Ciro Tavassi, per gli amici “Gigino”, era un ragazzo del
1922.
Aveva vissuto, anche se piccolissimo, le emozioni che erano
state portate in città dalla presenza dei Campioni del Genoa in quel magico
1924 in cui il calcio torrese entrò di prepotenza nella storia, riuscendo a
risultare imbattuto nell’incontro del 7 settembre a Torre Annunziata, prima
squadra del Centro Sud della storia a compiere quell’impresa.
Il calcio fu la naturale espressione per i ragazzi nati in
quegli anni, passione scaturita oltre che da indicibili emozioni che sapeva
regalare quella maglia bianca, anche dalle doti atletiche e le capacità
tecniche che risultarono essere un marchio di fabbrica per i torresi di
allora.
“Gigino” Tavassi quest’abilità la scoprì tra le sue mani,
artigli che arpionavano palloni pesanti un quintale, nel suo senso di posizione
straordinario, nel coraggio che metteva nelle impavide uscite.
Tra i pali ostentava quella sicurezza che prima di lui
personaggi come Visciano, Risorti e Merlo, portieri che hanno scritto la
leggenda del Savoia nel primo dopoguerra, erano stati capaci di mettere in risalto,
alzando un autentico muro tra i pali della porta biancoscudata.
Fin da ragazzino fu additato come predestinato, colui che
nonostante giocasse in porta era in grado di fare la differenza talmente fosse difficile
batterlo, tanto che le squadre avversarie al solo vederlo come avversario
rimanevano sbigottite.
“Si, siamo forti, ma loro hanno Tavassi in porta…”
Era il commento usuale che si ascoltava nelle parole
sfiduciate di chi sapeva che stava andando a infrangersi contro un ostacolo
impenetrabile, un muro di gomma dove sbattere senza possibilità di entrare.
Impossibile superarlo con tiri da lontano, in area era
capace di uscite sui piedi degli attaccanti da autentico Kamikaze.
Scoperto dagli osservatori Mimì e Pinotto Salvati nei
campetti polverosi periferici cittadini venne reclutato per la formazione
giovanile del Savoia, massimo traguardo per i giovanissimi di allora, un onore
a cui pochi torresi avevano avuto la possibilità di accedere prima di entrare
nell’olimpo della storia indossando la maglia bianca della prima squadra.
Il grande Rico Colombari volle inserirlo appena dietro i
titolari, in attesa dell’esplosione definitiva.
Poco tempo dopo, agli inizi del 1940, la fortuna voltò le
spalle a Ciro, complice un incontro amichevole tra le giovanili del Napoli e il
Savoia, all’Ascarelli di Napoli, incontro che di amichevole ne ebbe ben poco.
Tra l’altro il Napoli, anziché schierare i giovani, inserì
in formazione le prime riserve della formazione titolare, tra cui Cadregari, un
centravanti veneziano appena acquistato dai partenopei e su cui avevano puntato
grosse speranze.
A questo punto continuiamo il racconto con le parole scritte
dal grande Eduardo Ferrone sull’accaduto:
“E il veneziano ci mise tutta la foga possibile, forse anche
troppa, gettandosi come un fulmine su un pallone lungo sul quale Tavassi era
scattato in netto anticipo. L’impatto fra i due fu tremendo. Tavassi ne venne
fuori con una gamba fracassata, con un troncone che non rimase sull’erbetta
solo perché lo reggeva il calzettone.”
Praticamente questo infortunio, con il catastrofico
intermezzo della seconda guerra, spezzò la carriera di “Gigino” Tavassi appena giunta
nei suoi anni migliori.
Nel Savoia, al rientrò, disputò il Torneo di Liberazione del
1944 e, negli anni seguenti, riuscì a prendersi le sue belle soddisfazioni
militando in diverse squadre in cerca di un portiere serio ed affidabile, tra
cui Juve Stabia, Arzano, Nicastro, Pompei, Catania.
Nonostante tutto rimase attaccato all’ambiente torrese dove
disputò tornei aziendali e trofei tra bar cittadini.
Per il finale del racconto, ritorniamo alle parole del
Ferrone:
” A Tavassi gli basta ricordare; i tanti attestati, i tanti complimenti ricevuti nel corso della sua lunga e sfortunata carriera. Le soddisfazioni sovrastarono nettamente l’amarezza per quello che poteva essere e non è stato. È sempre caro rivedere il film degli anni più belli, dei passi, di quando nelle “storiche” disfide di quartiere, gli avversari solevano affermare:
È vero siamo forti, ma loro in porta hanno Tavassi…”
Ciro “Gigino” Tavassi morì nel 1981, a soli 59 anni.
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