lunedì 9 novembre 2020

Ad Antonio Amura, Forza Toro! "Caro amico..."

 


Ciao Toro,

proprio adesso, guardando la tua foto, mi rendo conto ancora una volta di quanto la vita sia stata ingiusta con te.

Anzi, di più.

Ci conoscevamo da piccoli e da allora abbiamo iniziato a prenderci in giro per la nostra fede calcistica, bianconera la mia, granata la tua.

Immancabilmente, alla mia domanda sul perché di quella preferenza mi rispondevi: “E’ una fede!”.

E ridevamo.

Sei stato uno tra i pochi che ha avuto la forza e la capacità di abbinare una doppia figura, quella da tifoso e sportivo, forse l’unico che abbia saputo miscelare i due stati d’animo, una prerogativa che solo persone forte interiormente possono coniugare.  

Mai un insulto, un’offesa, un accesso d’ira.

Non sono mai riuscito a spiegarmi come facevi a resistere agli sfottò dopo le sconfitte del tuo “Toro”.

Mi rispondevi: “E’ una fede!”

E ancora, entrambi, di nuovo a ridere…

Ogni volta che arrivavi c’era sempre chi non riusciva a resistere alla tua contagiosa allegria e si aggregava alla scenetta, alla gag, trasformando quel momentaneo incontro in una festa gioiosa e divertente.

Alla fine si finiva sempre a intonare un coro che aveva, spesso, due soluzioni terminali: “Forza Toro!” oppure “Forza Savoia”, la “nostra” squadra del cuore.

Quasi sempre venivano scanditi entrambi!

Eppure questa gioia di vivere che riuscivi a trasmettere è stato per me un grande insegnamento.

Non era solo uno stato d’animo ma un modo di vivere che solo una grande forza interiore, forse l’amore che non ha potuto completamente donarti tuo padre quando era in vita, te lo ha potuto donare dall’alto.

Perché, nonostante tutto, sei stato un ragazzo che ha sofferto molto, già da piccolo.

E ricordo di quando successe nei pressi del vico di San Gennaro, quando tuo padre Michele perse la vita a causa di un terribile diverbio.

Era il 1967 e tu avevi solo 6 anni.

Solo una persona con gran coraggio avrebbe potuto affrontare la vita come hai fatto tu, riuscendo a vincere le paure e l’ingiustizia con una forza d’animo e volontà incredibile.

Era da tanto che non ti vedevo e mi avevano detto che ormai a Torre passavi saltuariamente.

Le ultime volte a Torre, trent’anni fa, ricordo che non parlavi d’altro che di Raniero Di Cunzolo, il forte terzino sinistro del Savoia, un vero idolo per te, come per noi.

Ma i tuoi commenti, le frasi punteggiate, l’esclamazione precisa, rendevano il racconto fluido e incessante.

Uno spettacolo ascoltarti!  

Ti ho rivisto l’anno scorso, a Boscoreale, di sfuggita e subito ti ho cercato con gli occhi tra la folla e dopo avermi riconosciuto ho visto il tuo bel sorriso, arrugginito un po' dal tempo e dalla fatica, ma sempre bello, genuino, vero.

Come al solito, hai alzato quella mano e mi hai salutato come trent’anni fa, come quando ridevamo come due scemi… “Forza Toro!”, e io “Forza Juve!”

Grazie amico mio per esserti ricordato di me dopo tanti anni, dopo tutto quello che hai sofferto nella tua giovane vita.

Spero che quella bella immagine rimanga sempre nella mia mente ogni volta che ripenso a te, come le tante altre che abbiamo condiviso dei nostri anni migliori.

Grazie, ancora, per la bella lezione di umiltà e civiltà che hai saputo donarci, a tutti.

Sicuramente le belle persone come te sono state scelte da Dio per andare in giro ad insegnare al mondo l’amore e il rispetto per il prossimo.

Quello che farai adesso guardandoci da lassù, e per cui, sono certo, mi risponderai:” È una fede!”

FORZA TORO!  

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