Quel 28
aprile 1968, la partita contro la Maddalonese rappresentava, in caso di
vittoria, il giorno della festa, della matematica promozione in serie C.
D’altra
parte i numeri erano chiari, un attacco incisivo, una difesa quasi
imperforabile con la protezione di un’ottima mediana, una società guidata dall’ingegnere
napoletano Giuseppe Decina, la conduzione tecnica affidata al duo
Spartano-Lopez, e un pubblico inimitabile, come sempre, il dodicesimo uomo in
campo.
Gli ospiti,
con la loro deficitaria classifica, avevano bisogno di punti, erano invischiati
in zona salvezza, non potevano fare regali ai nostri, quindi si sapeva che la
partita poteva rappresentare un rischio per la vittoria finale.
L’inizio
della partita fece di colpo sparire ansie e preoccupazioni nei tifosi per
quello che poteva succedere in caso di risultato negativo; il Matera, dietro di
noi in classifica, era col fiato sul nostro collo pronto ad approfittare di un
eventuale passo falso.
Il Matera,
per altro che era stato ospite un mese prima a Torre Annunziata ed era stato sconfitto
per una rete a zero proprio a due minuti dal termine grazie ad Alessandro Nedi.
Torniamo
alla partita con la Maddalonese, di quel maledetto 28 aprile 1968.
Poco prima
della fine del primo tempo, un’autorete regalò il vantaggio ai bianchi, con la
consueta esplosione di gioia da parte degli oltre tremila spettatori presenti
allo stadio.
Il piu’ era
fatto!
Bisognava
mantenere il vantaggio e darsi poi alla pazza gioia per la vittoria finale!
Si giunse in
queste condizioni fino al novantesimo, forse un minuto in meno.
All’improvviso,
il suono del fischietto del signor Vittoria di Catania, giunse come una
coltellata nella schiena di Torre Annunziata.
Non era il
fischio finale della partita!
L’arbitro
aveva assegnato un calcio di rigore per la Maddalonese!
L’uomo nero venne
accerchiato dai giocatori, la decisione era apparsi a tutti sbagliata, non
poteva fischiare un rigore del genere!
Non ci
furono ragioni, il rigore venne concesso e anche realizzato dagli ospiti.
Se allora ci fosse stato il Var...
Uno a uno!
E quello fu il
risultato finale!
Al triplice
fischio si scatenò il putiferio.
Almeno un
migliaio di spettatori entrarono nello stadio alla caccia all’arbitro e ai
giocatori della squadra avversaria.
Gli addetti, protetti da impotenti
misure preventive messe in atto dalla pubblica sicurezza e dal commissario
Attanasio, riuscirono a far arrivare negli spogliatoi gli uomini sotto attacco.
Ma non
bastava.
La folla
inferocita divelte cancelli, spranghe e ostacoli, arrivando a pochi passi dal raggiungere
gli inseguiti, quando alcuni colpi di pistola sparati in aria da un poliziotto
riuscì a fermare la ferocia dell’onda umana, dando spazio e tempo alla forza
pubblica di riorganizzarsi e riportare apparente calma.
Solo in
serata, l’arbitro e i giocatori riuscirono ad andare via da Torre Annunziata.
Il bilancio
del terribile pomeriggio fu devastante:
ferito il commissario
Attanasio, oltre a tre sottufficiali dei carabinieri, diciotto agenti di pubblica
sicurezza e undici civili.
Vennero
fermati e arrestati undici tifosi.
Sul lato
sportivo, quel pareggio risultò essere decisivo per la mancata vittoria del
campionato.
Nelle due
partite successive giocate in casa, in campo neutro per la squalifica subita, portarono al Savoia solo un
punto.
Il Matera
seppe approfittare del suicidio dei bianchi e vinse il campionato.
Un vero
peccato!
Era il
Savoia dei Boesso, Bertossi, Nazzi, Di Mauro, Genisio, Balzano, Terreri,
Santin, Magagnotti, Carnevale, Bongiovanni, Nedi, Pietti, Esposito, Simonaggio,
ecc..
All’inizio
dell’anno Pietti prese il posto di Boesso tra i pali e riuscì nell’impresa di
non subire reti per quasi mille minuti.
Solo un
rigore (ancora!), contro la Sessana, quando si vinceva già per tre reti a zero, fermò
il record del nostro portierone!
Quel 28 aprile si distrusse
un sogno a pochi secondi dalla fine.
La delusione
fu talmente tanta che Decina decise di andare via.
In poco
tempo si dovette ricostruire di nuovo tutto, ripartendo proprio dall’iniezione
di entusiasmo e volontà.
Alla guida
della società arrivò un uomo d’altri tempi: Giuseppe Prisco.
1968
Dati e statistiche tratte da "Savoia, storia e leggenda", di Calvelli, Schettino e Giuseppe Lucibelli.
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