Ciao Toro,
proprio adesso, guardando la tua foto, mi rendo conto ancora
una volta di quanto la vita sia stata ingiusta con te.
Anzi, di più.
Ci conoscevamo da piccoli e da allora abbiamo iniziato a
prenderci in giro per la nostra fede calcistica, bianconera la mia, granata la
tua.
Immancabilmente, alla mia domanda sul perché di quella
preferenza mi rispondevi: “E’ una fede!”.
E ridevamo.
Sei stato uno tra i pochi che ha avuto la forza e la capacità
di abbinare una doppia figura, quella da tifoso e sportivo, forse l’unico che
abbia saputo miscelare i due stati d’animo, una prerogativa che solo persone
forte interiormente possono coniugare.
Mai un insulto, un’offesa, un accesso d’ira.
Non sono mai riuscito a spiegarmi come facevi a resistere
agli sfottò dopo le sconfitte del tuo “Toro”.
Mi rispondevi: “E’ una fede!”
E ancora, entrambi, di nuovo a ridere…
Ogni volta che arrivavi c’era sempre chi non riusciva a
resistere alla tua contagiosa allegria e si aggregava alla scenetta, alla gag, trasformando
quel momentaneo incontro in una festa gioiosa e divertente.
Alla fine si finiva sempre a intonare un coro che aveva,
spesso, due soluzioni terminali: “Forza Toro!” oppure “Forza Savoia”, la “nostra”
squadra del cuore.
Quasi sempre venivano scanditi entrambi!
Eppure questa gioia di vivere che riuscivi a trasmettere è stato
per me un grande insegnamento.
Non era solo uno stato d’animo ma un modo di vivere che solo
una grande forza interiore, forse l’amore che non ha potuto completamente donarti
tuo padre quando era in vita, te lo ha potuto donare dall’alto.
Perché, nonostante tutto, sei stato un ragazzo che ha
sofferto molto, già da piccolo.
E ricordo di quando successe nei pressi del vico di San
Gennaro, quando tuo padre Michele perse la vita a causa di un terribile
diverbio.
Era il 1967 e tu avevi solo 6 anni.
Solo una persona con gran coraggio avrebbe potuto affrontare
la vita come hai fatto tu, riuscendo a vincere le paure e l’ingiustizia con una
forza d’animo e volontà incredibile.
Era da tanto che non ti vedevo e mi avevano detto che ormai
a Torre passavi saltuariamente.
Le ultime volte a Torre, trent’anni fa, ricordo che non
parlavi d’altro che di Raniero Di Cunzolo, il forte terzino sinistro del
Savoia, un vero idolo per te, come per noi.
Ma i tuoi commenti, le frasi punteggiate, l’esclamazione
precisa, rendevano il racconto fluido e incessante.
Uno spettacolo ascoltarti!
Ti ho rivisto l’anno scorso, a Boscoreale, di sfuggita e
subito ti ho cercato con gli occhi tra la folla e dopo avermi riconosciuto ho
visto il tuo bel sorriso, arrugginito un po' dal tempo e dalla fatica, ma
sempre bello, genuino, vero.
Come al solito, hai alzato quella mano e mi hai salutato
come trent’anni fa, come quando ridevamo come due scemi… “Forza Toro!”, e io “Forza
Juve!”
Grazie amico mio per esserti ricordato di me dopo tanti anni, dopo tutto quello che hai sofferto nella tua giovane vita.
Spero che quella bella immagine rimanga sempre
nella mia mente ogni volta che ripenso a te, come le tante altre che abbiamo
condiviso dei nostri anni migliori.
Grazie, ancora, per la bella lezione di umiltà e civiltà che hai saputo
donarci, a tutti.
Sicuramente le belle persone come te sono state scelte da
Dio per andare in giro ad insegnare al mondo l’amore e il rispetto per il
prossimo.
Quello che farai adesso guardandoci da lassù, e per cui,
sono certo, mi risponderai:” È una fede!”
FORZA TORO!
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