ALFREDO CANNAVARO |
La
ricevitoria del lotto in Piazza Cesare Battisti iniziò l’attività nei primi
anni 50 quando erano ancora aperte, e lo sarebbero state per tanti anni ancora,
le tragiche ferite e conseguenze della guerra.
La “fabbrica
dei sogni”, o delle illusioni, fece breccia nella vita degli italiani,
specialmente nel popolo napoletano, speranzoso che una bella vincita tramite
tre numeri fortunati ricordati in un sogno o che gli fossero stati sussurrati
da un parente morto potesse far cambiare in meglio il proprio destino e le
condizioni economiche spesso precarie.
I tre giovani
impiegati scelti dall’Intendenza di Finanza per Torre Annunziata furono Federico
Di Martino, Mario Minelli e suo cognato Alfredo Cannavaro.
A loro venne
affidato il compito di gestire il gioco del lotto nella centralissima piazza
Battisti, “miez a croce”.
Agli inizi,
gli orari di apertura degli impiegati stridevano però con coloro che volevano
assicurarsi la giocata già a prima mattina, a causa del duro lavoro di
pescivendoli, pescatori, fornai, fruttivendoli, costretti ad essere presenti in
fila davanti alla ricevitoria alle prime ore dell’alba in attesa dell’apertura.
In breve
tempo agli impiegati venne assegnato un nuovo orario d’inizio attività e, per adeguarsi
all’esigenza dei “giocatori”, dovettero anticipare l’apertura alle 6 del
mattino, proprio per permettere a tutti di partecipare alle giocate.
Ma c’era un
altro problema di non facile soluzione: il lungo tempo di attesa per le giocate.
La posizione
logistica della ricevitoria favoriva un enorme numero di clienti fissi che,
abbinato ai numerosi giocatori di passaggio della popolare e popolosa zona,
rendeva particolarmente affollata la saletta di attesa e spesso si assistevano
a scene surreali.
Non c’era il
giocatore con una determinata caratteristica ma persone di ogni età e di ogni
ceto sociale, dall’industriale all’operaio, dall’ambulante al professionista.
Per
velocizzare il tempo delle giocate e snellire le file che si formavano davanti
alla piazzetta vennero inseriti i “precari”, impiegati che non avevano una sede
fissa, e tra loro ricordiamo Agata Cannavaro, sorella di don Alfredo, la
signora Anna Fabbrocino e altre ancora.
Erano quelle
che si occupavano delle “copie”.
Ricordiamo
che all’epoca le giocate venivano effettuate con dei “registri”: da un lato si
segnavano i numeri e il tipo di giocata e la stessa giocata si scriveva sul
"biglietto” che poi veniva staccato e consegnato al giocatore; poi i
"registri” venivano consegnati entro il sabato mattina all’Intendenza di
Finanza.
Prima di
consegnare questi registri venivano fatte le copie, cioè si riscrivevano le
giocate su appositi registri per controllare in caso di vincita.
Immancabile,
sul bancone delle giocate, “La Smorfia”, indispensabile soccorso degli addetti al
gioco davanti alle domande, richieste e quesiti che venivano posti dal
giocatore al povero impiegato!
Questo tipo
di sviluppo del gioco del lotto è andato avanti fino a metà circa degli anni
80.
Ricordo
personalmente quando da ragazzo entravo per giocare due fogli interi di
quaderni compilati da don Silvio Ricciardi, proprietario della fabbrica del
ghiaccio, che mi commissionava già al lunedì mattina, raccomandandomi di
recapitarli personalmente nelle mani di don Alfredo e, se fosse stato occupato
in altre situazioni, nelle mani di don Federico, a nessun’altro!
Il caro don
Silvio non giocava molto, qualche migliaio di lire, ma tantissimi biglietti e a
volte mi capitava di stare anche tre ore per aspettare i biglietti giocati.
Giocare la
schedina Totocalcio il sabato sera, poi, era un’impresa, perché tutti noi,
colpevolmente, aspettavamo l’ultima ora per farlo, tra la rassegnazione
generale degli addetti al banco.
Nel 1985,
poi, ci fu il ritardo nelle uscite del “34” che provocò un disagio incredibile
con la chiusura dei botteghini che non riuscivano a soddisfare le richieste di
biglietti da parte del popolo speranzoso.
Tante e
tante persone sperperarono tutto quelle che avevano nell’inseguire un sogno di
vincita milionaria con quel maledetto numero, uscito nell’ultima estrazione di
quell’anno, quando a seguito di uno sciopero degli addetti alle ricevitorie si
registrarono una diminuzione delle giocate di circa il sessanta per cento e
gran parte dei giocatori si era riversata a giocare presso i primi centri
clandestini gestiti dai clan camorristici, il lottonero.
Nel 1987 la
privatizzazione ufficiale delle ricevitorie da parte dello Stato garantiva alle
stesse la concessione del gioco dietro una percentuale, chiamata in gergo
“agio”, praticamente una tassa.
La gestione della
ricevitoria fu affidata alla signora Albadora che si avvalse della presenza,
ormai carismatica, di personaggi storici del luogo, don Alfredo e Federico.
Qualche
tempo dopo iniziava la collaborazione anche l’amico Giovanni Grimaldi a cui era
affidato il compito di stilare le “noticine”, i foglietti volanti che
lasciavano i clienti per passare poi a ritirare i biglietti una volta giocati.
Si arrivò al
1994 quando il gioco del lotto venne automatizzato.
Praticamente
non si trascriveva piu’ il biglietto a mano ma, lo stesso, veniva prodotto da
un terminale di gioco, riducendo al minimo gli errori di trascrittura e i tempi
di attesa ma facendo scemare il fascino, l’emozione, la partecipazione
coinvolgente che appassionava la “creazione” dei numeri.
Verso il
2015 il figlio della signora Albadora vendette la licenza dei giochi ad altre
persone, decretando la chiusura della storica Ricevitoria.
Non sono
scomparsi nei nostri ricordi le figure carismatiche di tutti quei personaggi,
prima tra tutti “Don Alfredo dù banculott” che hanno contribuito a far sognare intere
generazioni di persone che affidarono nelle loro mani i propri sogni,
illudendosi con la cabala, con improbabili tecniche matematiche, nella speranza
di dare una soluzione ai problemi economici accentuati, purtroppo in questa
città, dalla crisi dei pastifici, dalla fallimento della politica industriale,
dal crollo del mercato siderurgico degli anni 70, da una classe politica incapace
di associare e proteggere una città che all’inizio del secolo era additata ad
esempio di capacità, lavorazione ed efficienza nel mondo intero.
La Grande
Torre Annunziata.
*GRAZIE A GIOVANNI GRIMALDI SENZA IL QUALE QUESTO POST NON SAREBBE STATO POSSIBILE REALIZZARLO E A GAETANO CANNAVARO.
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