Non solo una questione di concime.
Quello che accadde in quell’ultimo giorno di agosto
del 1903 non avvenne per caso ma fu, purtroppo, il prevedibile evolversi del
clima di minacce e intimidazioni messe in atto dal mondo borghese e padronale locale
nei confronti della classe operaia e lavoratrice, spalleggiato dagli asserviti
proprietari di giornali di cui IL MATTINO di Eduardo Scarfoglio e Matilde Serao
erano i principali trascinatori.
Per spiegare meglio quello che scatenò quella
terribile esecuzione facciamo un passo indietro ed entriamo nel contesto di
allora.
Alla fine dell’800 Torre Annunziata fu tra le prime
cittadine a contrastare il potere del padronato con l’unione dei piccoli gruppi
formati da operai e lavoratori, specialmente tra coloro che lavoravano nei
mulini, pastifici e relativo indotto, confluiti nella nascente Camera del
Lavoro già nel 1891, la prima in assoluto in Campania, tra le prime in Italia.
La lotta in quegli anni fu cruenta e dispendiosa su
entrambi i fronti.
Agli scioperi indetti dai lavoratori per rivendicare
migliori condizioni di lavoro rispondevano i massicci licenziamenti messi in
atto dai proprietari dei pastifici, coloro che “comandavano” in città, e si
andava avanti di questo passo, anno dopo anno.
La “questione” Ponte De Rosa dell’agosto 1903 poco o
nulla aveva in comune con le rivendicazioni sindacali, ma prese forza e
coraggio proprio dalle dimostrazioni e dal grande sciopero dei pastai di quei
giorni, ormai attivo in città da alcuni mesi.
Nel 1903 la lega contadina si era costituita
presso la Camera del Lavoro solo da tre o quattro
mesi e proprio la questione del concime fu la principale problematica che venne
affrontata.
I pozzi neri della città
erano svuotati direttamente dai contadini i quali, con piccoli regali di frutta
e legumi ai proprietari, si procuravano il concime necessario alla fecondazione
delle loro terre.
Il sistema era poco
igienico e quindi venne ordinato che gli spurghi si dovessero svolgere con
sistemi più moderni.
L’unica ditta in grado
di poter disporre di macchine inodori era la Ferrone-Capone
che divenne subito monopolizzatrice del servizio.
I contadini dovettero fornirsi necessariamente presso la ditta Ferrone-
Capone, la quale, senza nessuna concorrenza che potesse calmierare il prezzo del concime, dapprima mise in atto un ingiustificato aumento del prezzo per
poi modificarne la composizione, allungando il composto con acqua.
A questo punto
scattarono ancora più veementi le proteste dei contadini che decisero il
boicottaggio del concime della Ferrone – Capone.
A metà agosto 1903, la
variazione del regolamento sugli orari del prelievo del concime indetto
dall’autorità municipali favorì la Ferrone- Capone in maniera clamorosa,
impedendo di fatto ai contadini la possibilità di espletare le operazioni di
carico del concime per tutti e in breve tempo.
Fu la scintilla che fece
scatenare l’inferno!
I contadini torresi si radunarono la mattina del 31
agosto al Ponte De Rosa, meglio conosciuto come “Ponte della Persica”, davanti alla proprietà di Gennaro Stile, colui che aveva accettato la fornitura
dalla ditta Ferrone Caputo. Di contro, allertati dalle Autorità e richiesti
dagli organi di stampa, agenti municipali, guardie di pubblica sicurezza e
carabinieri.
I due schieramenti si
ritrovarono uno davanti all’altro, in un clima di grande tensione.
Improvvisamente, il
lancio di alcuni sassi colpì il comandante delle guardie e un carabiniere.
La risposta fu immediata
e inattesa.
Centinaia di colpi di
arma da fuoco furono indirizzati verso la folla che nel frattempo aveva
ingrossato le file della protesta arrivando a sfiorare le cinquecento unità.
Fu una carneficina!
Si contarono 5 morti e
decine di feriti.
Dopo qualche mese il
sindaco Pelagio Rossi, travolto dalle critiche, fu costretto alle dimissioni.
La strage dei contadini
di Torre Annunziata ebbe grande eco sulla stampa nazionale e nel Parlamento
furono aperte numerose inchieste volte a determinare la sconcertante reazione dei
Carabinieri.
Emblematico il titolo de
“Il Mattino” del 1° settembre 1903:
“Le ambizioni dei socialisti
di Torre Annunziata avevano bisogno di un tributo di vittime umane.”
Nonostante il tragico
epilogo, Torre Annunziata fu additata ad esempio per la caparbietà e l’unità
dei suoi lavoratori, pronti ad ergersi a martiri per la conquista dei diritti e
della dignità della classe operaia.
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