavallo di fianco non perse tempo e si mise ad inseguirlo per quattro cinque metri afferrandolo al collo con un balzo prodigioso ma, nella ricaduta, venne travolto e calpestato, riportando la frattura della gamba sinistra.
Il cavallo, dopo questo primo tentativo di fermo, ripartì ancora piu' impaurito, travolgendo nella sua folle corsa ancora una decina di persone.
La fine della tragica corsa avvenne a metà della via, quando altri coraggiosi riuscirono ad afferrarlo e a tranquillizzarlo.
Rimasero seriamente feriti a terra altre quattro persone, i fratelli Sergio e Gabriele Arpaia, Ubaldo Laudano e Michelangelo Vitiello, tutti guaribili in una decina di giorni.
Insomma, una giornata da dimenticare anche se alla fine non ci scappò il morto.
Non successe solo per una questione di fortuna...
Cartolina del 1920- Già 40 anni prima la piazza era animata... |
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