Provare a raccontare Ernesto Bergamasco è semplice e
complicato allo stesso tempo.
Semplice, perché il personaggio possiede una carica di
genuinità, simpatia e calore non comune. Nonostante i suoi trascorsi di gloria
sui ring di tutto il mondo, le innumerevoli vittorie conquistate nei piu’
prestigiosi incontri pugilistici dell’epoca, quarant’anni dopo Ernesto non ha
perso quelle caratteristiche che lo hanno portato, alla soglia dei settant’anni,
ad essere uno dei personaggi pubblici piu’ schietti e sinceri, e per questo
apprezzato, della nostra città.
Complicato, perché quelle sue stesse prerogative di uomo
sincero, talvolta sono state cause di intoppi, malintesi e colpi di testa
clamorosi, specie come in occasione del suo abbandono al pugilato, avvenuto al
termine del match con Martinesi a Milano nell’incontro per il titolo italiano,
perso per una chiara testata del suo avversario, quando il nostro Ernesto era
in vantaggio ai punti.
Ma partiamo dall’inizio e leggiamo, in modo sintetico, il
pensiero di Ernesto sul racconto della sua vita.
Chi è
Ernesto Bergamasco?
“Sono nato a Torre Annunziata il 17 febbraio 1950. Quando
ero ragazzo ho iniziato a lavorare nel macello comunale e, dato che avevo una
forza non comune, spinto con insistenza da parenti e amici ho iniziato a fare
pugilato.
Mi è subito piaciuto e nel giro di poco tempo sono entrato
nel giro della Nazionale. Non potevo combattere perché avevo solo 14 anni,
allora i regolamenti non permettevano incontri per tale età, quindi ho dovuto
attendere di avere 16 anni prima di cimentarmi nel campionato italiano novizi,
a Roma, che naturalmente vinsi.
Da lì capii che quella pugilistica sarebbe diventata la mia
seconda vita.”
L’incontro
con Mariano Fabbrocino.
“ È stato un personaggio fondamentale della mia carriera
sportiva e anche della mia vita, il mio primo tifoso. Era il mio sponsor, mi
seguiva e spronava in tutte le manifestazioni, nonostante fosse impegnato nella
sua attività lavorativa che conduceva tra Terzigno, Boscoreale e le varie sedi
della banca che seguiva con altrettanta passione.
Senza la sua disponibilità, entusiasmo e competenza difficilmente
avrei potuto raggiungere i risultati ottenuti, non perché non ne fossi capace
ma proprio per il difficile percorso che il mondo della boxe permette di fare,
basato non solo sulla forza fisica del pugile ma anche sulla solidità, la
serietà e la bravura dell’entourage che lo circonda. Ricordi incredibili mi
legano a quegli anni, l’incontro con il mitico Benvenuti, che tra l’altro venne
anche una volta a Torre Annunziata e fu mio ospite, la trasferta al Madison
Square Garden a New York quando incontrai, tra la folla che acclamava la nostra
squadra azzurra, decine di torresi, l’emozione di trovarmi accanto a Cassius
Clay, Teofilo Stevenson e tutti i grandi della boxe mondiale. Emozioni e
ricordi incredibili! Posso dire con orgoglio che con la boxe ho girato il mondo”
Olimpiade
di Monaco 1972.
“Ero partito con grandi obiettivi, volevo portare la
medaglia a Torre Annunziata. Purtroppo, nei giorni precedenti il mio esordio,
l’assalto dei terroristi nella cittadella provocò la morte di tante persone e,
tutto questo, accadde proprio sotto i miei occhi, a pochi passi da me. Ne
rimasi sconvolto. Quelle povere persone vennero massacrate. Le Olimpiadi
continuarono ma io ero come fossi assente, svuotato. Fu vita facile per il mio
avversario Santow, ufficiale della Marina thailandese, vincere quell’incontro e
mandarmi a casa. E pensare che qualche mese prima lo avevo facilmente battuto.
Fu una delusione tremenda.”
Forni di
Sopra, Carnia, settembre 1974, Titolo italiano superleggeri.
“Ricordo che arrivarono da Torre Annunziata almeno 4 pullman
di tifosi per me. Erano circa trecento torresi che urlavano e mi incitarono fin
dall’inizio. Il mio avversario, Bruno Freschi, mi sorprese all’inizio. Fuori
casa non era gran che, quando combatteva in casa si trasformava. Purtroppo alla
seconda ripresa fui costretto alla resa per una ferita e dire addio ai sogni di
gloria. Tornai a Torre sconfitto ma sempre amato dai miei fans. Accettai anche
una candidatura nelle liste del PSI nelle elezioni comunali ma per una manciata
di voti non fui eletto. Ottenni, però, la vittoria nel concorso indetto al
Comune per il posto di Vigile Urbano, che mi permetteva di svolgere abbastanza
regolarmente gli allenamenti, in previsione di una rivincita nazionale.
Purtroppo non riuscirono a organizzare la rivincita a Torre Annunziata, sempre
per i soliti problemi economici e organizzativi”
Milano,
1978, sconfitta con Martinesi.
“Era l’occasione della rivincita e ancora una volta mi
toccava combattere lontano dalla mia città. Evidentemente l’organizzazione che
avevo al mio fianco non era in grado di sostenermi ai massimi livelli.
Sicuramente se avessi accettato la corte del grandi manager di allora,
Branchini in primis con la sua scuderia Fernet Branca, Proietti di Roma e
altri, la storia sarebbe stata diversa. Forse, l’errore cui posso imputarmi
maggiormente per non aver permesso alla mia carriera di diventare leggendaria è
stato proprio questo, non accettare di trasferirmi alla corte dei piu’ grandi
manager. Sono certo che le mie poche sconfitte in carriera negli incontri
decisivi, frutto di testate da parte avversaria, conteggio ai punti
discutibili, preparazione non sempre ottimale, non si sarebbero concretizzate
negativamente per me. Dopo la sconfitta con Martinesi chiesi la rivincita al
mio entourage per dimostrare il mio valore. Non ci fu verso. Dissero che non
c’erano le condizioni per farlo. Decisi in quel momento di smettere di
combattere. Avevo solo vent’otto anni ma non sentivo la fiducia dei miei
intorno. Rimasi molto deluso di questo, piu’ della sconfitta stessa”
Il futuro,
la palestra.
“Da allora ho preso giovani su giovani e portati ad
allenarli e farli crescere professionalmente e umanamente. Campioni torresi che
hanno collezionato titoli italiani uno dietro l’altro. Zurlo Renato Biagio è stato
uno dei primi su cui ho lavorato, poi ho continuato con Pietro Aurino, e ancora
sul giovane Pinto, e tanti altri, tra cui mio figlio Raffaele che ha vinto
diversi titoli oltre la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo. Insomma,
Torre Annunziata è diventata una delle prime scuole in cui i fuoriclasse
venivano sfornati a getto continuo, nonostante i pochi mezzi che avevamo a
disposizione. Una delle eredità che ci ha lasciato il terremoto dell’80 è stata
questa palestra che il Commissario Straordinario Zamberletti volle, dietro
nostra richiesta, rendere agibile una volta terminata l’emergenza. E da qui che
continuo il mio lavoro di maestro, e da qui che continua il mio sogno di
preparare al massimo l’atleta che, sono certo, un domani saprà regalare quella medaglia
olimpica alla nostra Torre Annunziata che aspettiamo da troppo tempo. Attualmente
Irma Testa è la nostra portabandiera, sono sicurissimo che sarà la nostra
eroina a Tokio 2020, e non ci aspettiamo una medaglia piccola, ma quella
grande…
Per il dopo, ci sono
alcuni ragazzi molto interessanti, ma su questo dobbiamo lavorarci.”
E allora,
Grazie di tutto Maestro Ernesto
e
Buon Lavoro!
Un'altra perla che Torre Annunziata ha mostrato al mondo. Auguri maestro.
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