Sapevo che era una delle ultime partite del mio Savoia a cui
avrei assistito. Mancava poco a trasferirmi al Nord in cerca di una vita
diversa e quella partita doveva rappresentare il suggello d’amore e d’addio tra
il mio cuore e quei magnifici campioni in maglia bianca.
Partimmo all’una da casa mia, eravamo in cinque nella
macchina di mio padre, una 127 color verde pisello, che avrei lasciato anch’essa
con molto rammarico.
Compagna fedele in quegli anni accompagnò le mie amicizie e
il mio amore in luoghi in cui mai avrei creduto potesse arrivare!
Torniamo a quel giorno, domenica 6 maggio 1990.
Gigi Farinelli, il Presidente che aveva forgiato quella
squadra, molto tecnica, con il suo carattere di guerriero aveva operato un
autentico miracolo nell’anno in cui l’indisponibilità dello stadio di Torre
Annunziata aveva costretto tutti a trasferirsi a Torre del Greco in occasione
delle partite interne.
A Peppe Sasso, storico factotum dei bianchi, venne affidata il
settore organizzativo.
Uno dei segreti di quell’annata è sicuramente da rimarcare
nella professionalità e nella competenza dei preposti scelti.
Scelte abbastanza delineate, finanche nei ruoli medici, con
il Dott. Ciniglio e l’inossidabile Andrea Vecchione
A Felicio Ferraro il compito arduo di allestire una squadra
che potesse essere all’altezza delle aspettative del pubblico torrese.
Naturalmente Felicio, con le sue grandi conoscenze tecniche,
riuscì nell’ennesimo miracolo.
Il condottiero di quel Savoia era Mario Schettino, artefice
di un lavoro straordinario condotto prima sulla testa dei ragazzi e poi sulla
tattica.
Perché, quell’anno, le favorite alla vittoria del campionato
erano due, e tra queste non c’era il Savoia.
La solita Juve Stabia e l’A. C. Stabia, le due pretendenti
che non lesinarono milioni nell’allestimento di due super quadre.
Specialmente l’A.C. Stabia del presidentissimo Sabatino
Abbagnale.
Impressionante il ritmo che il Savoia impresse alla
classifica, specie nella seconda parte del campionato.
Antonio Marasco, torrese doc, era il motore dell’armata
bianca che sprizzava gioia e gol per i savoiardi che assieparono gli stati del
sud Italia.
Marasco, accompagnato da un gruppo fantastico, era pronto
per il salto verso lidi professionistici.
L’esplosione di un ragazzo di Castellammare prelevato dal
Cosenza, un certo Sossio Aruta, il futuro "Re Leone", trasformò le domeniche torresi in domeniche di
felicità.
Anche quel sei maggio era destinata ad essere una di quelle
giornate.
Ritorniamo in macchina e portiamoci allo stadio che sarà il
campo dell’ultima battaglia, quella decisiva.
Si va a Portici, contro il Praia a Mare, squadra che non ha
niente piu da chiedere al campionato, venuta in gita per trascorrere una
giornata di festa con noi.
L’arrivo allo stadio San Ciro è caotico.
Un muro umano e una valanga di bandiere bianche si estendevano su tutto il percorso che dal parcheggio ci accompagnava all’interno dello
stadio.
Appena entrati, uno spettacolo unico!
Non ci sono parole che possono raccontare quello che si vide
quel giorno, non servirebbero.
Quelli che c’erano saranno d’accordo con me.
Una festa incredibile.
Neanche l’inizio della gara riuscì a far cadere l’attenzione
sulle azioni di gioco, si guardava solo la porta difesa dal portiere avversario
in attesa che il pallone gonfiasse la rete, quella rete che avrebbe realizzato l’adempimento del sogno.
All’improvviso, come un fulmine, arrivò la rete degli
avversari!
Forse non c’è ne accorgemmo neanche.
Troppo forte il Savoia per subire una beffa del genere.
E infatti furono quattro le reti che i bianchi rifilarono ai
giocatori della squadra calabrese.
Finì come programmato quella mattina, in trionfo!
Il ritorno a Torre Annunziata fu uno dei momenti piu belli e,
allo stesso tempo, piu’ amari della mia vita.
Sapevo che quella era la mia ultima stagione che avrei
seguito la mia squadra per tutta l’annata e mi dispiaceva enormemente lasciarla
proprio nell’anno della promozione dopo tutte le delusioni e le sofferenze che
avevamo subite in quegli anni negli stati del meridione.
Ma questa è un’altra storia, nulla a che vedere con quella
eroica e bellissima che la squadra dei bianchi seppe scrivere nel libro del
calcio.
Quello che non è mancato, mai, sicuramente e l’amore viscerale
che il vero torrese esprime e trasmette alla squadra dei bianchi, nonostante la lontananza, le
alterne fortune e le incredibili vicissitudini cui siamo stati costretti a
subire in questi ultimi decenni.
Comunque vada rimarrà sempre un solo grido d’amore:
FORZA SAVOIA!
ero sul terreno di gioco col mio amico cognato Gigi Vizzato che ora non c'è più,
RispondiEliminaper le riprese da portare a canale 21...non ti dico le emozioni che ancora ricordo