Le vicende giudiziarie di Domenico “Mimmo” Bertone non
furono legate solo all’amministrazione della nostra città ma misero in grossi
guai anche la formazione politica provinciale, che all’epoca del dicembre del
1988 era composta da un pentapartito.
Tra l’altro bisogna ricordare che in quei mesi era entrata
in crisi anche la giunta regionale della Campania.
Se aggiungiamo che anche al Comune di Napoli la situazione non
era delle migliori, ecco che abbiamo il quadro completo dell’assoluta
instabilità politica, al piu’ alto livello governativo della Campania.
Tornando a “don Mimì”, vediamo quali furono le ragioni che
indussero il presidente provinciale e gli assessori a rassegnare le dimissioni.
Praticamente venne attuata questa soluzione per evitare di
presentarsi in Consiglio provinciale per discutere proprio della vicenda
Bertone, che ricordiamo era assessore provinciale in quota ai socialisti,
finito in carcere per le irregolarità contestate in diversi appalti avvenuti a
Torre Annunziata e di cui avevamo pubblicato un post proprio nei giorni scorsi.
Bertone, in quei giorni agli arresti domiciliari, con una
lettera al segretario provinciale del suo partito aveva rassegnato le
dimissioni dalla carica.
La Giunta
provinciale, quindi, piuttosto che affrontare la discussione sulla vicenda
Bertone, preferì rassegnare le dimissioni e aprire la crisi politica.
I guai giudiziari di Bertone furono un’autentica mina
vagante che si abbatté sul mondo politico alla pari di un tornado.
Ma non era ancora finita.
Ancora qualche anno e arrivò anche il suo ingresso come
indagato di lusso nell’indagine sull’omicidio di Giancarlo Siani.
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